Sorpresa: c'è una parte del mondo in cui la secolarizzazione è in frenata
Due ricerche recenti sostengono che sta cambiando il rapporto con la fede: dall'America all'Europa occidentale, la spiritualità ha dato segnali di ripresa per merito della generazione Z

Il Giubileo dei giovani è alle porte e giovedì a Roma, alla Pontificia Università della Santa Croce (Pusc), si è cercato di gettare un fascio di luce sul complesso rapporto tra mondo giovanile e fede. Nello specifico sono stati presentati i risultati preliminari di un progetto di ricerca denominato “Footprints”, ossia impronte, dedicato a “Giovani: aspettative, ideali, credenze”, nato in seno al Laboratorio di Ricerca Santa Croce che ha preso il via nell’anno accademico 2021-2022 presso l’ateneo romano dell’Opus Dei.
I dati riguardano un sondaggio realizzato tra il novembre e il dicembre del 2023 e che ha coinvolto 4.889 soggetti tra i 18 e i 29 anni di otto Paesi – Argentina, Brasile, Filippine, Italia, Kenya, Messico, Spagna e Regno Unito. Che cosa è emerso? Circa la metà degli intervistati ha dichiarato di aver sperimentato un aumento di interesse per la spiritualità nel corso dei cinque anni precedenti, con Paesi in cui questo fenomeno è stato più accentuato – Brasile, Kenya e Filippine – e altri come l’Italia dove invece non si sono registrate variazioni. Però, spiega José María Díaz-Dorronsoro, sacerdote e professore associato presso la Facoltà di Comunicazione istituzionale della Pusc, dove insegna Opinione pubblica e dottrina della Chiesa cattolica sulla comunicazione, «anche nei Paesi più secolarizzati qualcosa si muove.
Certo, la partecipazione alla Messa è calata nel tempo, ma i dati dicono che sta avvenendo una piccola inversione di tendenza. In Spagna, per esempio, quasi due giovani su dieci vanno quotidianamente a servizi religiosi. Nel Regno Unito cresce il numero di cristiani praticanti, soprattutto tra i ragazzi della Generazione Z. Quest’anno eventi come “Flame” alla Wembley Arena di Londra, con musica, preghiera e testimonianze, hanno attirato oltre 10.000 giovani. Lo scorso anno negli Stati Uniti al Congresso eucaristico di Indianapolis hanno partecipato 50.000 persone, in gran parte giovani. E in Italia, in aprile, 50mila ragazzi si sono radunati a Roma, partecipando anche ai funerali di papa Francesco».
Alla presentazione nella Capitale hanno preso parte anche studiosi come Daniel Moulin, professore associato presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Cambridge, e Jonathan Evans del Pew Research Center, il prestigioso centro di rilevazioni sociologiche di Washington una cui recente ricerca è stata rilanciata dal settimanale The Economist, in un articolo dello scorso 12 giugno che ha attirato l’attenzione degli esperti di “Footprints”. «Per decenni la religione che ha registrato la crescita più rapida negli Stati Uniti – si legge nell’incipit dell’articolo dell’Economist – è stata l’assenza di religione. Nel 1990 solo il 5% degli americani si dichiarava ateo, agnostico o “senza una fede particolare”. Nel 2019 circa il 30% ha selezionato queste opzioni. Coloro che hanno abbandonato i banchi delle chiese sono diventati più liberal dal punto di vista sociale, si sono sposati più tardi e hanno avuto meno figli. Le chiese dove un tempo metà degli americani si riuniva ogni domenica, sono diventate sempre meno presenti nella vita civile. Tuttavia, per la prima volta in mezzo secolo, l’avanzata del secolarismo si è arrestata. Lo stesso vale altrove. In Canada, Gran Bretagna e Francia la percentuale di persone che dichiarano di non appartenere ad alcuna religione ha smesso di crescere. In altri sette Paesi dell’Europa occidentale ha subito un netto rallentamento, aumentando di soli tre punti percentuali dal 2020, rispetto a un aumento di 14 punti nei cinque anni precedenti. Questa battuta d’arresto coincide con una pausa nel lungo declino della percentuale di cristiani nella popolazione degli stessi Paesi. Ciò suggerisce che il rallentamento della secolarizzazione è causato da un minor numero di persone che abbandonano il cristianesimo, piuttosto che dalla crescita di altre fedi, come l’islam, insieme a un sorprendente aumento della fede cristiana tra i giovani, in particolare quelli della Generazione Z, nati cioè tra il 1997 e il 2012».
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