In Terra Santa una luce di speranza tra le ferite della storia
Il Natale ci ricorda che Dio sceglie di abitare proprio questa storia. Ci invita a essere presenza di luce, di speranza e di pace, qui e ora

Il Natale, quest’anno, si carica di un significato ancora più profondo per chi vive in Terra Santa e per chi guarda con attenzione alle vicende di questa regione. Il racconto evangelico della nascita di Gesù, inserito da Luca nel pieno di decisioni politiche e logiche di potere, ci ricorda che la fede non è evasione, ma immersione nella realtà concreta, spesso segnata da ingiustizie e sofferenze. La Terra Santa, crocevia di popoli e di fedi, ne è testimone: qui le scelte dei potenti hanno conseguenze tangibili sulla vita di milioni di persone, e la cronaca recente lo dimostra con drammatica evidenza. Guerra, violenza, fame e devastazioni hanno segnato profondamente la regione. In particolare Gaza ha conosciuto violenza e distruzioni mai pensate e, nonostante si sia ora in una nuova fase, ancora oggi la quasi totalità delle famiglie vive tra le macerie e il futuro appare fragile e incerto. Eppure, proprio in mezzo a questa notte dell’umanità, la luce del Natale si fa spazio: incontrandoli recentemente, sono rimasto colpito dalla loro forza e dal desiderio di ricominciare, dalla capacità di gioire ancora, dalla determinazione di ricostruire la vita anche quando tutto sembra perduto. Penso che in questo momento stiano davvero vivendo un loro Natale speciale, di nuova nascita e di vita. Non si tratta di essere ingenui. Sappiamo bene che problemi sono ancora tutti sul tappeto e non si risolveranno facilmente e presto. Si tratta invece di dare voce al desiderio di vita e di rinascita, che è più forte di qualunque distruzione. È qui che il messaggio spirituale si intreccia con la cronaca: la speranza non è un’illusione, ma una forza reale che nasce dalla fede e si traduce in gesti concreti di ricostruzione e di pace. E forse è così che dovrebbe essere per tutti il Natale.
Il Natale non ci invita a fuggire dalla storia, ma a restare, a lasciarci coinvolgere, a non rimanere neutrali. Ogni gesto di riconciliazione, ogni parola che non alimenta l’odio, ogni scelta che mette al centro la dignità dell’altro diventa il luogo in cui la pace di Dio prende carne. La responsabilità della pace non riguarda solo le istituzioni o i leader politici, ma ciascuno di noi: la società civile, le autorità religiose, ogni uomo e ogni donna chiamati a essere custodi di speranza. Il contrasto evangelico tra il potere dell’Impero Romano, di cui l’imperatore Cesare Augusto è simbolo, e la fragilità di un bambino nato senza privilegi è ancora oggi attuale: mentre la storia sembra seguire la logica della forza, Dio sceglie la via della discrezione, della prossimità, della condivisione. Il senso del Natale non è un rifugio spirituale, o una fuga dal reale, ma innanzitutto una scuola di responsabilità. Ci insegna che la pienezza del tempo non è una condizione ideale da attendere, ma una realtà da accogliere e trasformare. È Cristo stesso che rende pieno il tempo, abitandolo e trasfigurandolo. In Terra Santa, questa verità risuona con forza particolare. Celebrare il Natale a Betlemme significa riconoscere che Dio ha scelto una terra reale, segnata da ferite e da attese. La santità dei luoghi convive con le ferite ancora aperte della storia. Eppure, anche tra le macerie, le lacrime e le domande senza risposta, il Bambino di Betlemme continua ad illuminare il volto di tanti: passa di cuore in cuore attraverso gesti umili, parole riconciliate, scelte quotidiane di pace. Il Natale ci ricorda che Dio sceglie di abitare proprio questa storia. Ci invita a essere presenza di luce, di speranza e di pace, qui e ora. Il Natale, allora, non è solo memoria di un evento passato, ma chiamata a vivere il presente con coraggio e speranza. La notte del mondo può essere profonda, ma non è definitiva. La luce di Betlemme non impone, ma apre cammini. Come i pastori del Vangelo, anche noi siamo chiamati a tornare alla nostra vita glorificando e lodando Dio, portando con noi ciò che abbiamo visto e udito. In questa notte santa, la Chiesa proclama che la speranza non è stata delusa. Dio è entrato nella nostra storia e non se n’è più andato. Ha scelto di abitare il tempo degli uomini perché nessuno si senta escluso, nessuna vita scartata, nessuna notte senza luce. Che il Bambino di Betlemme benedica questa terra e tutti i suoi popoli, e faccia di noi strumenti della sua pace: non spettatori, ma testimoni; non fuggitivi, ma custodi di speranza.
Pier Battista Pizzaballa è Patriarca di Gerusalemme
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