lunedì 8 dicembre 2014
​Il cardinale Bagnasco, nell'omelia per l'Immacolata, torna a condannare la corruzione e a dare speranza: "Gli uomini onesti, non devono scoraggiarsi e perdere la fiducia".  C'è un popolo onesto che non deve essere umiliato.
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L’onestà, “presente nel nostro popolo”, “non deve sentirsi umiliata, oscurata, negata da nessuno scandalo esistente, da nessun malaffare, per quanto evidente, palese, inaccettabile”. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, è tornato oggi a parlare di uno dei mali dell'Italia: la corruzione. Nell’omelia pronunciata questa mattina nella basilica dell’Immacolata, in occasione della grande festa mariana, ha voluto sottolineare che “è il bene che fa la storia, non il marcio. E l’onestà, gli uomini onesti, non devono mai scoraggiarsi, nessuno deve perdere la fiducia”. Parole forti. Di condanna ferma della corruzione, ma soprattutto di speranza e incoraggiamento a chi ogni giorno segue la retta coscienza e fa il suo dovere, in ogni luogo e contesto. “L’onestà di un popolo - ha sottolineato - non deve sentirsi umiliata o degradata come non esistesse. Invece esiste e quanto!”. In precedenza il cardinale aveva richiamato la sua lettera scritta al termine della visita pastorale compiuta alla diocesi di Genova ricordando di aver visto “il tanto bene toccato con mano, la gente semplice che vive con onestà tutti i giorni, nella famiglia con i propri figli con i malati”. Nell’omelia il cardinale ha anche affermato che “al fondo di violenze e ingiustizie così presenti e urlanti nel mondo sta il germe del peccato”. Per questo “dobbiamo lottare ogni giorno contro una vita segnata dagli spasmi del possesso anziché del dono gratuito”. Infatti, “dalla radice del peccato nasce la volontà di approfittarsi di denaro a qualunque costo, di sopruso a danno degli onesti, nasce la voglia di ergersi sugli altri alla ricerca del dominio per sentirsi più grandi, stoltamente e buffamente più grandi”. “Dobbiamo vivere nella verità delle cose come Dio le ha pensate - la vita, la morte, l’amore, la famiglia, la libertà, il dovere”, ha detto ancora il cardinale. Dobbiamo “proclamare sui tetti quello che pensiamo anche se si viene esposti al ridicolo e al pubblico ludibrio” e agire in questo modo, ha spiegato, “è comportarsi in sintonia con l’io migliore che è in ciascuno di noi”. Infatti, come cristiani, “non vogliamo essere necessariamente contro qualcosa ma vogliamo rappresentare qualcosa in cui crediamo, non solo come credenti, ma come persone e come cittadini della terra”. Come cristiani, ha detto il cardinale, “dobbiamo reagire, venire fuori dall’indifferenza, dal timore e dalla paura di essere giudicati, di essere contrariati, ridicolizzati, forse messi al bando”. “Dobbiamo reagire - ha ribadito con forza - è una santa dissidenza che i cristiani devono mettere in atto, non per sé ma per il bene dell’uomo”. Per il cardinale, “tocca a noi, è il nostro compito”. Non dobbiamo “scivolare via cercando che nessuno si accorga della nostra presenza e della differenza cristiana”. “Il Vangelo - ha aggiunto - è contrasto perché è amore”. Infatti, “se non è amore noi seguiamo la corrente. Avremo meno noie ma non ameremo il mondo”.
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