giovedì 13 gennaio 2022
Rettore del Collegio lombardo "San Carlo" a Roma, succede a Silvani che lascia per limiti d'età. Originario di Varese, 66 anni, prete dal 1979, è stato anche parroco e docente di religione
Monsignor Roberto Campiotti

Monsignor Roberto Campiotti - Archivio Siciliani

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Non ha annunciato un progetto pastorale ma ciò che conta davvero. «Compito della Chiesa, di ogni battezzato, di ogni ministro ordinato è testimoniare Cristo, portare Cristo all’uomo e l’uomo a Cristo», ha spiegato don Roberto Campiotti. È quanto caratterizza il suo sacerdozio. Ed è lo stile che avrà il suo ministero episcopale. Perché don Campiotti è il nuovo vescovo di Volterra. Dalla Lombardia alla Toscana, passando per Roma.

Infatti il futuro pastore, 66 anni, è prete dell’arcidiocesi di Milano ma dal 2010 si è trasferito nella Capitale per essere rettore del Collegio ecclesiastico internazionale “San Carlo Borromeo” che accoglie sacerdoti e studenti da tutto il mondo inviati dai propri vescovi per completare la formazione.

Un polo tutto ambrosiano legato fin dalle origini all’arciconfraternita dei Santi Ambrogio e Carlo sorta nel Quattrocento come riferimento per i lombardi residenti a Roma, di cui don Campiotti è primicerio e che riedificò l’attuale Basilica di San Carlo in via del Corso.

L’annuncio della nomina è stato dato ieri mattina a mezzogiorno – in contemporanea con la Sala Stampa vaticana – a Milano dall’arcivescovo Mario Delpini e a Volterra dal vescovo Alberto Silvani che lascia per raggiunti limiti di età. Nella Curia ambrosiana, di fronte al Consiglio episcopale convocato insieme con preti, dipendenti e collaboratori dell’arcidiocesi, c’era anche don Campiotti. A lui si è rivolto Delpini esprimendo «a nome di tutta la Chiesa locale il mio augurio e apprezzamento per il suo ministero» e ha aggiunto di averlo «conosciuto soprattutto quando è stato responsabile della Comunità pastorale di Sumirago, vicino al mio paese natale, e poi in questi anni a Roma».

Con la mente e le parole il futuro vescovo è tornato ai giorni in cui è diventato prete e al grande manifesto affisso in tutte le parrocchie con i ritratti dei nuovi presbiteri. «Quando nel 1979, in occasione dell’ordinazione sacerdotale, con i miei compagni abbiamo scelto come da tradizione un motto che accompagnasse il tabloid con i nostri giovani volti, abbiamo scritto: “Per dire all’uomo che Dio ha un volto” – ha affermato don Campiotti –. E questo volto è Cristo, questo volto è la Chiesa. Allora continuiamo, nelle nuove circostanze della vita, con questo programma antico ma sempre nuovo».

Originario di Varese dove è nato il 31 ottobre 1955, l’attuale rettore del Collegio “San Carlo Borromeo” è entrato nel Seminario di Milano dopo aver terminato il liceo scientifico nel 1974. Ha conseguito il baccalaureato in teologia nella Facoltà teologica dell’Italia settentrionale ed è stato ordinato prete il 16 giugno 1979. Negli anni è stato insegnante di religione alle medie e alle superiori, vicario parrocchiale a Laveno-Mombello, Milano e Cassano Magnago, fino a giungere a Sumirago dove è rimasto per quindici anni e dove è diventato il primo responsabile della nuova Comunità pastorale “San Benedetto”. Quindi l’approdo a Roma.

A Volterra il vescovo Silvani si è congedato dalla diocesi che ha guidato oltre quattordici anni. «Il primo compito di chi si ritiene cristiano – ha scritto in una lettera inviata a tutte le parrocchie che sarà letta durante le Messe domenicali – è quello di vivere questo cambiamento in un clima di preghiera interiore, calorosa, accorata».

E poi ha chiarito che l’avvicendamento è anche «occasione per ravvivare la fede e rinnovare la consapevolezza di appartenere a una Chiesa», rifuggendo la logica del «si è sempre fatto così» e vincendo la tentazione di «rimpiangere il passato» e di vivere l’esperienza ecclesiale da «spettatori».

DA SAPERE

La diocesi di Volterra si estende su 1.743 chilometri quadrati e conta circa 93.500 abitanti mentre le parrocchie sono 88. Quanto alla sua storia, secondo la tradizione riportata sul sito diocesano, i primi evangelizzatori di questa terra, inviati da papa Lino nato proprio a Volterra e Pontefice dal 67 al 76/79, furono tre fratelli oriundi delle Gallie: Carissimo, Dolcissimo e Crescenzio, «le cui reliquie sono conservate e venerate nel tempio dei Santi Patroni». Circa le vicende più recenti, Volterra perse la dipendenza diretta dalla Sede apostolica nel 1855, divenendo suffraganea di Pisa; però, con bolla «Ut primum placuit» del 10 agosto 1856 Pio IX concesse ai pastori locali il privilegio del sacro pallio alla pari degli arcivescovi metropoliti. Nel 1970 la diocesi di Volterra è “sede vacante” con un amministratore apostolico e rischia la soppressione, perché non supera tra l’altro i centomila abitanti ma con la bolla pontificia del 7 ottobre 1975 la sede viene confermata e l’amministratore apostolico, monsignor Roberto Carniello, è nominato vescovo di Volterra.

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