giovedì 31 agosto 2017
A cinquant'anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, un nuovo documento ebraico ribadisce l'importanza del cammino comune. Il Papa: portiamo avanti insieme progetti di pace.
Fra Gerusalemme e Roma rapporti sempre più stretti
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La Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti». È un passaggio importante della dichiarazione conciliare "Nostra Aetate", pietra miliare del dialogo la Chiesa cattolica e il popolo ebraico.

Cosi cresce il dialogo cattolico-ebraico


Oggi a poco più di cinquant’anni dalla sua approvazione e promulgazione (28 ottobre 1965), l’importanza del testo viene ribadita dalla riflessione portata avanti dalla Conferenza dei Rabbini Europei, dal Consiglio Rabbinico d’America e dalla Commissione del Gran Rabbinato d’Israele in dialogo con la Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo della Santa Sede. Il risultato è il documento "Fra Gerusalemme e Roma" presentato stamani al Papa e in cui si sottolineano i punti centrali e più significativi del testo elaborato dal Concilio e, insieme, si guarda al cammino fatto da allora. A partire dall’accordo tra Santa Sede e Stato d’Israele che nel 1993 aprì la strada alle piene relazioni diplomatiche.

Il Papa: più conoscenza e stima

Questa mattina, nel corso dell’udienza in Vaticano, papa Francesco ha ribadito l’importanza di Nostra Aetate «che nel suo quarto capitolo – ha detto – costituisce per noi la “magna charta” del dialogo col mondo ebraico: infatti la sua progressiva attuazione ha permesso ai nostri rapporti di diventare sempre più amichevoli e fraterni». In particolare – ha aggiunto il Pontefice – la dichiarazione conciliare «ha messo in luce che gli inizi della fede cristiana si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti e che, essendo grande il patrimonio spirituale che abbiamo in comune, va promossa fra noi la mutua conoscenza e stima, soprattutto attraverso studi biblici e colloqui fraterni».

L'invito: promuoviamo insieme progetti di pace


Questi risultati non possono e non devono naturalmente far dimenticare le distanze teologiche tra le rispettive tradizioni religiose, così come lo stesso testo "Fra Gerusalemme e Roma" evidenzia. Tuttavia questa consapevolezza non esclude, anzi incentiva la volontà di collaborare più strettamente oggi e in futuro. «Il vostro documento – ha evidenziato in proposito il Papa – si rivolge ai cattolici chiamandoli "partner, stretti alleati, amici e fratelli nella ricerca comune di un mondo migliore che possa godere pace, giustizia sociale e sicurezza". Un altro passo – ha sottolineato il Pontefice – riconosce che «nonostante profonde differenze teologiche, cattolici ed ebrei condividono credenze comuni» e «l’affermazione che le religioni devono utilizzare il comportamento morale e l’educazione religiosa – non la guerra, la coercizione o la pressione sociale – per esercitare la propria capacità di influenzare e di ispirare». Passaggi molto significativi questi ha continuato Bergoglio auspicando che «l’Eterno possa benedire e illuminare la nostra collaborazione perché insieme possiamo accogliere e attuare sempre meglio i suoi progetti, "progetti di pace e non di sventura", per "un futuro pieno di speranza"» (Ger 29,11). E a suggello di questo clima di fraternità Francesco, nel chiedere di pregare per lui, ha invocato «la benedizione dell’Altissimo sul comune cammino di amicizia e di fiducia che ci attende. Nella sua misericordia, l’Onnipotente conceda a noi e al mondo intero la sua pace. Shalom alechem!»

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