lunedì 16 settembre 2013
​Monsignor Georg Gänswein, arcivescovo titolare di Urbisaglia, piccolo borgo del Maceratese. domenica è andato in visita nel paese. (Piero Chinellato)
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C'è una diocesi di appena 2.800 abitanti che tuttavia non conosceva il proprio vescovo, anzi arcivescovo. Un paradosso, solo apparente, i cui protagonisti sono Urbisaglia, piccolo borgo del Maceratese, e monsignor Georg Gänswein, prefetto della Casa pontificia e segretario di Benedetto XVI. Il legame risale alla nomina episcopale di monsignor Gänswein, al quale è stato conferito il titolo dell'antica diocesi di Urbs Salvia, l'odierna Urbisaglia, appunto.
Domenica il paese ha potuto finalmente conoscere il proprio arcivescovo, ancorché solo “titolare” (dato che la diocesi cui Urbisaglia appartiene è quella di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia). Il segretario di Benedetto XVI ha infatti trascorso l'intera mattinata nel borgo, scavalcando da subito, con un arrivo in anticipo sul programma, il protocollo, e catturando la simpatia di tutti con la cordialità spontanea con cui si è lasciato lungamente “assaltare” dalla gente. L'ufficialità dei saluti ha perso così ogni affettazione e le parole hanno assunto il calore dell'amicizia vera e schietta. Dopo il saluto del sindaco Broccolo, monsignor Gänswein si è presentato con semplicità - «Vivo con Benedetto e lavoro per Francesco» - e ha parlato brevemente solo per sottolineare come la conoscenza diretta delle persone sia altra cosa rispetto al semplice turismo e che si aspettava di «conoscere con i sensi» la realtà del paese.Quindi la visita al Museo archeologico statale e poi quella, prolungata, alla casa di riposo per anziani dove ha esordito: «Mi sento a casa mia» raccontando di avere il padre anziano ricoverato in una struttura analoga in Germania e salutando poi per nome ciascuno dei ricoverati. Da lì lo spostamento alla chiesa parrocchiale per la Santa Messa concelebrata dal parroco don Marino Mogliani e da un altro sacerdote originario del paese, don Giuseppe Mari. Per l'occasione il presule calzava una mitra realizzata dalla comunità dei consacrati Figli del Sacro Cuore di Gesù, che gli era stata donata dall'amministratore della diocesi, il vescovo Claudio Giuliodori, la sera precedente, a conclusione di un concerto di musica sacra svoltosi a Macerata, nella recentemente restaurata (e splendida) chiesa barocca di San Filippo. L'omelia è stata imperniata sulla misericordia, col ricordo che «non c'è quasi predica di papa Francesco in cui non parli della misericordia di Dio». «Possiamo perdere molto – soldi, salute e anche la fede – ma Dio cerca ciò che è perduto: non giudica ma cerca». E la domenica è il giorno in cui «la gioia di Dio esplode», «la festa dell'abbraccio di Dio, il giorno benedetto per tornare dal Padre». La parabola del figliol prodigo ci rammenta che i «due figli vivono nel cuore di ognuno di noi, accomunati dalla voglia di possedere solo per sé, ma ciò non li conduce alla gioia, ma alla tristezza. Ed «è il ricordo della misericordia di Dio che ci dà la forza di tornare dal Signore per trovare non un giudice ma un Padre che ci accoglie». A conclusione della celebrazione, l'ospite si è trattenuto ancora a lungo nella piazza, salutando e conversando con i numerosissimi presenti, incurante delle sollecitazioni a ripartire. Poi un'ultima tappa all'abbazia cistercense di Chiaravalle di Fiastra​ e quindi il rientro a Roma. Con già prenotata la restituzione della visita da parte dei suoi nuovi “diocesani”.​
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