Un'immagine di don Calogero Russo - .
Non capita spesso che un sacerdote celebri 80 anni di ordinazione presbiterale e stia per compiere, il prossimo maggio, 103 anni. Si tratta di don Calogero Russo, di Partanna, provincia di Trapani e diocesi di Mazara del Vallo, cittadina di poco più di diecimila abitanti, con un centro storico ricco di palazzi nobiliari e chiese antiche che appaiono come dei gioielli incastonati lungo le strade. Don Calogero ha trascorso tutta la sua lunga vita qui. Abbiamo potuto contattarlo solo attraverso una videochiamata perché non era prudente incontrarlo di persona a causa del Covid e grazie all’assistenza della sua numerosa famiglia tra fratelli, sorelle e nipoti che hanno fatto a gara, per così dire, per raccontarci la sua storia.
Don Russo nasce alla fine della Prima Guerra mondiale, nel 1918. I suoi genitori, Giuseppe e Giuseppa Pisciotta, persone semplici e credenti sono fondamentali per la sua formazione umana e spirituale. Entrambi pur non avendo potuto studiare, essendo di famiglia numerosa, se non frequentare le scuole elementari, coltivano la conoscenza, il sapere da autodidatti. Forse per questo il piccolo Calogero viene iscritto a cinque anni alla scuola elementare e papà Giuseppe lo avvia agli studi «prima ancora che si manifestasse la vocazione».
All’età di undici anni, nel 1929, Calogero entra nel Seminario diocesano di Mazara del Vallo. Raccontano i suoi nipoti che disse ai genitori che «potevano dare le sue giacchette ai poveri». Calogero si dimostra uno studente modello e sensibile. Tanto che nella prima lettera dal Seminario scrive: «Nonostante il desiderio del Seminario, quando salutai papà, piansi». Sono lacrime non solo di distacco dai genitori, ma anche di riconoscenza e di gioia perché lo hanno sostenuto nella sua scelta. Questo anticipo negli studi gli giova tanto al fine dell’ordinazione sacerdotale, avvenuta l’8 marzo 1941, a soli 22 anni, con dispensa di papa Pio XII e dietro segnalazione del vescovo Ballo Guercio, che lo vede pronto ad un passo così importante.
Don Calogero Russo insieme a san Giovanni Paolo II - .
Don Calogero ha una seria preparazione culturale conseguita grazie alle sue capacità e per aver avuto dei bravi maestri sacerdoti. Siamo negli anni della Seconda Guerra mondiale, lo stesso don Calogero ricorda che «durante il rito della mia ordinazione sentivo il terribile rombo degli aerei che sorvolavano la Cattedrale e ancor di più sentivo l’assenza di mio fratello che era combattente».
I primi incarichi dopo l’ordinazione lo vedono impegnato come vice-rettore del Seminario, segretario dei vescovi Salvatore Ballo (1933-1949) e Gioacchino di Leo (1949-1950); reggente pro-tempore della diocesi fra il 1949 e il 1950 durante la sede vacante dell’episcopato per volere del cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo.
Nel 1954 viene nominato parroco della chiesa-madre di Partanna. E da subito la sua preoccupazione è conoscere le famiglie una a una. In ogni visita consegna una copia del Vangelo e data la quantità chiede aiuto per averle a un costo minore a don Giacomo Alberione, oggi beato che gira l’ordine delle copie alle sue Figlie di San Paolo, presenti allora a Trapani.
Il terremoto del Belice del 15 gennaio 1968 è un evento di grande intensità e distruzione. Don Calogero si prodiga in tutti i modi per soccorrere le famiglie sfollate. Papa Paolo VI, sapendo dell’immane tragedia, dona al sacerdote siciliano un’automobile per poter raggiungere le famiglie disperse in diversi punti e per informarle e aiutarle in ciò che può. Tante le testimonianze di persone che trovano il cibo nelle botteghe di generi alimentari già pagati, grazie alla sua carità e discrezione. Al terremoto che riduce pietra su pietra la chiesa-madre, si aggiunge la distruzione di quella provvisoria in legno. Don Calogero pur provato rinnova la sua fede e continua affidandosi alla Madonna.
E fa costruire dagli artigiani di Ortisei una statua lignea a lei dedicata in cui ritrovarsi e affidare la sofferenza e il dolore di tutta la popolazione e la chiamerà la Madonna del Belice dedicando alla Madre di Dio come memoria annuale il 15 gennaio giorno che ricorda il terribile sisma del 1968.
Due parole sintetizzano quanto don Russo ha vissuto nella sua vita sacerdotale e al servizio della popolazione di Partanna, della Valle del Belice: «Jesum et animas» («Gesù e le anime»). Molto ci sarebbe da dire di questo pastore che per 41 anni ha servito la Chiesa, la città di Partanna, la Chiesa intera. Nove Papi sono passati da Benedetto XV all’attuale Francesco nei suoi quasi centotré anni; e nove vescovi serviti con rispetto e stima. Quando è nato Calogero Russo c’era la spagnola, oggi il Covid: la sua lunga vita è un dono di Dio a una persona che ha saputo per tanti anni testimoniare una fede limpida e genuina.
Nel libretto che ha scritto per il Giubileo del 2000, dal titolo «La Madonna della Valle del Belice», don Calogero Russo, pone una dedica che recita:
Ai Giovani
perché protesi al futuro,
conoscano il passato;
agli Adulti
perché il passato
favorisca la lettura
dei «segni» del presente
come premessa
per un futuro migliore.