venerdì 16 gennaio 2015
"​Se il servizio pubblico vuole mantenere fede a un patto con i cittadini, non si potrà far dettare l’agenda dall’audience”. Lo ha detto (IL DISCORSO), in un incontro alla sede romana della Rai, il segretario generale della Cei.
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“Se il servizio pubblico vuole mantenere fede a un patto con i cittadini, non si potrà far dettare l’agenda dall’audience”. Lo ha detto questa mattina, in un incontro presso la sede romana della Rai, il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, vedendo nel “nuovo scenario” - fatto di “contesto cross-mediale” con la rete e le piattaforme digitali - “un’opportunità per il futuro del servizio pubblico”. “Rete e piattaforme - ha osservato - costituiscono una nuova dimensione; più ancora, costituiscono l’ambiente inedito nel quale ci muoviamo”, il quale “esige che i prodotti siano pensati fin dalla loro origine nei termini della trans-medialità, della possibilità cioè di essere distribuiti e visti su ogni dispositivo”. Vedendo a “obiettivi e strategie” che devono animare il servizio pubblico, Galantino ha quindi messo in guardia dal rincorrere l’audience, chiedendo piuttosto di valorizzare “i servizi d’inchiesta e non soltanto per denunciare quello che non funziona, ma anche per raccontare le eccellenze, le eroicità e la positività ordinaria che innervano il tessuto della nostra gente”. “Una Rai che voglia davvero porsi al servizio della democrazia e della coesione nazionale”, ha sottolineato, s’impegna “a rispondere in maniera creativa e interessante alle esigenze di formazione permanente, portando al centro dell’attenzione i temi vitali della vita del Paese”. “Si tratta di garantire - ha aggiunto - uno spazio adeguato per la rappresentazione delle istanze, delle iniziative e dei progetti della società civile. Sogno il momento in cui nel servizio pubblico Rai possano trovare una voce sempre più accolta e diffusa persone e realtà che non contano e che non possono contare su lobby interessate e spregiudicate”. In altri termini, “l’investimento che è chiesto alla Rai, proprio per essere fecondo, non potrà che essere nella direzione della cultura popolare, senza che tale aggettivazione abbia alcunché di riduttivo”. Al riguardo, l’appello a valorizzare “la tradizione cristiana e le altre culture che ad essa oggi si affiancano”, nella consapevolezza di “quanto alla comunicazione spetti un ruolo decisivo nel favorire un incontro sempre più proficuo tra culture religiose e laiche”. Infine, il binomio qualità-pluralismo, che vede, “da un lato, la qualità, caratteristica irrinunciabile che deve poter distinguere la produzione nel suo complesso; dall’altro, un sano pluralismo, che è cosa ben diversa dalla spartizione di potere: è, piuttosto, espressione della varietà di voci e di iniziative della società civile”. “Servizio pubblico, allora - ha concluso -, sia la modalità con cui lavorare nel proporre tanto l’informazione come l’intrattenimento e la cultura: la Rai con la sua storia, le sue sensibilità editoriali e le sue competenze professionali ha mostrato - e non da oggi - di poter assicurare questo stile, costituendo così una bussola di riferimento in un viaggio tanto determinante per il bene comune del Paese”.
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