venerdì 8 aprile 2011
Ritorna all’antico splendore uno dei luoghi più cari ai devoti del Poverello. Un intervento che ha permesso di recuperare il colore originario delle pareti di pietra rossa della cripta e di sistemare la grata che protegge l’urna. Piemontese: è qui il centro della famiglia francescana. VAI ALLA FOTOGALLERY
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Come un’operazione a cuore aperto. Piace a padre Giuseppe Piemontese l’immagine che sintetizza il restauro della tomba di san Francesco appena ultimato, dopo un mese e mezzo di intenso lavoro anche notturno. «Qui in effetti c’è il cuore della grande famiglia francescana – dice il custode del Sacro Convento –. E qui batte il cuore della spiritualità che ha attraversato più di otto secoli e accomuna milioni di persone in tutto il mondo». Sorriso bonario e modi paterni, padre Piemontese – che in realtà è pugliese di Monte Sant’Angelo – ci accompagna nella visita, in anteprima per i lettori di Avvenire, alla cripta riportata all’originario splendore della sua pietra rossastra. Quasi come il colore del cuore. Appunto.Tutto intorno al sito del sarcofago dove il «poverello» di Assisi riposa dal 1230 (quattro anni dopo la sua morte), ci sono circa 15 mila conci scavati all’inizio del ’900 in una cava vicino ad Assisi e sistemati lungo le pareti dall’architetto Ugo Tarchi (suo il progetto in stile neoromanico degli anni ’30). Il fumo delle candele votive le aveva letteralmente annerite, come testimonia il quadrato di una trentina di centimetri lasciato allo stato di «prima della cura», sul soffitto in prossimità dell’ingresso. Una differenza evidente, che testimonia la necessità dell’intervento, il primo sulla tomba, costato 130 mila euro e in gran parte coperto da sponsor.Il «chirurgo» dell’operazione, Sergio Fusetti, capo restauratore della Basilica (che ha operato in collaborazione con la Sovrintendenza regionale), guarda il frutto del lavoro suo e dei suoi otto collaboratori della Tecnireco di Spoleto e nei suoi occhi puoi leggere un misto di orgoglio e di commozione. Lui è uno che con queste pietre di fatto ci parla, poiché lavora qui da 36 anni. Il giorno del terremoto era nella Basilica Superiore, al momento del crollo. «Se sono vivo – dice – lo devo a un miracolo di san Francesco. Questo è in pratica il mio ex voto».In realtà Fusetti e la sua equipe sono per lo meno al secondo ex voto, dato che insieme con Antonio Paolucci e altri esperti, hanno compiuto quella specie di miracolo di rimettere al loro posto quasi tutti i pezzi degli affreschi scrostati dal sisma. Un maxi puzzle da 300 mila tessere, 80 mila delle quali ancora da sistemare, magari con l’aiuto di un nuovo programma informatico, attualmente allo studio dei tecnici. Poco più in là padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento, ascolta e annuisce. Anche lui, quel giorno rimase illeso a pochi centimetri dalle pietre che venivano giù. «Ma ora – dice – è tempo di pensare al futuro». E il futuro, almeno quello immediato, è la riapertura della cripta, domani. Poi verrà il 27 ottobre con la visita del Papa nel 25° dello Spirito di Assisi e, naturalmente, riprenderà la vita quotidiana con i sei milioni e passa di pellegrini all’anno, che scendono quaggiù per pregare «cuore a cuore con san Francesco».I fedeli troveranno un ambiente completamente rinnovato. Oltre alle pareti e al soffitto a crociera, gli interventi hanno riguardato anche il pilastro che contiene il sarcofago con le reliquie del santo. Innanzitutto sono stati eliminati alcuni ritocchi con il cemento, effettuati nel corso del tempo. Quindi sono state ripulite la grata esterna e la lastra marmorea, una delle tre che proteggevano fin dal XIII secolo l’urna e che adesso fa da paliotto all’altare. Il restauro rende visibile il buco degli scavi che nel 1818 individuarono la tomba di Francesco. Vicino all’urna i restauratori hanno trovato monete fuori corso e bigliettini di preghiere e intercessioni, lasciate dai fedeli. «Il segno di quella devozione che dura da otto secoli – dice padre Piemontese – e che anche questo restauro vuole incrementare». Il padre Custode sottolinea i tre elementi della «catechesi francescana» che la visita alla cripta mette in evidenza. «La fraternità, innanzitutto. Accanto a Francesco, riposano i suoi quattro compagni: Leone, Rufino, Masseo e Angelo. Poi la sua umanità, testimoniata ad esempio dall’amicizia con Frate Jacopa dei Sette Soli, una nobildonna romana che il santo considerava un vero e proprio «frate» e la cui tomba è in asse con quella di Francesco. Infine l’italianità, con la lampada votiva alimentata dall’olio portato a turno dalle Regioni d’Italia». Insomma, conclude il custode, «da ora in poi il "cuore" di Francesco sarà sempre più visibile». E dunque più aperto a tutti.
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