mercoledì 7 luglio 2010
Il documento dimostra come la dottrina sociale della Chiesa costituisca una chiave di lettura estremamente lucida dei nostri tempi di crisi. Per Gotti Tedeschi, però, pochi l’hanno letto davvero. E il vescovo Bregantini chiede che sia più studiato e diffuso.
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Un anno con la Caritas in veritate. La terza enciclica di Benedetto XVI – la prima del Pontefice tedesco a tema sociale – fu presentata infatti alla stampa il 7 luglio 2009 in una Sala Stampa vaticana gremita di telecamere e giornalisti, come nelle grandi occasioni. Il documento però porta la data del 29 giugno, perché, come spesso avviene per i testi pontifici, giorno di firma da parte del Papa e giorno di pubblicazione quasi mai coincidono. Era comunque atteso da tempo, poiché avrebbe dovuto coincidere con il 40° anniversario della Populorum Progressio di Paolo VI, pubblicata nel 1967. Il "ritardo" di due anni è dovuto proprio all’esplodere della crisi economica mondiale, che ha indotto Benedetto XVI a una revisione del testo, alla luce di quanto stava accadendo su scala planetaria. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Le 142 pagine del documento costituiscono una lucidissima analisi delle cause profonde della crisi e offrono – com’è nella tradizione della Dottrina sociale della Chiesa, nel cui filone questa enciclica si inserisce 18 anni dopo la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II – anche notevoli spunti di riflessione per la ricerca di adeguate soluzioni. In questo suo primo anno di vita la Caritas in veritate ha dimostrato tutte le proprie potenzialità, suscitando dibattiti e confronti in ambito economico, politico e sociale e rivelandosi come uno dei testi di magistero più incisivi degli ultimi tempi.Un’enciclica che – come è stato scritto – allarga la prospettiva della Populorum Progressio, passando dal concetto di «sviluppo dei popoli» a quello di «sviluppo umano integrale». Ma soprattutto un documento in cui appaiono fin dal titolo i due termini fondamentali del magistero di Benedetto XVI. Appunto la Carità e la Verità.
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