E, ora, le parole di Monseñor – come i salvadoregni chiamano Romero -, ispirano il loro impegno per costruire un Paese più giusto, a partire dai più piccoli. Il centro culturale per ragazzi Óscar Romero – attivo da sette anni grazie al sostegno dell’associazione Romero di Milano (www.sicsal.it) – offre un’alternativa alla strada e, soprattutto, alle gang o maras, ai bimbi e adolescenti dei quartieri più poveri e violenti. Nella grande stanza affacciata sul patio, i ragazzini imparano a dipingere, a danzare, a recitare, ad amare i libri. “Cerchiamo di aprire loro orizzonti - spiega il direttore, Eberto – e di mostrargli nella pratica esperienze di convivenza pacifica”. L’opposto di quel che vedono fuori: nella periferia sono le bande a dettare legge, con la forza delle pistole. “Qui, invece, crediamo che la collaborazione sia l’unica arma vincente – racconta Veronica, la vispa bibliotecaria dai lunghi capelli neri –. Il sapere trasmesso si moltiplica, non si perde. Solo nello scambio si cresce. Questo vale per i bimbi ma anche per noi educatori. Per questo, quando acquisiamo nuove competenze, cerchiamo di insegnarcele l’un l’altro”. L’effetto moltiplicatore è sorprendente. “Questi ragazzi sono incredibili – afferma Emma Nuri Pavoni, presidente dell’associazione Romero di Milano -. Non avremmo mai pensato che sarebbero riusciti a mettere in piedi tante attività”. Per il centro, ogni anno, passano centinaia di adolescenti. Qualcuno lascia. Altri restano. I volontari continuano a lavorare. Per gettare il seme di quello “spirito critico di cittadinanza” di cui parlava Romero.
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