mercoledì 20 settembre 2023
A 60 anni dalla morte di Giovanni XXIII e dall’elezione di Paolo VI, il ricordo dei due papi santi nel contesto di “Bergamo Brescia capitale italiana della cultura 2023"
I vescovi lombardi a Sotto il Monte (Bergamo)

I vescovi lombardi a Sotto il Monte (Bergamo) - Lorenzo Rosoli

COMMENTA E CONDIVIDI

Giovanni XXIII e Paolo VI, “i santi Papi” figli delle terre lombarde, “ispirando l’opera del Concilio Vaticano II hanno riproposto al mondo contemporaneo l’umanesimo cristiano, indicando in Gesù il compimento dell’essere umano nell’essere figlio di Dio. Siamo chiamati a essere gente che vive di questo Concilio e che vive questo umanesimo, testimoni che chi segue Gesù diventa una persona più completa, fino alla pienezza di Cristo”. Ecco, nelle parole dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, il mandato per i cristiani e per la Chiesa del nostro tempo che nasce dall’insegnamento e dalla testimonianza di papa Roncalli e di papa Montini. “Che cosa avete da dire all’umanità scoraggiata, alle persone disperate, alla gente convinta che si può vivere bene anche facendo a meno di Dio, a questa generazione giovanile che rischia di non credere più che la vita sia bella, che il futuro sia desiderabile, che l’amore duri per sempre, che la pienezza della gioia sia dono sperimentabile dell’amicizia con Gesù?”: ecco le domande e la provocazione ai battezzati d’oggi che vengono dai due santi pontefici. Ebbene: “L’uomo perfetto, la pienezza di Cristo, è colui che compie la sua vocazione”. E “il compimento dell’umanità è nell’amicizia con Gesù”, prosegue Delpini, sempre additando il magistero di Roncalli e Montini.

Sono questi, alcuni passi dell’omelia che l’arcivescovo di Milano ha tenuto stamani nel Santuario San Giovanni XXIII, a Sotto il Monte (Bergamo), il paese natale di papa Roncalli, dove i vescovi lombardi si sono riuniti per celebrare l’Eucaristia ricordando il Papa bergamasco e il Papa bresciano, a 60 anni dalla morte del primo e dall’elezione del secondo, nel contesto di “Bergamo Brescia capitale italiana della cultura 2023”. Un’occasione che, nel pomeriggio, ha visto i vescovi recarsi a Concesio, alla casa natale di Paolo VI, per incontrare e dialogare con i giovani “Custodi della bellezza” che in quest’anno si stanno impegnando ad accogliere i visitatori e far scoprire loro i tesori d’arte e architettura cristiana delle diocesi di Bergamo e di Brescia.

Un cultura, quella delle terre lombarde, “che nel XX secolo ha espresso ben tre pontefici”, ha ricordato il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, nel saluto di benvenuto che ha aperto la liturgia a Sotto il Monte. “Papa Francesco nell’udienza che ha concesso insieme a Sotto il Monte e Concesio ha sottolineato i legami di Giovanni XXIII e di Paolo VI con le terre e i paesi che hanno dato loro i natali, e ha detto: Dio non fa i santi in laboratorio”, ma con la guida dello Spirito, scavando nel profondo, ponendo solide fondamenta “perché la loro vita cresca ordinata e perfetta con Cristo come pietra angolare”. È questo che Roncalli e Montini “hanno respirato fin da piccoli a Sotto il Monte e Concesio”, ha aggiunto Beschi sottolineando l’amicizia che c’era fra loro, “amicizia per il bene della Chiesa e del mondo”, come “vorremmo che fosse anche la nostra amicizia oggi”.

È un “uomo imperfetto”, è una “umanità incompiuta” quella che abita la terra, ha esordito Delpini in omelia. “L’umanità incompiuta è talora ribelle: cerca il colpevole della propria incompiutezza, bestemmia Dio perché ha creato il mondo imperfetto e non mette mano all’impresa di aggiustarlo. L’umanità incompiuta è talora presuntuosa: si dà da fare per cercare il proprio compimento, spreme la terra perché gli fornisca le risorse per diventare onnipotente, rende schiavi gli altri per farsi un trono su cui esaltarsi, sfida Dio perché lo rifiuta come un limite intollerabile, si compiace delle sue conquiste e coltiva la certezza di raggiungere presto il proprio compimento”.

Eppure: l’uomo, la donna, questa umanità imperfetta, “se non si lasciano deprimere dall’infelicità, se non si esasperano nella ribellione, se non vivono l’euforia della presunzione, incontrano, proprio sui sentieri dell’imperfezione la sollecitudine amorevole di Dio che li chiama a perfezione, al compimento. La vita è incompiuta perché è vocazione”, e per questo “il Signore manda i suoi angeli perché ciascuno viva la grazia di essere chiamato e la libertà di percorrere insieme con il Signore, per potenza di Spirito Santo, il cammino verso il compimento”, ha affermato l’arcivescovo di Milano – che ha presieduto la liturgia, concelebrata dal cardinale vescovo di Como, Oscar Cantoni, e dagli altri vescovi lombardi.

Ebbene: Giovanni XXIII e Paolo VI “sono stati inviati da Dio come angeli per ricordare all’umanità incompiuta la vocazione al compimento fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”, ha aggiunto il presule attingendo alla lettera agli Efesini. Quindi, sempre nella luce della Parola di Dio proclamata oggi: “L’opera di Dio, la vocazione che Dio ci rivolge attraverso i santi Papi è di radunare i discepoli di Gesù perché siano un solo gregge e un solo pastore. Diventare un cuor solo e un’anima sola. La dispersione, i malumori che convincono ad allontanarsi, a stare per conto proprio, l’indifferenza verso la pecora perduta (cfr Ez 34,16), l’inerzia nell’appartenere a questa o a quelle fazione creano dispersione, disorientamento nel popolo di Dio e nell’umanità. Si usa come fosse una cosa da niente parlare male gli uni degli altri, dal Papa, al Parroco agli altri – inclusi quanti hanno ruoli nella società civile e nelle istituzioni; si vive la divisione tra i cristiani come un fattore storico irrimediabile; si insinuano nelle comunità molti motivi di delusione. Papa Giovanni XXIII della Pacem in terris, Paolo VI del grido “mai più la guerra”, ci dicono: Che cosa fate per tenere unita la Chiesa? Che cosa fate per rendere lieto, festoso il ritrovarsi dei molti popoli e cittadini? Che cosa fate per cercare la pecora perduta, ricondurre quella smarrita, fasciare quella ferita, curare quella malata?”. “Cercare la pace, ecco cosa può fare l’umanità incompiuta”, scandisce Delpini. Roncalli e Montini sono “Papi santi, maestri e profeti di pace”, di quella mansuetudine, magnanimità che costruiscono pace.

Ancora: Giovanni XXIII e Paolo VI, i due pontefici del Vaticano II, “hanno riproposto al mondo contemporaneo l’umanesimo cristiano, indicando in Gesù il compimento dell’essere umano nell’essere figlio di Dio”. Dunque: “Invochiamo la loro intercessione” perché “il loro messaggio, la loro testimonianza continui a essere voce che ci chiama ad edificare la comunione nelle nostre comunità e nella Chiesa intera, e la pace sulla terra”, e alimenti e ispiri “il quotidiano esercizio dell’umanesimo cristiano che porta a compimento la vocazione di ciascuno”.

Al termine della Messa, prima di benedire i fedeli (fra cui, nei primi banchi del santuario, alcuni sindaci della zona in fascia tricolore), l’arcivescovo Delpini ha preso l’occasione per “contestare quella immagine della cultura” che “ritiene la cultura come un supermercato dove c’è disponibilità inesauribile di chiacchiere, parole, emozioni, pensieri, immagini, droghe per esaltarsi, e ciascuno prende quello che vuole di quello che c’è”. Invece: “noi cristiani pensiamo che la cultura sia un umanesimo” che “rende più umano l’uomo e la donna”. Così insegnano Giovanni XXIII e Paolo VI. “E noi oggi siamo qui ad esprimere la nostra gratitudine” ai due santi pontefici.

Dopo la Messa, vescovi, sacerdoti e fedeli hanno raggiunto in processione il Giardino della Pace adiacente al Santuario, dove Delpini ha pronunciato la “Supplica a San Giovanni XXIII”, invocando la sua intercessione per la Chiesa, “per tutte le necessità della nostra terra e per la pace nel mondo”.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: