lunedì 27 novembre 2023
Parla don Pietro Wang Zhaoqun, sacerdote a Prato e cappellano della comunità cinese. La sua testimonianza nel convegno promosso sulla figura e l'opera di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana
Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze con don Pietro Wang Zhaoqun, viceparroco a Prato

Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze con don Pietro Wang Zhaoqun, viceparroco a Prato - Brancale

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«Sono rimasto colpito da una frase di don Milani ai missionari cinesi: “Non abbiamo odiato i poveri” ma “abbiamo solo dormito”. Quello di dormire è un rischio che corriamo tutti di fronte ai grandi eventi della storia, ma anche tra le cose che accadono più vicino, quando non ci toccano il cuore». La storia è piena di sorprese, anche quelle che riguardano la ricezione del messaggio di don Lorenzo Milani. Per esempio i cinesi che dovevano rievangelizzare secondo lui l’Etruria nel 2954 sono già arrivati. Al convegno pastorale sul priore di Barbiana, promosso a Firenze e Calenzano dal Comitato per il centenario della nascita di don Milani e dall’arcidiocesi, è intervenuto in chiusura don Pietro Wang Zhaoqun, viceparroco alla chiesa dell’Ascensione al Pino di Prato e cappellano della comunità cattolica cinese, che si era avvicinato alcuni anni fa alle “Esperienze pastorali”, leggendone alcune pagine in casa di un amico. Don Lorenzo «immagina di venire ucciso e che il suo libro venga ritrovato dopo circa mille anni, nel 2954, dall’arcivescovo di Firenze che è un cinese, dal nome Cin Min La»: don Pietro ha cercato il significato di questo nome, ma “non l’ho trovato”, segno che don Lorenzo aveva giocato sull’assonanza.

E Wang Zhaoqun ha raccontato nella chiesa di San Donato a Calenzano la sua esperienza pastorale nella provincia di Prato dove vivono ufficialmente 40mila cinesi ma in realtà sono molti di più e tra di essi i cattolici sono circa 200. I cinesi di Prato hanno «tanta difficoltà, la difficoltà delle malattie, della lingua, dei documenti, del lavoro, della pandemia... Hanno sempre bisogno dell’aiuto, dell’amore, di Dio e della sua Chiesa». Nell’enciclica Fratelli tutti, quando papa Francesco si sofferma sul concetto di “carità”, parte «dall’aspetto più intimo e profondo dell’amore, nel cuore della Chiesa stessa. Ci comprendiamo allora come ogni attività della Chiesa abbia una essenziale dimensione evangelizzante e non deve mai essere separata dall’impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede, che è il primario obiettivo dell’evangelizzazione, ieri, oggi e domani, in Cina e nell’Italia». Il cardinale Giuseppe Betori, che ha chiuso i lavori, ha sottolineato un aspetto da tenere sempre in considerazione nell’attività di evangelizzazione, proprio a partire dal metodo di don Milani: la ricerca della comprensione del contesto socio-culturale-religioso in cui il ministero deve svolgersi. Il punto di partenza per don Milani «è assai meno un assunto dottrinale da calare sulla realtà, quanto piuttosto una lettura approfondita della realtà per individuare le risposte di verità che essa esige».

È emersa nuova documentazione sul priore di Barbiana, dai ben 740 quaderni di diario del suo amico don Renzo Rossi agli Archivi di cristiani nella Toscana del Novecento (Arcton) a don Mario Landi che ha sottolineato la presenza dei seminaristi che salivano a Barbiana, alcuni dei quali, come Renzo Fanfani, diventarono preti operai. Con don Renzo Rossi i rapporti con il priore risalgono ai tempi del Seminario e in qualche modo, ha osservato Andrea Fagioli, «si intensificano con Barbiana, a proposito della quale don Renzo sosteneva che non era esatto dire che la parrocchia fosse stata aperta per don Milani, ma è vero che rimase aperta soltanto per lui». Cosa c’è ancora da scoprire in don Lorenzo? «Tante e tante altre cose – risponde don Andrea Bigalli, che ha coordinato il convegno – Barbiana e Calenzano diventano una prospettiva con cui si considerare come una cultura viva, una scelta precisa e determinata per il Vangelo e per coloro che non hanno voce, si riverbera attraverso i decenni».
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