martedì 7 dicembre 2021
Presentato durante i "Colloqui" il risultato del confronto tra esperti per promuovere una divulgazione corretta nei testi, anche quelli per l’insegnamento della religione cattolica
Da sinistra don Savina e monsignor Stefano Russo domenica scorsa a Camaldoli

Da sinistra don Savina e monsignor Stefano Russo domenica scorsa a Camaldoli - Foto Laura Caffagnini

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I Colloqui di Camaldoli «hanno segnato e continuano a segnare la storia del dialogo ebraico-cristiano italiano». Lo ha sottolineato domenica scorsa il vescovo Stefano Russo, segretario generale della Cei, partecipando alla 41ª edizione di questa iniziativa intrapresa nel 1980 da dom Innocenzo Gargano e ora coordinata da dom Matteo Ferrari. E ha approfittato di questo prestigioso contesto per annunciare un importante progetto di collaborazione tra la Chiesa italiana e l’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane, la cui intuizione è nata proprio a Camaldoli quattro anni fa. In pratica, insieme alla promozione di proposte formative, alcuni Uffici della segreteria generale della Cei e dall’Ucei si sono impegnati nella produzione di schede riguardanti le nozioni fondamentali della tradizione ebraica da consegnare agli editori perché nella stesura dei nuovi testi gli autori «evitino il più possibile errori e distorsioni, superando in questo modo interpretazioni ambigue o scorrette spesso presenti attraverso tante semplificazioni e luoghi comuni».

Ciò ha richiesto, ha spiegato il vescovo Russo, «un lavoro di analisi critica su alcuni testi già pubblicati, perché i nuovi testi per l’insegnamento della religione cattolica possano contenere quegli aggiornamenti e arricchimenti che i documenti scritti dopo la Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II hanno ormai reso indispensabili».

All’iniziativa hanno lavorato gli Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi), quello per l’Educazione, la scuola e l’università, nonché il Servizio per l’insegnamento della religione cattolica. A Camaldoli sono intervenuti i direttori degli Uffici, don Giuliano Savina (Unedi), il professor Ernesto Diaco (educazione) e il responsabile del Servizio, don Daniele Saottini. Presenti i quattro studiosi che si sono impegnati della stesura delle 16 schede programmate: il biblista don Angelo Garofalo e l’ebraista Natascia Danieli da parte cattolica e Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane, con la pedagogista Sonia Brunetti da parte ebraica.


Significativa e qualificata la presenza dell’Ucei. In sala c’erano l’assessore per scuola, formazione e giovani, Livia Ottolenghi, con Guido Coen, membro della Giunta. Da Gerusalemme si è collegata via streaming la presidente dell’Unione Noemi Di Segni, che ha elogiato il progetto ringraziando «monsignor Russo per quanto accolto dalla Cei e a tutto il team che ci ha lavorato». «Siamo – ha detto la presidente – nel pieno della festa di Chanukkà che ha proprio come significato la parola inaugurare e al contempo educare e questo doppio significato raccoglie esattamente il senso del progetto. Stiamo inaugurando un percorso che scontato non è dopo secoli e secoli di buio e antigiudaismo, e stiamo tracciando un percorso di educazione e di studio alla convivenza, per superare con senso di fiducia quel passato». «Lavoro – ha aggiunto la Di Segni – che non si ferma qui o al tavolo ma che deve proseguire nel dettaglio e diventare un sentire e fare quotidiano».

Il vescovo Russo da parte sua ha sottolineato come questo lavoro ha permesso all’Ucei e alla Cei, attraverso gli Uffici competenti, di collaborare insieme «crescendo nella conoscenza e nella fiducia reciproca: tutto ciò vale più di molti proclami». «Ci auguriamo – ha proseguito – che questa collaborazione possa continuare e crescere sempre più». Anche perché questa esperienza «è utile anche per altri ambiti che non sono solo quelli scolastici». Perché questa esperienza è «generativa in altri settori, portando una ricchezza di fiducia e di speranza che incoraggia a lottare e continuare a lottare perché la giustizia e la pace possano germogliare sempre più in una società assetata e bisognosa di esse».

Il segretario generale della Cei ha infine inquadrato il progetto delle schede per i libri di religione nel più ampio «processo pastorale» promosso dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo diretto da don Savina. Un processo pastorale che riguarda non solo l’ambito scolastico ma «tutti i settori della vita ecclesiale»: da «quella parrocchiale» a «quella delle varie realtà ecclesiali» fino anche «ai seminari dove vengono preparati i sacerdoti». Un processo che ha portato alla nomina di referenti di area regionali attenti alla dimensione ecumenica e interreligiosa. Così nelle sedici regioni ecclesiastiche italiane ad oggi ci sono 13 referenti regionali dell’area ebraismo «per promuovere nelle diocesi sia il dialogo e l’incontro con le comunità ebraiche presenti nei territori, sia la formazione delle comunità cristiane cattoliche per la corretta conoscenza delle radici ebraiche della nostra fede». (Gianni Cardinale)

Fermare l'antigiudaismo strisciante​

Giornate intense quelle del XLI Colloquio ebraico-cristiano al Monastero di Camaldoli dove centotrenta persone stanno affrontando il tema «Yeshua/Gesù e Israele» a sessant’anni dall’incontro tra Jules Isaac e Giovanni XXIII. Nell’ambito della festa di Chanukkà, che ricorda la riconsacrazione del Tempio dopo la profanazione di Antioco Epifane, incontrarsi è un annuncio di speranza in un tempo incerto. Si è iniziato ascoltando Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, che ha ripercorso l’evoluzione odierna di un fenomeno «illogico, vago e minaccioso» che dilaga sul web riciclando vecchie accuse in nuove forme. E che utilizza persistenti elementi di antigiudaismo cristiano, come la falsa controversia tra la legge e l’amore, frutto di una mentalità fondamentalista che invece di vedere il male che è dentro di sé lo identifica nell’altro.


Confronto a più voci. Una rilettura del Nuovo Testamento sfrondato da stereotipi e false convinzioni che mostrano come non si ponga in constrasto con il contenuto dell’Antico

O come lo stereotipo ancora diffuso del legalismo dei farisei, citati con superficialità e ignoranza. Massimo Grilli, scandagliando testi controversi di Paolo, Matteo e Giovanni, ha confutato la tesi secondo la quale il Nuovo Testamento è antigiudaico. Secondo il biblista le tensioni emerse tra Gesù e il giudaismo del suo tempo sono riconducibili alle polemiche esistenti tra le diverse correnti giudaiche, e le persecuzioni contro gli ebrei sono state rese possibili da considerazioni erronee del Nuovo Testamento che mostrano come la Scrittura è sempre data in un contesto umano dove l’infallibilità indiscriminata non è garantita. Grilli è preoccupato della persistenza in certi ambienti formativi di una teologia della sostituzione e di un antigiudaismo strisciante.

Nella sua analisi sull’antigiudaismo nel primo cristianesimo, Mauro Pesce ha rilevato che le diverse forme di cristianesimo antico hanno disebraizzato Gesù, Paolo e la Bibbia perché il cristianesimo era diventato la religione dei non ebrei avversi agli ebrei. Ritornare al cambio di rotta della Chiesa cattolica, come ha fatto lo storico Daniele Menozzi ripercorrendo la genesi di Nostra Aetate a partire dall’incontro tra Jules Isaac e Giovanni XXIII, ha permesso anche di ricordare chi ha riconosciuto il «momento favorevole» e si è messo al servizio di una fraternità da ritrovare: Maria Vingiani - che ha posto la vocazione ecumenica del Sae sul fondamento del dialogo ebraico-cristiano - e il cardinal Agostino Bea, che si prese a cuore la riforma della liturgia del Venerdì Santo e impegnò il Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani che presiedeva nel ripensamento del rapporto tra la Chiesa e l’ebraismo.

Oggi non basta - ha detto don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei - essere contro l’antisemitismo; bisogna anche essere "per" i fratelli e le sorelle delle Comunità ebraiche: conoscerli, condividere spazi ed esperienze, camminare insieme, sviscerare anche i testi più difficili della Parola. È quello che si sta facendo a Camaldoli, laboratorio che aiuta ad acquisire conoscenza per abitare responsabilmente un dialogo necessario. E che stanno facendo universitari, studentesse di teologia, dottorandi e membri di comunità e associazioni che hanno fondato l’Aec Giovani, ultima nata tra le Amicizie ebraico-cristiane in Italia, protagonisti di una vivace e sapiente tavola rotonda. Giovani che vogliono camminare insieme nella conoscenza del linguaggio e della fede dell’altro e dell’altra, nell’amicizia e nell’impegno comune per costruire una società della fratellanza. (Laura Caffagnini)




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