martedì 30 marzo 2010
Abusi commessi da preti: nel comunicato finale del Consiglio permanente la Cei rinnova la solidarietà al Papa e alle vittime. E rilancia l’invito alla «leale collaborazione con le autorità dello Stato». La sfida educativa, la catechesi e i «valori non negoziabili, ragione e missione dell’impegno sociale», gli altri temi del documento.
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  • «Amici dei pedofili» ci dicono. Ma noi stiamo con Cristo di Davide Rondoni
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    «Piena e affetuosa solidarietà al Papa». «Piena ed affettuosa solidarietà» al Papa. Ad esprimerla è la Cei, nel comunicato finale del Consiglio permanente (22-25 marzo), diffuso oggi e nel quale l’episcopato italiano, «si stringe intorno a Pietro, grato per la cristallina testimonianza di fede e l’appassionato magistero». «Lo sgomento, il senso di tradimento e il rimorso per ciò che è stato compiuto da alcuni ministri della Chiesa – si legge nel comunicato a proposito dei recenti episodi di pedofilia - spiegano l’atteggiamento fermo e illuminato di Benedetto XVI che, senza lasciare margini di incertezza né indulgere a minimizzazioni, invita la comunità ecclesiale ad accertare la verità dei fatti, assumendo nel caso i provvedimenti necessari». In proposito, i vescovi riaffermano «la vicinanza alle vittime di abusi e alle loro famiglie, parte vulnerata e offesa della Chiesa stessa» e «concordano sul fatto che il rigore e la trasparenza nell’applicazione delle norme processuali e penali canoniche sono la strada maestra nella ricerca della verità e non si oppongono, ma anzi convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato, a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciati». Di qui l’esigenza, confermata dall’episcopato italiano, «di un’accurata selezione dei candidati al sacerdozio, vagliandone la maturità umana e affettiva oltre che spirituale e pastorale».Celeibato non è un impedimento. «Il celibato non costituisce affatto un impedimento o una menomazione della sessualità, ma rappresenta, specialmente ai nostri giorni, una forma alternativa e umanamente arricchente di vivere la propria umanità in una radicale donazione a Cristo e alla Chiesa». Continua il comunicato finale del Consiglio permanente. «Condividendo la sensibilità» manifestata dal Papa nella lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda, i presuli ribadiscono che la pedofilia è «un crimine odioso, ma anche peccato scandalosamente grave che tradisce il patto di fiducia inscritto nel rapporto educativo», come si legge nella prolusione del card. Bagnasco. E subito dopo puntualizzano: «Il peccato di alcuni non cancella però l’abnegazione di cui danno prova tantissimi sacerdoti», e della quale «fanno esperienza quotidiana le nostre comunità, stimolate a un innovato impegno nel campo dell’educazione». Di qui la «piena fiducia e sincera gratitudine» della Cei «ai tanti sacerdoti che, al pari dei religiosi e delle religiose, si dedicano nel nascondimento e con spirito di abnegazione all’annuncio del Vangelo e all’opera educativa, costituendo spesso l’unico punto di riferimento in contesti sociali frammentati e sfilacciati». Valori non negoziabili. I «valori non negoziabili» rappresentano «la ragione e la missione dell’impegno dei cattolici nell’azione politica e sociale». Sempre citando la prolusione del card. Angelo Bagnasco, i presuli riaffermano che tali valori «non negoziabili» sono: «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». «È solo su questo fondamento – continua la prolusione del cardinale presidente – che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale, infatti, se si rifiuta o sopprime la vita, specialmente la più debole?».«Non può avere solide basi una società, che – mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace – si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata».
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