sabato 22 gennaio 2022
La Messa presieduta dal vescovo Napolioni. Un impegno sui passi dei santi Omobono e Facio. Parla il direttore don Codazzi: un tesoro di vicinanza non tanto da celebrare ma da vivere ogni giorno
La Cattedrale di Cremona

La Cattedrale di Cremona - Ansa

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È una storia di carità che ha il sapore antico. La Caritas della diocesi di Cremona compie 50 anni ma le sue radici sono racchiuse nell’operato del patrono sant’Omobono (morto nel 1197) e nelle buone pratiche di san Facio, altro santo cremonese (veronese di nascita) dedito ai poveri, di cui ricorrono i 750 anni dalla morte.

Per questo l’inizio delle celebrazioni del cinquantesimo è avvenuto martedì scorso in Cattedrale, giorno della memoria del santo di cui «dobbiamo riscoprire il messaggio», ha dichiarato il vescovo Antonio Napolioni che, insieme all’emerito Dante Lafranconi, ha presieduto la Messa. San Facio, che riposa nella cripta della Cattedrale, come Omobono, era «un uomo vero tanto da essere santo e portare ancora oggi frutti». Sulle sue orme infatti si muovono diverse realtà caritative locali e a lui è intitolata la fondazione attraverso la quale Caritas cremonese raccoglie i contributi da utilizzare per sostenere persone e realtà in situazione di fragilità e di bisogno.

«La testimonianza della carità locale – afferma don Pierluigi Codazzi, direttore della Caritas cremonese – parte da molto lontano e ci è consegnata come patrimonio non tanto da celebrare, ma da vivere con creatività ogni giorno, nei luoghi e nei tempi che l’oggi ci offre». Si tratta di un «tesoro di testimonianze di santi che la Chiesa cremonese custodisce – ha chiarito nell’omelia Napolioni –. I santi, gli uomini giusti che hanno portato frutto nella loro esistenza, non scompaiono, non invecchiano ma continuano a parlare se lo permettiamo».

Le loro voci sono le tante opere che Caritas segue «con tre finalità – prosegue don Codazzi –: la promozione di una cultura evangelica sulla carità; l’inserimento della dimensione caritativa nella pastorale organica della Chiesa locale; e l’educazione comunitaria secondo la pedagogia dei fatti, carica di partecipazione e di responsabilizzazione di tutti».

Questo anno di celebrazioni (che si concluderà con la solennità del patrono Omobono il 13 novembre) sarà un tempo per essere «ospitali e pellegrini» come lo fu san Facio, ha precisato Napolioni nella Lettera pastorale dell’anno.

Capaci di accogliere evitando l’indifferenza e in grado di «incontri di grazia» da tradurre in opere di carità. Proprio come Facio, le cui cronache medioevali raccontano abbia fondato la Confraternita dello Spirito Santo che raccoglieva l’elemosina per chi si vergognava di mendicare. Una realtà da cui nacque nel 1400 l’ospedale maggiore della città, oggi trasferito in altra sede, accanto alla cui struttura sorse una chiesa dedicata in un secondo momento a Facio e diventata nel tempo custode del cimitero sorto vicino al nosocomio.

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