venerdì 29 ottobre 2021
Da oggi a domenica il Convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani dell'associazione. Il presidente nazionale illustra il programma di lavoro per il triennio
Il presidente nazionale di Ac Giuseppe Notarstefano

Il presidente nazionale di Ac Giuseppe Notarstefano - Giorgi Boato

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Tovare nuovi modi per raccontare la bellezza dell’essere cristiani. Partendo dalle domande della gente e illuminandole con la forza del Vangelo. È questo in sintesi il programma di lavoro dell’Azione Cattolica del dopo (si spera) pandemia. Che da questo pomeriggio a domenica vivrà uno dei suoi più importanti appuntamenti associativi: il Convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani sul tema: “Passiamo all’altra riva - Contemplare-Sperare-Prendersi cura”. «È l’appuntamento che di fatto dà inizio ai lavori del nuovo triennio associativo – sottolinea il presidente nazionale, Giuseppe Notarstefano – e ci permetterà di camminare in sintonia con la Chiesa italiana, come sempre».

Un cammino che ha visto proprio la settimana scorsa la celebrazione della Settimana sociale di Taranto. Possiamo parlare di un ideale passaggio del testimone con questo convegno?
Sì, in effetti abbiamo messo tra i cardini del lavoro associativo dei prossimi anni il tema della transizione ecologica che era al centro dei lavori tarantini. Ai quali abbiamo preso parte con una delegazione significativa. E c’è la volontà di mettersi al lavoro sugli spunti e le sollecitazioni che sono usciti da Taranto.

Che cosa significa dunque nel concreto il “Passare all’altra riva” del tema?
La pagina del Vangelo di Marco da cui è tratta la citazione descrive bene la traversata verso un tempo nuovo, verso la realizzazione di ciò che papa Francesco chiama «conversione ecologica globale», «un’autentica ecologia umana», «un’ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità», capace di «eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente». A noi piace molto il termine “conversione”, poiché il cambiamento non deve essere solo di natura tecnologica ma coinvolgere l’interiorità delle persone. In tal senso l’impegno associativo del dopo Taranto riguarda quell’organizzare la speranza di cui ha parlato il Papa nel suo messaggio ai delegati, citando don Tonino Bello. Ossia aprire visioni di futuro. Perciò l’immagine che ci rappresenta meglio è quella di un laboratorio dove ci si prende cura delle domande più profonde che abitano nel cuore delle persone e si sperimenta la faticosa bellezza del camminare insieme.

A proposito di cammino, come intercetta tutto questo il Sinodo della Chiesa italiana?
È sicuramente un movimento che incrocia il dinamismo del Sinodo che è anch’esso un grande cammino di conversione, un momento ecclesiale prezioso che va vissuto in continuità. Le due transizioni, sinodale ed ecologica, sono chiamate a intersecarsi. E il contributo che il laicato cattolico può offrire è quello di far sì che questa sintesi sia più equilibrata e armoniosa possibile.

Quale sarà in particolare il contributo dell’Ac?
Partire dall’ascolto e dalle domande della gente e aiutare a riscoprire la forza e la bellezza del noi, cioè della comunità. “Contemplare, sperare e prendersi cura”, le parole d’ordine del triennio, sono anche un altro modo per dire che tutta l’Ac, con gli occhi fissi su Gesù, intende rimboccarsi le maniche e ripartire insieme al Paese; fortemente incoraggiata a vivere la propria corresponsabilità associativa al servizio della Chiesa.

Qual è lo stato di salute dell’Ac oggi?
Le adesioni ci dicono che l’associazione ha tenuto complessivamente per quanto riguarda la vitalità dei giovani e degli adulti. Con la pandemia abbiamo fatto fatica per ciò che riguarda i ragazzi e i giovanissimi. Perciò bisogna ricostruire un’alleanza educativa per rilanciare la vita associativa a misura dei più piccoli, i più penalizzati nei mesi scorsi. L’Ac è comunque giovane. Nell’assemblea nazionale quasi il 40 per cento dei delegati aveva meno di 40 anni e il 70 per cento meno di 50 anni. Inoltre, girando la scorsa estate nei campi scuola ho incontrato giovani che hanno una grande voglia di vedere nell’associazione quello strumento prezioso che li può accompagnare all’incontro con le persone. Vorremmo essere forza missionaria. Ed è proprio questa la grande sfida davanti a noi.

DA SAPERE

Secondo i dati del sito ufficiale dell’Ac, i soci sono 270.753, con una maggioranza femminile di 61,7 a 38,3 per cento rispetto ai maschi. Gli adulti sono il 40 per cento (108.171), i giovani rappresentano il 19,7 per cento (53.284) più o meno equamente divisi nelle due fasce di età 15-18 (giovanissimi) e 19-30 (giovani propriamente detti), mentre l’Acr conta 109.298 aderenti (il 40,3 per cento). 37.500 i responsabili associativi, 53.300 gli educatori, 28mila i soci impegnati sul territorio, tra i quali 5.000 in politica, nel sindacato e nelle associazioni di impresa. 7.000 gli assistenti.

Sarà il presidente nazionale Giuseppe Notarstefano a introdurre venerdì pomeriggio i lavori del convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani di Azione Cattolica, alla Domus Mariae di Roma, che ha da poco ripreso la propria attività. In serata il ricordo del beato Rosario Livatino, con gli interventi di Rosy Bindi, del magistrato Francesco Minisci e di Annachiara Valle (Famiglia Cristiana). Domani ai lavori parteciperanno i presuli Erio Castellucci (Modena-Nonantola e Carpi e vicepresidente della Cei), Gualtiero Sigismondi (Orvieto-Todi e assistente generale dell’Ac); e Angelo Spinillo (Aversa e presidente della Commissione episcopale per il laicato). Domenica la presenza del segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo.

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