mercoledì 28 febbraio 2018
«Tenendo spento il cellulare possiamo realmente accorgerci se ne siamo dipendenti e quanto»: è la proposta di digiuno digitale di don Valentino Porcile, parroco in una chiesa a Genova
Fare a meno di WhatsApp? Un fioretto che si può fare
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«Altro che digiuno dal cibo. Altro che astinenza dalle carni. Troppo facile ragazzi. Mi piace molto l’idea di vedere Gesù che mi prende l’iPhone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: “Lascia le tue reti wireless, e seguimi”». L’idea di adeguare il digiuno quaresimale al terzo millennio è di don Valentino Porcile, parroco della Santissima Annunziata di Sturla, quartiere di Genova, che ha proposto ai ragazzi e ai genitori di «spegnere WhatsApp almeno un po’, ogni giorno».

Una proposta «per tutti, per me stesso per primo». «A chi ha WhatsApp acceso sempre, propongo di spegnerlo due ore al giorno. Ai ragazzi ai quali i genitori lasciano usare gli smartphone poche ore al giorno propongo di lasciarlo spento almeno una parte di questo tempo». «È divertente spegnere WhatsApp e sentirsi persi». Un appello rivolto a tutti coloro che rischiano di essere «dipendenti da una comunicazione virtuale».

«Propongo di occupare il tempo in cui WhatsApp sarà spento, un tempo drammaticamente lungo – afferma – con relazioni vere, autentiche, non finte e virtuali. Due ore di chiacchiere. Di guardarsi negli occhi. Di parlarsi. O di dedicare questo tempo a chi è meno fortunato di noi». Una presa di posizione che ha fatto discutere e che ha suscitato centinaia di commenti, sia positivi che negativi. Tra questi non è mancato chi ha fatto notare che il sacerdote ha anticipato la sua intenzione scrivendola proprio su un noto social network. Tanto che lo stesso don Valentino ha sentito l’esigenza di rispondere con un altro post. Don Valentino non è un «retrogrado» o un «oscurantista », scrive.

Tutt’altro, perché «gli strumenti di comunicazione sono utili». «Uso WhatsApp e lo ritengo utilissimo. Ogni domenica mattina lo uso per far arrivare una preghiera ad oltre mille persone. Più di trecentocinquanta famiglie hanno chiesto di ricevere ogni sera in Quaresima una preghiera, per pregare in casa». Non è quindi «uno strumento da chiudere o eliminare». Il suo obiettivo è un altro: vedere se e quanto siamo dipendenti dal telefono. «La vera dipendenza non è tanto, a mio parere, nel restarci attaccati continuamente. La vera dipendenza è non riuscire a starne senza». Ancora: «La vera sfida non è spegnere un cellulare. La vera sfida è ritrovare modi autentici e veri di comunicare». Ovvero: «Provaci a spegnerlo. Ti accorgerai se davvero non è un problema rimanerne senza. Ma se lo è...».

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