sabato 22 aprile 2023
L’evento a pochi giorni dalla richiesta da parte del ministero della Cultura all’Unesco per riconoscere l’arte campanaria tradizionale quale patrimonio culturale immateriale
Un campanaro all’opera  davanti a un gruppo di spettatori.A Imola per due giorni riuniti in 400 provenienti da tutta Italia

Un campanaro all’opera davanti a un gruppo di spettatori.A Imola per due giorni riuniti in 400 provenienti da tutta Italia - .

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Per molti secoli ogni chiesa aveva un suo campanaro, quelle più importanti anche a tempo pieno, costituendo un vero e proprio mestiere, come il sacrestano, per lodare il Signore e per chiamare i fedeli alle varie funzioni liturgiche, prime fra tutte le Messe. Le campane delle chiese di paese e di campagna erano suonate dal sacerdote, da un aiutante e perfino dai chierichetti, che facevano a gara a tirare le corde. In un’epoca in cui quasi tutte le campane sono elettrificate, sono rimaste però in Italia molti gruppi e associazioni di campanari, riuniti nell’Associazione nazionale suonatori di campane, che patrocina il 61° Raduno nazionale campanari, organizzato a Imola sabato e domenica dall’Unione campanari bolognesi e dal Gruppo campanari padre Stanislao Mattei di Bologna.

Il via è stato dato sabato pomeriggio dal suono a festa delle campane della Cattedrale San Cassiano, che risalgono al 1500. Poi per tutta la giornata odierna i 400 campanari provenienti da tutta Italia e dall’estero, in particolare dalla Gran Bretagna, offriranno vari concerti di campane in alcune chiese o montate su castelli mobili nelle piazze, ognuno nella propria tecnica: alla bolognese o a sistema veronese, marchigiano, bergamasco, a tastiera ligure e carillon.

Come esempio si riporta quello dei padroni di casa, cioè il “doppio bolognese”, che nasce alla fine del XVI secolo da un’idea del musicista della cappella di San Petronio, ascoltando il suono di un piccolo carillon portato dall’imperatore Carlo V per la sua incoronazione. Sono protagoniste quattro campane di diversa dimensione e intonazione: la grossa, la mezzana, la mezzanella e la piccola, contraddistinte anche dall’onomatopeica del suono: don, dan, den, din. «Il raduno nazionale – spiega Marco Trevisani, presidente dell’Unione campanari bolognesi – è una opportunità per riunire campanari provenienti da ogni località d’Italia, per confrontarsi durante l’assemblea annuale della federazione, per sentirsi uniti durante la Messa della domenica, per trascorrere momenti conviviali insieme, per condividere una passione comune, per promuovere e tramandare la tradizione del suono manuale delle campane». Aggiunge la segretaria Alba Balboni: «Abbiamo scelto Imola perché è una città a misura d’uomo, piena di cultura e di tradizione campanara, con artigiani che fondevano campane fin dal medioevo: una delle quali datata 1344 si trova ancora nella chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna». Spiegano gli organizzatori: «Si tratta di un evento importante a pochi giorni dalla ufficializzazione da parte del ministero della Cultura della candidatura multinazionale dell’arte campanaria tradizionale per l’iscrizione a patrimonio culturale immateriale dell’Unesco».

Per l’occasione la diocesi di Imola ha esposto al pubblico, all’interno del chiostro dell’arcivescovado, anche le campane conservate nel deposito diocesano, oltre a quelle che sono già visibili, esposte al museo diocesano. Fra queste anche una campana del 1332 del fonditore Ugolino Toscoli. Commenta il vescovo di Imola Giovanni Mosciatti, nel saluto ai campanari: «Si tratta di due giorni di festa, d’incontro e di preghiera».

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