sabato 23 novembre 2019
Il presidente della Conferenza episcopale giapponese: abbiamo bisogno di slancio per l’evangelizzazione. La nostra società ha tanti problemi, soprattutto sui temi della vita
L'arcivescovo Joseph Mitsuaki Takami

L'arcivescovo Joseph Mitsuaki Takami

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Inviato in Giappone Monsignor Joseph Mitsuaki Takami, 73 anni, arcivescovo Nagasaki dal 2003, è il presidente della Conferenza episcopale giapponese che papa Francesco incontrerà nella sede della nunziatura di Tokyo subito dopo essere stato accolto sul suolo nipponico. Proviene da una famiglia discendente dei “cristiani nascosti”. E crede che i giapponesi accoglieranno con curiosità ed interesse papa Francesco, così come avvenne con Giovanni Paolo II nel 1981. Anche perché la società è «apparentemente» molto secolarizzata, indifferente alle religioni, «ci sono tanti che si dichiarano atei », ma di fatto «nel cuore di tutti c’è sempre una domanda di speranza e di felicità».

Eccellenza, con quali sentimenti chiesa giapponese e quella di Nagasaki si appresta ad accogliere il Papa?

Con entusiasmo, con gioia. E poi con grandi aspettative per il messaggio di speranza e di pace che vorrà darci. Qui a Nagasaki poi la visita del Papa ha un sapore particolare. Durante la grande persecuzione, quando i cristiani vivevano nascosti, nella loro mente il Papa era sempre presente. Non lo avevano mai visto, ma i missionari avevano insegnato loro che a Roma c’era un capo, un padre, il Papa.

Cosa vi aspettate dal Papa?

Abbiamo bisogno di un sostegno, di una spinta, per l’evangelizzazione. Di un incoraggiamento per la nostra vita cristiana. Abbiamo tanti problemi. Nella società del Giappone ci sono tanti problemi, soprattutto sui temi della vita.

In che termini?

I suicidi, ad esempio. Aumentano tra i giovani.

Succede anche nelle famiglie cattoliche?

Anche. In una misura molto inferiore, perché i cattolici capiscono che questo è un peccato molto grave, ma ci sono casi. Poi c’è la questione dell’aborto e quella della pena di morte, che è appoggiata dalla maggioranza della popolazione, forse dall’80 per cento. Poi c’è la vi- ta minacciata dai fenomeni naturali: terremoti e inondazioni, che fanno tante vittime.

A questi problemi si aggiunge il fatto che la società giapponese si sta invecchiando sempre di più.

Sì, è così. Abbiamo pochi bambini. In cinquant’anni la società giapponese rischia di sparire. Il governo cerca di contrastare questa deriva anche con aiuti finanziari. Ma il problema è di mentalità. E riguarda i Paesi sviluppati, anche l’Italia. Le coppie giovani non vogliono avere tanti bambini: zero, uno, o al massimo due, non più. Anche tra i cattolici. Su questo c’è bisogno di una educazione più profonda. Bisogna far riscoprire quanto sia gioioso avere un bambino. La malattia è l’individualismo, a mio avviso.

Il Papa interverrà sull’immoralità delle armi nucleari. Ma in Giappone è aperto il dibattito anche sull’uso civile di questa energia. Soprattutto dopo la tragedia di Fukushima. Qual è la posizione della Chiesa su questo tema?

La Conferenza episcopale giapponese è completamente contro la produzione di energia nucleare per scopi civili. Qualche mese dopo l’incidente di Fukushima abbiamo pubblicamente chiesto che vengano subito iniziate le procedure per chiudere tutte le centrali nucleari. Come sta facendo la Germania.

L’opinione pubblica che posizione ha a riguardo?

Divisa a metà, credo. Credo comunque il governo abbia il dovere di cercare di cercare altre fonti energia alternative.

Quali sono i rapporti col governo?

Non ci sono problemi, a livello istituzionale. Adesso la Costituzione garantisce la libertà completa di religione. A volte la Conferenza episcopale fa le sue critiche. E forse questo non fa una buona impressione al governo.

Ad esempio?

La questione dell’energia nucleare, come già detto. Poi il governo vorrebbe cambiare l’articolo 9 della Costituzione che proibisce al Giappone di avere un esercito regolare. La Conferenza episcopale si è espressa nettamente contro questo emendamento. E poi c’è la questione della pena di morte. Noi siamo contrari, seguendo l’insegnamento del Papa.

Come procede il dialogo interreligioso in Giappone?

Dopo il Concilio Vaticano II questo dialogo si è molto sviluppato. Qui a Nagasaki, ad esempio, ma anche a Hiroshima, gli esponenti delle principali confessioni si riuniscono regolarmente per iniziative a favore della pace, specialmente nel la ricorrenza dei bombardamenti atomici dell’agosto 1945.

La Chiesa cattolica, nonostante la sua piccolezza numerica, è molto impegnata nel campo sociale ed educativo.

Abbiamo scuole, ospedali, centri anziani. La Caritas Japan è molto attiva. A Fukushima è stata molto presente. Ma quello che facciamo lo facciamo senza usare l’etichetta “cattolica”, perché altrimenti sarebbe propaganda, proselitismo. E questo non è buono. Lo facciamo per preparare il terreno per la semina evangelica. E questo lavoro può essere lungo, prima che dia frutto.

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