Le monache clarisse di Kretinga, in Lituania, con padre Massimo Cocci - -
«Le monache di clausura sono circa 4.500 in Italia e 34mila nel mondo. La Giornata Pro Orantibus, che dal 1953 celebriamo ogni anno il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria al Tempio, è occasione preziosa per riconoscere il dono della loro presenza nella Chiesa e nel mondo. Sì, perché con la loro vita tutta dedita alla preghiera non si sono “chiamate fuori” ma sono inserite nel cammino dell’umanità in modo originale e fecondo. La loro è preghiera che unisce al Signore ed è preghiera di intercessione per tutti noi, è solidarietà con i nostri dolori e fatiche. E là dove si trovano in contesti di guerra o di grave instabilità politica e sociale, i monasteri diventano luogo di speranza e fiammella nel buio per chi è nella prova». Parola di padre Massimo Cocci, frate minore, rappresentante legale del Segretariato Assistenza Monache che opera in seno al Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. E che ha visto la luce nel 1953. Settant’anni fa, come la Giornata Pro Orantibus.
È il 21 novembre 1950 quando Pio XII firma la costituzione apostolica Sponsa Christi: lo muove l’affetto, la stima e la sollecitudine verso le comunità claustrali, uscite in condizioni di povertà e fatica dalle distruzioni della Seconda guerra mondiale. La Sacra Congregazione dei Religiosi se ne fa carico. «E il 12 gennaio 1953 – riprende padre Massimo – nasce il “Segretariato Assistenza Monache e Religiose inferme” per sostenere i monasteri anche sul piano materiale e contribuire alle spese mediche a cui sono chiamate le contemplative. Promotore, fondatore e primo presidente fu padre Isidoro di Sant’Elia, carmelitano scalzo. Lo stesso anno vide la luce il periodico Pro Orantibus, che diffondiamo ogni sei mesi in circa ottomila copie».
Due le iniziative promosse per la Giornata 2023, rende noto il religioso: «Domenica 3 dicembre alle 11, con diretta su Rai 1, la basilica dei Santi Quattro Coronati in Roma, accanto al monastero delle Agostiniane, ospiterà la Messa presieduta dal cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto del nostro Dicastero. Il giorno prima si terrà una giornata di studio alla quale i monasteri potranno collegarsi da remoto. Interverranno l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, che ha terminato il servizio di segretario del Dicastero; suor Giuseppina Fragasso, che per vent’anni è stata responsabile del Segretariato, al quale ha dato grande impulso e innovazione; ed io, a portare un saluto come nuovo responsabile. L’incontro, con diretta su Zoom, si terrà a Villa Nostra Signora della Meditazione, dove ospitiamo monache temporaneamente inferme o che hanno bisogno di cure in ospedali e centri specializzati di Roma – in media, dopo la pandemia, 10-15 all’anno, in maggioranza dall’Italia ma anche da altre terre, in particolare l’Africa». Missione del Segretariato «è sostenere la vita contemplativa femminile sul piano ecclesiale e culturale, farla conoscere e apprezzare, aiutare i monasteri più bisognosi. Oggi riusciamo a dare contributi economici a 120 comunità all’anno, ma le richieste sono di più. E potremo fare di più se crescerà la generosità dei fedeli. Ecco: la Giornata Pro Orantibus può essere occasione per visitare le comunità, incontrare e conoscere le monache, farci aiutare da loro a riscoprire ciò che è essenziale alla vita. A partire dal Vangelo. Io sono assistente della Federazione delle Clarisse “Santa Giacinta Marescotti” del Lazio e della Toscana, che comprende anche un monastero in Lituania e uno in Calabria. E mi incanta ogni volta vederle trasfigurarsi al cospetto del Santissimo, emanare una pace che il mondo non sa dare».
Prove e sfide, oggi, non mancano. «Nei monasteri in cui cresce il numero di sorelle anziane o malate da accudire, a volte si rischia di avere meno tempo per l’ufficio divino, con i suoi sette momenti di preghiera ogni giorno, oltre alla Messa. “Se lasciate l’orazione per assistere una sorella inferma sappiate che fare questo è servire Dio – scrisse san Vicenzo de’ Paoli –. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa”. Le comunità, finché riescono, non portano negli istituti ma tengono in casa queste sorelle per curarle con amore. Ed è una bella testimonianza: com’è bella la testimonianza delle sorelle anziane o malate che, nella sofferenza, custodiscono sempre la consapevolezza di essere spose di Cristo e donano la vita per la Chiesa e il mondo». Intanto: «non mancano comunità ricche di vocazioni, capaci di far conoscere la loro proposta di vita con incontri di preghiera, iniziative di promozione vocazionale, un uso intelligente di internet e dei social. E l’incontro personale. Ne nasce un passaparola contagioso, capace di far cadere diffidenze e incomprensioni verso la clausura».
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