venerdì 18 marzo 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
«Tu divenisti colui che guardavi», scriveva Giovanni Paolo II nella sua poesia intitolata «Veronica». Ecco l’intuizione di questo grande Papa verso la donna che, con immenso coraggio e compassione, aveva asciugato il santo viso del Cristo lungo il cammino della Croce, un gesto di pietà custodito nel suo stesso nome (ieros eikon = immagine sacra). Non solo il panno, ma questa donna e tutti coloro che durante i secoli hanno avuto compassione del Cristo, portano l’effigie del Volto Santo. Compassione nel senso etimologico del termine, ovvero patire con, condividere la Passione di Cristo con Cristo.Giovanni Paolo II è, a mio parere, come la Veronica. Ha avuto compassione di Cristo, fino ad abbracciare la sua Croce. Come dimenticare le immagini televisive della sua ultima Via Crucis, dove lo si vedeva seduto alla poltrona della sua cappella privata con la Croce tra le braccia ed il viso appoggiato sul legno, sotto i piedi del Cristo Crocifisso.Questo grande Papa fattosi pellegrino in tutto il mondo per Cristo ci ha mostrato come il suo ultimo pellegrinaggio fosse un pellegrinaggio del cuore, che accettava di essere sfigurato dalla malattia come il Cristo dalla Passione. Cristo mendicante dell’uomo aveva condotto il suo Vicario ad essere mendicante di Lui. Quest’identificazione è resa possibile dal fatto che Giovanni Paolo II è stato innanzitutto un uomo di preghiera, un mendicante per eccellenza.Per lui pregare non era solamente un precetto dettato dal Redentore: «Bisogna pregare sempre» (Lc 18,1), non era unicamente un consiglio ma un’esigenza, proveniente dal cuore di Cristo e diretta al suo cuore.È dal cuore che questo Papa ha cominciato e proseguito il suo colloquio di figlio con il Padre, per lodarLo, ringraziarLo, adorarLo, dirgli il suo amore, per imparare a conoscere la sua volontà di bene e domandargli l’aiuto necessario per compierla.In quest’uomo eccezionale vedo con evidenza che la preghiera non era essenzialmente e solamente, come pare a molti di noi, l’ultima sponda a cui aggrapparsi dopo aver tentato tutti i mezzi puramente umani per superare una situazione difficile, un dolore insopportabile. Non era unicamente un semplice dialogo. Era un avvenimento che cambia la vita, elevandola, trasfigurandola.Gesù, il Cristo, parola di Dio fatta carne, non si manifesta tramite opinioni, discussioni, affermazioni puramente dottrinali. Il Cristo è un avvenimento e chi prega fa esperienza di questo «fatto», al quale aderire, come una roccia sulla roccia. Quando lo vedevo pregare, questo Papa mi dava sempre l’impressione di essere una roccia di preghiera, un blocco vivente della presenza di Dio.Certo, come la Vergine Maria, alla quale era completamente devoto (Totus tuus ego sum), Giovanni Paolo II custodisce la Parola nel segreto del suo cuore, ma la vive anche come invito ad agire per Cristo e attraverso di Lui. Proverò a spiegarmi meglio. Quando utilizziamo parole come contemplazione, silenzio, unione con Dio, vita interiore, preghiera, tendiamo a concepirle in contrapposizione o almeno in competizione con una serie di altre parole: azione, volontariato, rapporti con gli altri, ecc. Il fatto stesso di cogliervi un dualismo è già una falsa pista. Non si tratta di due luoghi differenti, nei quali non si può essere allo stesso tempo; ma di un organismo vivente, dove le due dimensioni sono necessarie ed interdipendenti. Un atleta ha bisogno di fiato e muscoli al tempo stesso. Non possiamo e non dobbiamo opporre l’azione alla preghiera. Sono entrambe necessarie e devono sempre essere dei «gesti», come si legge negli Atti degli Apostoli (cf At. 2, 42; 4, 32; 5,12), che testimoniano fino a che punto la vita dei primi cristiani integrasse la preghiera all’azione.Guardando Giovanni Paolo II mentre pregava, si rimaneva innanzitutto colpiti da come pregasse bene. Tutta la sua persona mostrava amore e raccoglimento, semplicità ed abbandono: immersione in Dio. Quando dopo la preghiera ritornava al quotidiano, conservava negli occhi la luce della presenza di Dio che aveva contemplato.Per Giovanni Paolo II, la preghiera non era una delle tante cose da fare, era il contenuto della vita, del suo cuore e le sue mani ne erano il tramite. Che il futuro beato ci conceda di avere delle mani come le sue: giunte per pregare e spalancate per accogliere.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: