venerdì 10 gennaio 2014
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La Confessione, per così dire, è 'tor­nata di moda' in Gran Bretagna, anche e soprattutto grazie all’effet­to papa Francesco. Nelle 22 Cattedrali di Inghilterra e Galles, secondo un sondag­gio condotto la scorsa estate, sono au­mentati del 65% i cattolici che vogliono ri­conciliarsi con il Signore. Molti non si ac­costavano al Sacramento da 10 o 20 anni e, in alcuni casi, addirittura da 40. Si è cominciato così a parlare, nella Chie­sa cattolica inglese, di sacramento della Riconciliazione come strumento effica­ce al servizio dell’annuncio. «Per chiun­que si sia allontanato dalla fede per un certo periodo di tempo il viaggio di ritor­no ha come tappa fondamentale il con­fessionale», spiega Clare Ward, del dipar­timento della Conferenza episcopale che si occupa di evangelizzazione.  Anche il vescovo di Arundel e Brighton, Kieran Thomas Conry responsabile del­lo stesso settore pastorale, conferma che esiste un nuovo interesse per la Confes­sione, e che questo potrà rendere più fa­cile raggiungere i 4 milioni di battezzati che non vanno più a Messa. «Ci vuole una nuova catechesi del sacra­mento della Riconciliazione che rischia altrimenti di venire dimenticato» – spie­ga il vescovo Conry –. «Il fedele – aggiun­ge – non dovrebbe accostarsi al sacerdo­te con una lista di peccati. Piuttosto cer­care una esperienza personale che lo riav­vicini a Dio. Non è un peccato, per esem­pio, essere arrabbiati perché non siamo responsabili delle nostre emozioni. Si può parlare di peccato soltanto se decidiamo, sulla base di questa rabbia, di agire ma­le». «Sbagliata anche l’idea che, per acco­starsi alla Comunione, occorra sempre confessarsi», continua Conry, «Un’idea che risale al Concilio di Trento. Si va a fare la Comunione per esse­re salvati, guariti. Si tratta di un dono non di una ri­compensa. Soltanto pre­sentando e facendo capi­re bene questo Sacramen­to possiamo sperare che vi si accostino i giovani di og­gi che hanno vite più com­plicate rispetto al passa­to».

Una Confessione frequen­te non sempre aiuta se­condo il vescovo respon­sabile dell’evangelizzazio­ne. «Il Catechismo della Chiesa cattolica dice che bisogna confessarsi almeno una volta al­l’anno  – spiega Conry –. Naturalmente è opportuno e utile accostarsi al confes­sionale più spesso purché ciò avvenga con una preparazione adeguata, a co­minciare dal sincero pentimento. La Con­fessione molto frequente non va bene per tutti. Ad esempio – aggiunge il presule – molte persone rischiano di fermarsi a un tipo di comportamento che si ripete u­guale ». Una storia di riscoperta della Confessio­ne come strumento di evangelizzazione la offre la diocesi di Lancaster, nord ove­st di Inghilterra che, già da qualche anno, promuove, durante il periodo dell’Av­vento e della Quaresima, il programma 'The light is on for you!', 'La luce è acce­sa per te'. «Apriamo tutte le nostre parrocchie per un’ora, dalle 19 alle 20, il mercoledì sera» – spiega il vescovo di Lancaster Michael Campbell –. La chiesa è riscaldata e illu­minata e c’è l’esposizione del Santissimo Sacramento. Abbiamo pubblicizzato l’i­niziativa sui giornali e con volantini e i sa­cerdoti hanno spiegato in chiesa, duran­te l’omelia della domenica, che la con­fessione è un luogo di misericordia». L’iniziativa ha avuto molto successo e ha riavvicinato alla chiesa centinaia di cat­tolici. «Penso che sia servito scegliere un orario diverso dal sabato pomeriggio quando la gente di solito è molto occu­pata. Abbiamo cercato anche di favorire l’anonimato. A volte i sacerdoti si sono scambiati le parrocchie così che i fedeli hanno potuto confessarsi da un prete che non conoscevano» – spiega ancora mon­signor Campbell. Evidente la crescita della presenza al con­fessionale, anche nella Cattedrale di We­stminster, la chiesa madre del cattolice­simo inglese, nel centro di Londra. Don Michael Quaicol, ghanese, confessa tutti i giorni, dalle 11.30 alle 18, insieme ad al­tri 7 sacerdoti. «Migliaia di persone – spie­ga – passano dalla Cattedrale perché si trova in centro e possono fermarsi per la Confessione tra un impegno e l’altro. L’a­nonimato dei sacerdoti aiuta anche se al­cuni preferiscono ritornare sempre dallo stesso prete. Ammiro sempre – conclude – chi viene da me per il coraggio e la fi­ducia che dimostra.. Io cerco di far speri­mentare la misericordia di Dio».

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