sabato 19 novembre 2022
Ad Asti i nonni del futuro papa Francesco. Forte l’impegno nell’Azione Cattolica. Il padre del Papa fra gli studenti più intelligenti. Le sue visite a malati e poveri
Dal Piemonte all'Argentina, vita da emigranti dei Bergoglio

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

A Piana Crixia e a Portacomaro, Rosa Vassallo e Giovanni Bergoglio sono nati. A Torino si sono incontrati, innamorati, sposati per poi diventare genitori di Mario. Ma ad Asti, forse, più che in ogni altro luogo italiano e della stessa Buenos Aires, la famiglia Bergoglio ha le proprie radici intime. La cittadina piemontese, circondata dalle colline, la accoglie in un momento di affanno e le restituisce serenità e slancio. È l’estate 1918 quando la coppia lascia Torino: al termine della Prima guerra mondiale, il carovita era diventato insostenibile e il malessere esplodeva in violenti disordini, come le tragiche giornate del 1917. Abitarvi si era fatto troppo pesante. Giovanni rientrava dal fronte con le cicatrici ancora fresche, almeno nello spirito. A 34 anni, Rosa aveva perso sei figli, morti a poche ore o giorni dal parto.

È lei la prima a traslocare il 12 luglio, insieme a Mario che, all’epoca, aveva 10 anni e che sarebbe diventato il padre del primo Papa argentino, Jorge Mario Bergoglio. Il marito li segue due settimane dopo, appena ottenuta la licenza dalle forze armate, prima in forma temporanea, poi definitiva. Giovanni non ci mette molto a trovare impiego. Anzi, i primi anni ne ha addirittura due: caffettiere-liquorista e portinaio dello stabile al numero 6 – ora 38 – della centralissima via Massimo D’Azeglio. Asti vive un momento di crescita grazie agli alti prezzi del vino, il terziario è addirittura raddoppiato nel primo decennio del secolo. Questo permette al neo-arrivato di cambiare più volte lavoro oltre che casa.

L’esperienza dei Bergoglio, tuttavia, resta legata al centro storico, in particolare al rettangolo formato da via Morelli, piazza San Secondo, via Fontana e la chiesa di Santa Maria Nuova. Sono i luoghi di Rosa e del suo impegno sociale e culturale nell’Azione cattolica, di cui diviene una delle esponenti di spicco grazie all’intelligenza fuori dal comune. In un contesto provinciale, ancora prigioniero dei pregiudizi classisti, le cariche associative sono ricoperte da notabili e signore dell’alta borghesia. Rosa, umile sartina e con pochi studi, è l’eccezione. Centrale in questo l’amicizia con Prospera Gianasso, insegnante di francese alla severissima Regia Scuola di avviamento commerciale “Brofferio” dove Mario frequenta l’equivalente delle scuole medie. La costanza dell’allievo, timido e scrupoloso, più volte esonerato dal pagamento delle tasse per gli ottimi risultati – oltre che per le magre finanze familiari – colpisce la professoressa. In Rosa, Prospera ritrova le stesse caratteristiche. La fede profonda, mai bigotta ma declinata nella disponibilità a incontrare l’altro, cementa un’amicizia profonda che nemmeno l’Atlantico riesce a dividere. Le due donne si tengono in contatto per tutta la vita, nonostante la lentezza delle comunicazioni postali tra Italia e Argentina.
L’affetto è tanto profondo che la professoressa Gianasso sarebbe diventata una presenza familiare anche per il nipote preferito di Rosa, quel Jorge Mario il cui biglietto di auguri per il nuovo anno, il 1961, è viene trovato tra le sue carte. È Prospera a introdurre Rosa nel ramo femminile dell’Azione cattolica astigiana all’inizio degli anni Venti. Già nel 1922, questa è eletta nel Consiglio diocesano per poi diventare “consigliera per la moralità” e “segretaria dell’azione sociale”. Nella seconda metà degli anni Venti, è ormai una conferenziera stimata e appassionata. La “luchadora”, la “lottatrice”, l’ha definita Maria Elena Bergoglio, sorella più piccola di Jorge Mario.

È quest’ultimo a raccontare in un testo dattiloscritto del 1990, poi pubblicato dall’Osservatore romano il 23 e 24 dicembre 2013, di un convegno della nonna chiuso dai fascisti locali, ormai al potere. Nei registri dell’Azione cattolica, come è comprensibile, non c’è traccia della vicenda. È certo, invece, che Rosa riesce a trasmettere lo zelo apostolico al figlio Mario che, fin da piccolo, partecipa al gruppo di volontari della parrocchia di San Martino, andando a visitare i malati e i poveri. A partire dalla quarta ragioneria all’Istituto tecnico Leonardo da Vinci, il giovane milita nell’Ac e nella Fulgor, la società sportiva cattolica, diventando animatore e formatore. Incarico che mantiene anche dopo il diploma e l’inizio del lavoro nella Banca d’Italia.

Perché, il 31 gennaio 1929, i Bergoglio decidono di lasciare Asti, dove sono ormai integrati, e imbarcarsi per il Nuovo Mondo? La ragione principale è una buona opportunità economica offerta dai fratelli di Giovanni che hanno messo su un’azienda di pavimentazione a Paraná. Purtroppo il crollo di Wall Street la fa fallire poco dopo l’arrivo dall’Italia della famiglia che deve ricominciare un’altra volta a Buenos Aires. Non è da escludere, però, che anche la progressiva chiusura degli spazi di libertà da parte della dittatura fascista abbia influito sulla partenza. Gran parte dei compagni di attivismo di Mario sarebbe passata nelle file dell’opposizione cattolica al regime. In ogni caso, i Bergoglio sono sempre rimasti legati ad Asti. Rosa, ad esempio, continua a iscriversi all’Azione cattolica, ogni anno, dall’Argentina. E, ogni volta, compila il modulo in francese: un omaggio silenzioso all’amica Prospera.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: