giovedì 19 dicembre 2019
L’antropologia biblica indaga la storia della salvezza, non dà indicazione pastorali. «Ha equivocato chi ha letto nel nostro studio svolte clamorose su temi coniugali o sull’omosessualità»
«Divorzio, da noi biblisti nessuna confusione»
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Poligamia, matrimoni misti, divorzio, adulterio, omosessualità. Il quadro antropologico con cui la Chiesa guarda oggi a questi temi è ben noto. Ma come si è sviluppata l’intelligenza della fede, dalle tradizioni dell’Antico Testamento ai nostri giorni, sui questioni che toccano da vicino relazioni personali, affetti e, anche, trasgressioni?

Il documento preparato dalla Pontificia Commissione biblica su mandato del Papa risponde da un lato a sollecitazioni già formulate dal Vaticano II e, dall’altra, a una precisa richiesta di papa Francesco, nella convinzione che solo un quadro esauriente sull’antropologia biblica possa costituire «base autorevole per gli sviluppi delle discipline filosofiche e teologiche», come scrive nella presentazione il cardinale Luis Ladaria Ferrer che della Pontificia Commissione biblica è il presidente.

La parola “sviluppo” collegata alla dottrina della Chiesa su temi come forme matrimoniali, divorzio, omosessualità farà storcere la bocca agli assertori di una dottrina statica e immutabile del tempo. Indagare il passato, e in questo caso approfondire il significato delle Scritture, serve proprio a renderci conto dell’itinerario complesso, e talvolta contraddittorio, offerto dagli autori biblici lungo una storia dell’alleanza dove non nulla è scontato.

Vietato banalizzare, ma vietato anche trarre da queste riflessioni conclusioni semplicistiche, come quelle presentate nei giorni scorsi da alcuni media che hanno letto nello studio – soprattutto su divorzio e omosessualità – “aperture” e “novità” che fanno un po’ sorridere. «Si tratta di uno studio biblico non di un trattato di teologia morale è neppure di un manuale di pastorale», osserva padre Pietro Bovati, segretario del Pontificia Commissione biblica, che ha coordinato il lavoro di una ventina di specialisti internazionali cominciato cinque anni fa. Ecco perché nell’introduzione al vasto studio specialistico intitolato Che cosa é l’uomo. Un itinerario di antropologia biblica (Libreria Editrice Vaticana; pagine 335; euro 15) si mette subito in guarda da due pericoli contrapposti.


La Pontificia Commissione biblica è stata istituita da Leone XIII nel 1902 con la Lettera apostolica “Vigilantiae studiique”. Tre gli obiettivi principali: promuovere efficacemente fra i cattolici lo studio biblico; contrastare con i mezzi scientifici le opinioni errate in materia di Sacra Scrittura; studiare e illuminare le questioni dibattute e i problemi emergenti in campo biblico. Dopo l’ampliamento di competenze sotto Pio X, nel 1971 il motu proprio di Paolo VI “Sedula cura” ne ha modificato ruolo e organizzazione. In particolare è stato stabilito che i membri non siano più cardinali assistiti da consultori, ma docenti in scienze bibliche che si distinguono «per scienza, prudenza e cattolico sentire nei riguardi del magistero ecclesiastico». In virtù di tale riforma la Commissione è diventata un organo consultivo collegato alla Congregazione per la dottrina della fede, il cui prefetto, oggi il cardinale Ladaria Ferrer, è anche presidente dell’organismo.

Per cogliere il senso autentico della lunga strada percorsa dal pensiero delle Scritture «non va adottato un ingenuo modello evolutivo (che presuppone un progresso), e tanto meno è bene ricorrere a schemi di segno opposto (dall’età dell’oro alla miseria presente)». La Parola di Dio, proprio perché incarnata nella storia, «si indirizza agli uomini perché prendano decisioni, orientando la loro vita al bene che è Dio stesso».

Un testo quindi che non offre soluzioni prefabbricate ma pone problemi, interroga, approfondisce, apre scenari e sgombera anche il campo da alcuni luoghi comuni consolidati nella nostra tradizione. A proposito del divorzio per esempio, se appare chiaro che nella lettura neotestamentaria «il ripudio equivale all’adulterio », rimane tutta da indagare la clausola che si legge nel Vangelo di Matteo con quel termine porneia (non solo unione illegittima, non solo adulterio, ma forse anche rimando ad altro) che tanto ha fatto discutere.

Come allora leggere il messaggio esigente di Gesù sull’indissolubilità nella complessità e nella fragilità delle situazioni concrete? Ci possono essere motivi fondati e comprensibili in una scelta di separazione? Qui i biblisti lasciano il campo al discernimento pastorale che infatti ha già affrontato in profondità la questione in Amoris laetitia.

Non si tratta dell’unico punto in cui la lettura attenta delle Scritture apre la strada a scenari tutt’altro che scontati. Nel capitolo dedicato all’omosessualità per esempio ci si interroga sui motivi che hanno portato storicamente a collegare Sodoma al dilagare dei rapporti erotici tra persone dello stesso sesso. In tre densi paragrafi, i biblisti con un’analisi attenta del testo, arrivano a concludere che «il racconto non intendere presentare l’immagine di un’intera città dominata da brame incontenibili di natura omosessuale », quanto piuttosto denunciare «la condotta di una entità sociale e politica che non vuole accogliere con rispetto lo straniero, e pretende perciò di umiliarlo, costringendolo con la forza a subire un infamante trattamento di sottomissione». Non vuol dire che l’omosessualità nella Bibbia rappresenti un comportamento da tollerare o da accogliere con favore.

Ma anche in questo caso i giudizi etici – per esempio quelli del Levitico ripresi da Paolo – vanno depurati dai tratti culturali del tempo, lasciando sempre alla pastorale il compito per «quel servizio di bene che la Chiesa ha da assumere nella sua missione per gli uomini». Una lettura esigente, quindi, autentica e talvolta controcorrente, ma soprattutto, conclude padre Bovati, «un invito alla speranza nella misericordia accogliente di Dio che ci sorprende sempre».

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