domenica 2 gennaio 2011
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Ritorna Assisi. Ritorna la preghiera della Pace. Venticinque anni dopo la prima, convocata da Papa Wojtyla. Per fare memoria di quel «gesto storico», ma soprattutto per «rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace». Perché «chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio».È l’annuncio dato da Benedetto XVI nel primo giorno del nuovo anno, in una piazza San Pietro gremita di gente, tra cui i membri di quella Comunità di Sant’Egidio che ogni anno, dall’87, ha mantenuto vivo lo "Spirito di Assisi". Il giorno in cui la Chiesa celebra la Giornata mondiale della Pace, in opposizione alla guerra che rappresenta sempre il «volto orrendo della storia». È un giorno in cui vuole ricordare che la pace è sempre possibile, è «anche un valore umano da realizzare sul piano sociale e politico», e che i cristiani vogliono «aiutare in particolare chi ha responsabilità di governo a camminare in modo sempre più deciso sulla via della pace». Perché la pace «non si costruisce con le armi» né con il «potere economico, politico, culturale e mediatico».Un annuncio, quello del nuovo appuntamento ad Assisi nel prossimo ottobre, che suona tanto più drammatico all’indomani dei ventuno cristiani uccisi ad Alessandria d’Egitto. Una strage che ha «profondamente colpito e addolorato» il Papa, subito informato di quanto accaduto come ha detto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi. Una strage, ha aggiunto, da cui «si vede che il disegno dell’odio non vuole dar tregua nella sua lotta omicida contro la vita delle persone e la pace. Si stanno versando fiumi di sangue innocente. È necessario l’impegno di tutti per opporsi efficacemente all’odio».È proprio a questo impegno, tra l’omelia della messa di ieri, concelebrata, tra gli altri, con i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del pontificio Consiglio della giustizia e della pace, e il successivo Angelus, che Benedetto XVI ha voluto ancora una volta richiamare. Ricordando come la libertà religiosa, minacciata da un lato «dal laicismo» e dall’altra «dal fondamentalismo», sia un «elemento imprescindibile dello Stato di diritto», proprio in quanto la religione che può offrire un contributo prezioso per la «costruzione di un ordine sociale e internazionale giusto e pacifico». Di qui, di fronte alle «minacciose tensioni del momento, di fronte specialmente alle discriminazioni, ai soprusi e alle intolleranze religiose, che oggi colpiscono in modo particolare i cristiani», il «pressante invito» a «non cedere allo sconforto e alla rassegnazione». Si tratta di un «difficile compito» per il quale «occorre l’impegno concreto e costante dei responsabili delle nazioni».Parole chiare, nelle quali, ancora secondo Lombardi «va notato soprattutto come la lettura della storia alla luce della fede coglie in profondità il rapporto fra le dimensioni che appaiono più materiali e terrene della vicenda umana e quelle morali e spirituali». E come, in questa prospettiva, la libertà religiosa è necessaria come «via alla pace». Così, ha ancora osservato Lombardi, «credere nel Dio che ha voluto condividere la nostra storia è un costante incoraggiamento ad impegnarsi in essa, anche in mezzo alle sue contraddizioni». In questa prospettiva, ha concluso ricordano «lo storico discorso» di Westminster Hall, la religione «non è "un problema da risolvere" nella vita della società, ma è parte essenziale della soluzione. Solo nell’alleanza fra ragione e fede, e non nel loro scontro, possiamo guardare con fiducia alle sfide del futuro».
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