sabato 19 aprile 2025
Per la teologa morale, Véronique Margron, cresce il desiderio di spiritualità e comunità. Chi si avvicina alla fede lo fa perché ha bisogno anche di sostegno in un mondo difficile
Suor Véronique Margron, teologa morale

Suor Véronique Margron, teologa morale - Web

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«Non è mai tardi per battezzarsi!», ricordano i dépliant disponibili in tante chiese francesi. Un messaggio che sta raggiungendo un numero crescente di adolescenti e adulti, pronti a farsi catecumeni per ricevere Battesimo, Cresima e Comunione, dopo un percorso di un paio d’anni. Il fenomeno spiazza il pessimismo di tanti “addetti ai lavori”, rappresentando pure un segno particolarmente benvenuto in quest’Anno giubilare della Speranza, dopo il fosco capitolo della crisi degli abusi nella Chiesa francese. Fra i primi a evidenziarla, figurava una suora intellettuale divenuta un riferimento per tanti fedeli scombussolati, anche attraverso i suoi interventi e libri (in Italia, per Queriniana, è uscito Fedeltà. Infedeltà. Questione viva). La domenicana Véronique Margron, priora provinciale del proprio ordine, è una teologa morale molto apprezzata, docente in prestigiosi atenei cattolici. Dal 2016 presiede la Conferenza dei religiosi e religiose di Francia (Corref), organo che opera in dialogo con la Conferenza episcopale transalpina. Per lei, i quasi diciottomila catecumeni che in questa Pasqua 2025 arrivano al fonte battesimale, rappresentano un indizio prezioso, ancorché non facile da interpretare.

È sorpresa dal fenomeno?

I sentieri di Dio sono misteriosi. Possiamo rallegrarci di fronte a questa bella notizia. Ma non sono davvero sorpresa, perché una congiunzione di fattori spiega almeno in parte questi numeri record.

Ha osservato da vicino?

Non quanto altri. Ma sarò madrina di uno di questi catecumeni. Inoltre, diverse consorelle mi hanno parlato di quelli che loro seguono. Sembra esservi un contesto favorevole a un interrogarsi in profondità. Le questioni ecologiche, la guerra alle porte, l’incertezza crescente per l’avvenire, una certa vanità del mondo consumistico e dell’istantaneità: questi fattori, secondo me, fanno in modo che la questione spirituale, sia essa profana o religiosa, si ponga molto più. Da umani, abbiamo sempre bisogno di trascenderci e certe circostanze ce lo ricordano. Fra quanti si interrogano, una parte si orienta verso la fede cristiana e non verso tradizioni più esoteriche. Mi domando se si tratti di una riscoperta di Dio che si fa uomo. Ma mi pare che incida di più il riconoscersi in una comunità, perché nelle nostre società frammentate vi è un bisogno d’identità.

Si scorge un identikit prevalente?

Vi sono giovani e meno giovani, di condizioni molte diverse. In comune, mi pare, c’è la ricerca spirituale e il bisogno di rispondere collettivamente. C’è un bisogno di comunità e di sostegno reciproco in un mondo difficile.

L’ammiratissima rinascita della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi si è innestata in questa ricerca spirituale?

Sì, abbiamo assistito si può dire alla resurrezione di Notre-Dame, percepita come una porta di speranza, decisamente controcorrente rispetto al contesto. Per una notte, avevamo pensato tutti al collasso imminente dell’edificio, mentre oggi non è mai stato tanto bello. Ma attenzione, non credo vi si possa scorgere il simbolo di una Chiesa trionfante. Si tratta di una bellezza assoluta scaturita in mezzo al dolore.

Molti si dicono positivamente sorpresi dall’eco mondiale ricevuta dalla rinascita…

La fede si nutre anche di emozioni. In proposito, molti catecumeni raccontano che un elemento motore è stato per loro la visita di una chiesa o di un altro patrimonio religioso. Luoghi che simbolizzano raccoglimento, bellezza, pace. La fede resiste solo se contiene pure una dose d’emozione legata a valori associati a una forma di gratuità. Un popolo sterminato di decine di milioni di persone ha pregato per la rinascita di Notre-Dame.

Nel 2019, evocando la crisi degli abusi, lei descrisse una Chiesa francese «in stato d’emergenza». C’è oggi, con i catecumeni, un piccolo paradosso?

Più che di paradosso, parlerei di eventi fra loro concomitanti. Parlando con questi catecumeni, si comprende che per loro la questione dell’istituzione ecclesiale è distante anni luce. Si tratta di persone che vogliono vivere la propria fede con altri. Al contempo, non mancano credenti che continuano a criticare, dopo gli scandali, la perdita di credibilità della Chiesa. Incontro pure tanti cristiani impegnati che mi dicono di non sapere se continueranno.

Eppure, questi catecumeni si rivolgono proprio all’istituzione. Si scorge già qualche frutto del “momento di verità” legato agli abusi, come recita il titolo di un suo libro?

Difficile dirlo. Ma constato che oggi i vertici della Chiesa non si vantano per nulla dei catecumeni in aumento. Questi ultimi non vengono messi in relazione con la pastorale, ma li si interpreta come una grazia imprevista. Dunque, scorgo già almeno questo frutto prezioso, la modestia.

Esiste un arcipelago più vasto di segni positivi sulla vitalità ecclesiale?

Sì. Penso in particolare alla grande riunione dei giovani liceali della regione parigina in pellegrinaggio a Lourdes, il Frat, che ha appena battuto un record assoluto di presenze in un clima molto gioioso, con 13.500 ragazzi. Esiste dunque una gioventù cristiana che prende il testimone. Una gioventù che pare convinta e motivata, sentendosi minoritaria nella società. Ma le istituzioni devono interrogarsi su come dar loro un giusto posto.

Un certo catastrofismo sulla secolarizzazione “irreversibile” ha imboccato vicoli ciechi?

Sono stati sottovalutati, direi, i bisogni spirituali della gente. Immaginare che una società possa secolarizzarsi al punto da affidarsi per tutto alla ragione è per me un’illusione. Pura cecità. Quando perdiamo un caro, o in tante altre situazioni forti, non possiamo affidarci solo a risposte razionali.

Cosa nutre la sua speranza, sul piano personale?

La capacità che conserviamo di lottare contro ciò che sembrerebbe una fatalità. L’ho capito ancor meglio al fianco delle vittime di violenze sessuali. La speranza, per questa via, riappare quando si restaurano dei legami interpersonali. Anche nel caso dei nuovi catecumeni, tutti attori di legami umani spirituali e fecondi. Ecco cos’è per me la speranza.

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