giovedì 28 novembre 2013
All’indomani della sua pubblicazione, il cardinale Wuerl parla della prima Esortazione apostolica di Bergoglio: dall’amore ai poveri alla difesa della vita, dalla tutela della libertà religiosa all’impegno per la pace, non propone un’agenda ideologica o un programma politico, ma ci indica come portare Cristo nel nostro quotidiano mettendo l’uomo al centro.
L'ESORTAZIONE APOSTOLICA «Una chiesa con le porte aperte» di Mimmo Muolo | IL TESTO INTEGRALE
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Il Vangelo "al lavoro", la fede "in azione". L’Esortazione apostolica Evangelii gaudium vista dagli Stati Uniti è una risposta alle richieste arrivate ai vescovi durante l’Anno della fede: di uno strumento di evangelizzazione chiaro, semplice e gioioso per proseguire un lavoro missionario che sta già dando frutti. Per questo il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington e relatore generale al Sinodo sulla nuova evangelizzazione dello scorso ottobre, ha subito iniziato a diffonderla nella sua arcidiocesi, nel suo blog, come «fonte di nutrimento per tutti noi mentre riflettiamo sulle sfide che la Chiesa affronta ogni giorno e sui compiti che tutti noi siamo chiamati a ricoprire nel condividere il messaggio del Vangelo».Cardinale Wuerl, l’Esortazione apostolica sollecita i cattolici ad essere missionari, un tema che lei ha affrontato lo scorso anno durante il Sinodo dei vescovi. Che cosa crede che in questo documento che possa aiutare maggiormente i vescovi a concretizzare la chiamata missionaria della Chiesa?Quello che vediamo nell’Esortazione non è un programma politico o un’agenda ideologica, ma fede in azione, Vangelo al lavoro. Papa Francesco ci sta insegnando non solo cosa dice il Vangelo, ma come viverlo: mettendo la persona davanti a tutto. E ci mostra come farlo non con preoccupazioni astratte per l’umanità, ma con esempi reali e intensamente umani. Non parla solo di povertà, ma dei bambini usati per l’accattonaggio, dei padri che lavorano nelle fabbriche clandestine, della gente che vive nell’ombra. Non parla semplicemente della pace come ideale, ma chiama i leader mondiali a scegliere il dialogo e invita tutti ad agire nel segno della pace. Il Papa vede la difesa della vita umana, della famiglia e della libertà religiosa non come compiti distinti, ma come parti della più ampia visione della fede in Gesù Cristo, della speranza in un mondo migliore e dell’amore per i deboli e i vulnerabili. Questi non sono stendardi da sventolare, o slogan da essere scanditi, ma una parte integrale della fede che si propone a tutti, a cominciare da chi vive ai margini della società e agli estremi della vita. Nell’Esortazione leggiamo che la proposta del Vangelo deve essere semplice, profonda e gioiosa. È da questa affermazione che discendono tutte le conseguenze morali. Al termine dell’Anno della fede, che progressi vede nel lavoro di evangelizzazione negli Stati Uniti?Posso parlare dal punto di vista dell’arcidiocesi di Washington, dove gli sforzi per l’evangelizzazione sono cominciati anni fa. Nel settembre 2010, ho pubblicato una lettera pastorale sulla nuova evangelizzazione che lanciava una serie di iniziative. L’idea era di aiutare i fedeli a capire di che cosa li stavamo invitando ad essere parte. Da allora abbiamo fatto molta strada. Ora l’apprezzamento della nuova evangelizzazione è molto forte e reale. Quando ho l’opportunità di visitare le parrocchie, sento sempre molte storie di iniziative di successo che hanno esteso il raggio di azione della Chiesa. Di recente l’arcidiocesi ha deciso di valutare con questionari quanto siamo efficaci nelle aree del culto, dei servizi educativi, della comunità e della gestione dei beni comuni, come un modo di misurare il rinnovamento della Chiesa. E sono emersi enormi progressi, in particolare un aumento nel numero dei giovani coinvolti nella vita della Chiesa e del tempo e delle risorse che mettono a disposizione. È un esempio di quello che intende il Papa quando dice che coinvolgere maggiormente i laici nella vita della Chiesa porta frutti. Sono emersi risultati misurabili?Tre settimane fa ho organizzato all’ultimo momento una messa per giovani professionisti di Washington e sono venuti in 500. La scorsa Pasqua abbiamo accolto 1.200 nuovi cattolici nella nostra arcidiocesi e due anni fa ho aperto un nuovo Seminario a livello universitario. Vedo questi come segni che il lavoro della nuova evangelizzazione sta avendo un impatto. E penso che vedremo ancora maggiori risultati nei mesi a venire, come risposta all’informalità, al calore e ai modi diretti del Papa nel mostrare il messaggio di Gesù. Quali sfide prevede nel continuare il lavoro di evangelizzazione?Gli ostacoli sono presenti da tempo. Quando papa Benedetto XVI è venuto negli Stati Uniti cinque anni fa, ha descritto i principali ostacoli che vedeva nella nostra società: il secolarismo, il materialismo e l’individualismo. Sono tutte cause del dilagante relativismo. Durante il Sinodo, tutti i vescovi del mondo hanno ammesso, in misura maggiore o minore, di avere questi stessi problemi. Le difficoltà dunque restano e le conosciamo. Ma stiamo imparando che non à solo la Chiesa a percepirle come impedimenti alla piena realizzazione umana. Molta gente, giovani soprattutto, ha fame di qualcosa di più profondo e più autentico, di una vita spesa al servizio di obiettivi più alti. Quest’ultimo anno ci ha ricordato che c’è fame di una proposta forte nella nostra società. Che cosa "funziona" di più per avvicinare i giovani al Vangelo?A catturare i giovani è la sincerità e l’immediatezza del Vangelo. Papa Francesco lo sa bene. Quello che ci sta mostrando non è infatti un nuovo messaggio, ma un nuovo modo offrirlo, semplicemente mescolandoci alla gente, essendo insieme alla gente. Personalmente lo trovo molto incoraggiante. Dobbiamo mantenere la concentrazione sul messaggio del Vangelo, e il Papa ci ha ricordato che non è troppo complesso. Non dobbiamo farci distrarre da questioni laterali. Quando la gente ascolta il messaggio d’amore di Dio, non ha bisogno di molto di più. Lo considera un richiamo per i sacerdoti?È molto importante per noi sacerdoti non confondere il messaggio, complicarlo tanto che poi nessuno capisce più quello che stiamo dicendo. Francesco ce lo ho ricordato. Dobbiamo partire dicendo che Dio ama ciascuno di noi e che dobbiamo abbracciarci l’un l’altro in quell’amore. In questo non ci sono confini, non ci sono limiti. Francesco ci dice: non aver paura e porta l’amore di Cristo in ogni aspetto della vita. «Va», ci dice il Papa. «Va» perché la gente sta aspettando di essere invitata nel Regno. Sono ansiosi di sentire qualcosa di grande, e tu stai per dirgli che Dio li ama. Puoi immaginare qualcosa di più bello che sentirlo e crederci e saperlo per sempre? ​​​
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