martedì 7 settembre 2021
Il 31 agosto 1921 partivano cinque pionieri. Al via un anno dedicato al ringraziamento e alla riflessione con al centro il trittico: missione, memoria e speranza
Il preposito generale padre Nieto Sepúlveda

Il preposito generale padre Nieto Sepúlveda - .

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«Una percentuale importante dei religiosi somaschi degli ultimi 80 anni deve la vocazione alla decisione coraggiosa presa di mandare fuori Italia cinque pionieri, rispondendo all’invito pressante della Chiesa di dare nuovo impulso all’impegno missionario». Così ha scritto il preposito generale dei Somaschi, il primo non italiano, padre José Antonio Nieto Sepúlveda, spagnolo, proponendo un anno di ringraziamento e di riflessione, con il trittico «missione, memoria e speranza», per ricordare i cento anni di missione dell’Ordine fuori dall’Italia.

Le cose sono andate così. C’è lo stimolo venuto dalla lettera apostolica Maximum illud, del novembre 1919, di Bene- detto XV che, dopo «l’inutile strage» della guerra mondiale, rilancia evangelicamente la missione della Chiesa nel mondo. Poi c’è il Capitolo generale somasco del 1920 che approva la proposta del Padre generale di «aprire una casa in America» e di affidare questa missione a un bravo padre, Antonio M. Brunetti. Più in generale sono cogenti le ragioni di uscire dal “guscio” italiano in cui i Somaschi sono rimasti chiusi.

E infatti la Congregazione somasca – si dice nel detto Capitolo – ha bisogno di espandersi all’estero e di trovare in America buone vocazioni, e anche nella speranza di poter far proclamare san Girolamo Emiliani protettore universale della gioventù abbandonata, come era stato promesso in Vaticano. Così il 31 agosto 1921 si imbarcano a Genova per il Salvador “i cinque pionieri”: due religiosi preti, un religioso non prete, un prete aggregato temporaneamente alla Congregazione, un laico volontario. Arrivano a San Salvador il 5 ottobre. Subito avviano un istituto (il Correcional) a fianco di quella che sarà la basilica nazionale della Madonna di Guadalupe, e ampliano “Il Calvario”, divenuta poi la più importante chiesa della capitale.

Questo centenario missionario è stato ricordato più in Centro America che altrove, viste le restrizioni per il Covid. Le celebrazioni ufficiali saranno nel prossimo mese di ottobre, in Guatemala e Salvador: dal 4 al 12 ottobre si svolgerà in forma straordinaria, a San Salvador, la Consulta Somasca, che vedrà riunito il governo generale con i superiori maggiori della Congregazione, con la finalità di dare maggior impulso all’impegno missionario.

Le celebrazioni non riguarderanno solo l’opera evangelizzatrice somasca in Centro America (Salvador, Honduras, Guatemala e un tentativo solo abbozzato in Panama), ma ingloberanno i successivi sviluppi missionari, in America Latina (Messico, negli anni preconciliari e Brasile e Colombia-Ecuador in epoca conciliare) e nel Nord America (apertura in Usa nel 1960). In più la data centenaria assorbe anche la memoria quarantennale dello sbarco in Asia, con l’arrivo dei primi somaschi nelle Filippine il Natale 1980. Da allora il colore asiatico è dilagato nella mappa mondiale somasca in tutti i cinque continenti: diffusione solida nelle Filippine e da lì in Indonesia e Vietnam; e poi, in India, nei primi anni ’90, che ha significato non solo presenza consolidata nel vasto continente indiano, ma anche allargamento in Sri Lanka.

Le promesse di espansione missionaria enunciate un secolo fa hanno trovato completa attuazione su scala mondiale: così da inizio millennio ci sono comunità somasche in Australia e Africa (in Mozambico e – con numeri notevoli – in Nigeria). Né vanno dimenticati i generosi e faticosi sforzi dei Somaschi di inoltrarsi nell’Est Europa (Polonia, Romania, Albania) che fanno anche della Congregazione somasca un istituto religioso plurinazionale e in espansione, a doverosa immagine della Chiesa, popolo di fede e di carità «di ogni lingua, popolo e tribù».

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