lunedì 23 febbraio 2015
​Secondo giorno di esercizi spirituali per il Papa con la Curia romana, al centro una lettura pastorale del profeta Elia.
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"Cammini di autenticità" è il tema della seconda giornata di esercizi spirituali del Papa con la Curia romana, in corso di svolgimento fino a venerdì nella Casa Divin Maestro di Ariccia. Le meditazioni proposte da padre Bruno Secondin, dell'Ordine dei Carmelitani, hanno come filo conduttore: "Servitori e profeti del Dio vivente", una lettura pastorale del profeta Elia. Ieri, domenica, nel primo giorni degli esercizi, il Pontefice e la Curia hanno riflettuto su "uscire dal proprio 'villaggio'".Il calendario delle meditazioni, pubblicato dalla Prefettura della casa pontificia, prevede martedì una meditazione su "Dagli idoli vani alla pietà vera" e una su "Dalla fuga al pellegrinaggio". Mercoledì i temi proposti sono "Dio è diverso e altrove" e "i poveri evangelizzano". Giovedì si rifletterà su "testimoni di giustizia e solidarietà" e "profeti difraternità". Venerdì, giorno del rientro in Vaticano, ci sarà una sola meditazione, ancora su "Profeti di fraternità". "Il Papa e i suoi collaboratori danno un grande esempio", ha detto monsignor Danilo Zanella, segretario nazionale della Fies, la Federazione Italiana Esercizi Spirituali alla Radio Vaticana. "Il fatto di cercare, nella frenesia, anche pastorale, un silenzio abitato dallo Spirito Santo e trovare momenti di contemplazione per poi essere più efficaci nell'azione".La meditazione di lunedì mattina (dall'Osservatore Romano)La raccomandazione a mettersi alla «scuola della misericordia» come Elia e sul suo esempio condurre una «vita di periferia» è stata al centro della prima meditazione tenuta nella mattina di lunedì 23, dopo la celebrazione eucaristica, sul tema: «Vai verso Oriente, nasconditi: ritornare alle radici». Il predicatore ha preso spunto dalla vicenda del profeta narrata nel primo libro dei Re (17, 1-17) e ha suggerito anche alcune domande come esame di coscienza personale. Padre Secondin ha fatto presente di non seguire, nella meditazione, un ordine cronologico ma di procedere, proprio come fa la Scrittura, per «grandi scenari», proponendo «una lettura pastorale e sapienziale» della vicenda di Elia. È dunque un faccia a faccia con un profeta «che cammina e non ha una sede stabile»: un uomo che «si muove per fare» e dunque, in questo senso, un ottimo «compagno di viaggio» in tante esperienze anche di purificazione personale.  Elia «combatte su molti fronti» e si muove verso i centri del potere ma soprattutto verso le periferie. Siamo perciò davanti a «una geografia che parla», perché Elia ci porta a frequentare, appunto, «le periferie e le frontiere geografiche ed esistenziali», mettendoci di fronte anche «i problemi più interiori». Elia era originario di «una zona periferica, con una religiosità tradizionale e minore benessere», e dunque la sua forte reazione nasce dalla constatazione della «depravazione religiosa e sociale» creati dai nuovi scenari introdotti in Israele nei sistemi di commercio e dall'arrivo di nuovi dei che finiscono per frastornare il popolo. In questo stato di «progressiva depravazione e di perdità di identità, di confusione morale e religiosa», il Dio vivente — che non è un «simulacro» — finisce per essere considerato buono solo per «gente arretrata». Di qui la dura reazione di Elia. Dio gli ordina di «prendere le distanze, andare controcorrente, vivere la solitudine» per purificarsi, «ritrovare le proprie radici» e, in una parola, «le ragioni della propria fedeltà». A Elia, ha detto padre Secondin, Dio chiede di distaccarsi dal proprio progetto, di stare «di lato», di imparare a obbedire lasciando fare a lui. E Dio «parla poco e sottovoce»: perciò per ascoltare occorre mettere da parte le chiacchiere. Il predicatore, a conclusione della meditazione, ha proposto alcune domande di verifica, suggerite proprio dall’atteggiamento di Elia: ho perso la pazienza in qualche momento? Ho parlato chiaro o dietro le quinte, mormorando e alimentando le chiacchiere? Abbraccio una sobrietà sana e serena, fatta di risorse semplici? Oppure mi faccio tentare dallo sperpero nella vita che conduco, nelle cose di cui mi circondo, nel modo di vestire? Conservo la gioia e la freschezza del primo amore o si è sbiadito tutto? Conosco la vita della periferia o mi piace stare al centro di attenzioni e onori? Ho fiducia nella Provvidenza o sono fanatico della programmazione e del risultato? E, per ultimo, tra queste idolatrie, il predicatore ha messo in guardia da una religiosità «pasticciona» e sincretista che pretende di mettere insieme un po’ di tutto.

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