giovedì 24 aprile 2025
Il presidente del Comitato nazionale per il Cammino sinodale: ha accettato la sfida dello Spirito con il coraggio dell'esploratore che tenta di aprire vie nuove alla luce del Vangelo
Castellucci: con Francesco la Chiesa si è aperta alla sinodalità

ANSA

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Una delle cifre del magistero di papa Francesco è la sinodalità. Non ha sposato fin dall’inizio la centralità di questa dimensione, di cui infatti non parla nel documento programmatico Evangelii gaudium (24 novembre 2013), come del resto non ne aveva parlato il Vaticano II. Eppure, sia il Concilio che il magistero iniziale di papa Bergoglio ne avevano poste le grandi premesse: una Chiesa nata dalla comunione trinitaria, popolo pellegrinante in cammino verso il regno di Dio, missionario per natura, innestato pienamente nella storia, chiamato a discernere i segni dei tempi, in ascolto della voce dello Spirito dovunque si esprima. Le traiettorie conciliari, interpretate con una forza e creatività eccezionali da papa Francesco, lo portano a scolpire nel suo primo grande testo alcune parole indimenticabili, che merita riascoltare: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (Eg 49).

Ben presto comunque si è affacciata nel Papa la consapevolezza che tutte le componenti della Chiesa, per poter testimoniare Cristo, devono imparare ad ascoltarsi, ad abitare il mondo con umiltà e speranza, ad assumere metodologie di comunione e corresponsabilità: a partire dalla franchezza, di cui ci è stato innegabilmente di esempio. Così disse, a braccio, all’inizio del Sinodo straordinario sulla famiglia: «Dopo l’ultimo Concistoro, nel quale si è parlato della famiglia, un cardinale mi ha scritto dicendo: peccato che alcuni cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto del Papa, ritenendo forse che il Papa pensasse qualcosa di diverso. Questo non va bene, questo non è sinodalità, perché bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E al tempo stesso si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità» (6 ottobre 2014). Così un paio d’anni dopo Evangelii gaudium poté affermare solennemente: «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (17 ottobre 2015). Da lì in avanti, per i successivi dieci anni, la sinodalità è una nota dominante nei suoi interventi. Già al Convegno nazionale di Firenze, dopo aver detto che la Chiesa italiana si era riunita «per camminare insieme in un esempio di sinodalità», la esortò ad «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium» (10 novembre 2015).

L’insoddisfazione di papa Francesco per la modalità con la quale venivano preparati e celebrati i Sinodi generali, a suo parere poco coinvolgenti rispetto all’intero popolo di Dio, divenne esplicita nella riforma da lui emanata con la Costituzione apostolica Episcopalis communio (15 settembre 2018). In essa ricorda che i successori degli apostoli restano sempre anche discepoli; e che per esprimere la dottrina è necessario prima ascoltare in profondità il «senso di fede del popolo santo di Dio». Da questa insistenza nasce una rinnovata metodologia, praticata nel XVI Sinodo dei vescovi sulla Chiesa sinodale: un previo e prolungato ascolto, aperto a tutte le donne e gli uomini, per raccogliere «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Apoc capp. 2-3). Rispetto ai Sinodi precedenti, che ricevevano alcune migliaia di contributi complessivi, in quest’ultimo sono state ascoltate circa venti milioni di persone – e ciò nonostante il periodo segnato dal Covid-19 – e la partecipazione alle Sessioni è stata estesa, con diritto di voto, anche a non vescovi. Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia sta percorrendo la stessa rotta. Papa Francesco stesso si è dunque lasciato condurre, negli anni del suo pontificato, dalle novità e dalle istanze che il metodo sinodale via via presentava. Non sarebbe rispettoso parlare di una sua conversione sinodale, ma di una maturazione sì. Non aveva tutto chiaro fin dall’inizio: ha accettato la sfida dello Spirito, con il coraggio dell’esploratore, che non procede a caso, ma tenta di aprire sentieri nuovi alla luce del Vangelo. Una sfida certo enorme, perché da una parte è tenace e rumorosa la resistenza al cambiamento e dall’altra sono forti le pretese di chi scambia per profezie le proprie opinioni. Ma la direzione è segnata: la Chiesa non è un carrozzone immobile e nemmeno, viceversa, un treno in corsa; è appunto una synodìa, cioè una carovana e, più precisamente, «una carovana solidale» (Eg, 87): potrà rallentare, a volte incagliarsi e perdere qualche pezzo, ma non potrà tornare indietro, se alla guida c’è lo Spirito del Signore risorto.

arcivescovo, presidente del Comitato nazionale per il Cammino sinodale delle Chiese in Italia


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