Il grido dei vescovi italiani per Gaza: «Si fermi ogni violenza»
di Giacomo Gambassi inviato a Gorizia
Nella Nota approvata dal Consiglio permanente la Cei ribadisce anche la necessità che «siano liberati gli ostaggi» e appoggia la soluzione dei due Stati. Baturi andrà a Gerusalemme

«Violenza inaccettabile contro un intero popolo». «Esilio forzato della popolazione palestinese». «Inutile strage». Sono parole inequivocabili quelle che arrivano dai vescovi italiani sulla tragedia di Gaza. Contenute nella Nota approvata dal Consiglio permanente che per tre giorni si è riunito a Gorizia, la terra che racconta una riconciliazione possibile oltre gli scontri, le guerre, i nazionalismi e le ideologie. Una Nota targata Cei che è prima di tutto una «denuncia», come si legge nel testo diffuso oggi. «Perché la vicinanza della Chiesa all’uomo di ogni tempo comporta anche la denuncia di situazioni incompatibili con la sua dignità», spiega il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, nella conferenza stampa in cui presenta il documento. “Sia pace in Terra Santa!”, il titolo. «Vogliamo essere desti di fronte agli eventi della storia e critici di fronte a scelte che provocano morte e distruzione», dicono i vescovi. Da qui il grido: «Chiediamo con forza che a Gaza cessi ogni forma di violenza». L’arcivescovo Baturi cita il cardinale presidente Matteo Zuppi che aveva già puntato l’indice contro le «sofferenze ingiustificabili, intollerabili, inconcepibili» che si vivono nella Striscia.

Nel documento l’episcopato italiano parla di una popolazione «aggredita dall’offensiva dell’esercito israeliano e pressata da Hamas». Ribadisce la necessità che «siano liberati gli ostaggi». E reclama che «si rispetti il diritto umanitario internazionale». Aggiunge il segretario generale della Cei: «Nei giorni scorsi alcune delle realtà che assicurano l’assistenza alla gente anche attraverso il sostegno di Caritas Italiana e dei fondi dell’8xmile sono state bloccate per l’impossibilità di lavorare a causa dei bombardamenti in corso». I vescovi della Penisola fanno propria la «prospettiva di “due popoli, due Stati”» che «resta la via per un futuro possibile». In quest’ottica, prosegue la Nota, «sollecitiamo il Governo italiano e le Istituzioni europee a fare tutto il possibile perché terminino le ostilità e ci uniamo agli appelli della società civile». Davanti alla stampa l’arcivescovo Baturi sottolinea che «rispetto a un dramma di queste proporzioni, nessuno può dire di aver fatto tutto il possibile. Quindi occorrono ulteriori sforzi. L’orizzonte che la Santa Sede auspica è quello di riconoscere che due popoli possono convivere in sicurezza in due Stati. Però ciò sarà possibile dentro un coinvolgimento della comunità internazionale e un ripristino del diritto internazionale».
Non c’è la parola “genocidio” nel documento, osservano i giornalisti davanti al segretario generale della Cei. «Come Consiglio permanente – chiarisce l’arcivescovo – non abbiamo affrontato la questione di Gaza secondo una definizione tecnico-giuridica, ma considerando la sofferenza di un popolo che deve terminare al più presto». Certo, non basta alzare la voce. «Ci impegniamo a dare sostegno concreto a quanti pagano pesantemente le conseguenze» della guerra, spiega la Nota. Sulla scia di quanto già fatto «in più di trent’anni con i 145 progetti finanziati dalla Chiesa italiana e con il piano di aiuti per far fronte all’emergenza in corso». «La nostra mobilitazione è già in atto», prosegue Baturi che volerà a Gerusalemme «per esprimere solidarietà alla Chiesa di Terra Santa, verificare la possibilità di incrementare l’aiuto umanitario e realizzare, come già avvenuto con alcune Conferenze episcopali regionali, una prossima visita fraterna da parte di rappresentanti dell’episcopato italiano». «Andrò – aggiunge l’arcivescovo alla stampa – sapendo quanto è larga la volontà della comunità cristiana e del popolo italiano di essere accanto alla gente di Gaza».

Poi c’è l’urgenza di «pregare per la pace», evidenzia il documento. E i vescovi italiani accolgono l’invito lanciato ieri da Leone XIV, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, di pregare, ogni giorno a ottobre, “il Rosario per la pace, personalmente, in famiglia e in comunità”. «Lo faremo, in particolare, l’11 ottobre, alle ore 18, con quanti si recheranno in piazza San Pietro, per la Veglia del Giubileo della spiritualità mariana, ricordando anche l’anniversario dell’apertura del Concilio», comunicano i presuli.
Altro ambito è l’esigenza di «gesti eloquenti di prossimità con chi soffre e di riconciliazione tra le parti». Uno è l’accoglienza, come via di pace, aveva detto Zuppi nell’Introduzione di lunedì ai lavori del Consiglio permanente. «Tante violenze e umiliazioni nascono dall’assolutizzazione di sé e dalla contrapposizione tra il “nostro” e il “loro”. Invece serve riconoscersi in un “noi” che per il cristiano è l’essere tutti figli di Dio», afferma Baturi. E anticipa che sarà redatto un documento di educazione alla pace che presenterà anche alcuni “profeti di fraternità” e conterrà proposte concrete. Così la Cei fa propria l’indicazione di papa Leone che durante la prima udienza all’episcopato italiano, lo scorso giugno, aveva chiesto una pastorale specifica e di fare di ogni comunità una “casa della pace”.

La sfida, continua la Nota arrivata da Gorizia, è di diventare «costruttori di ponti, secondo l’Appello firmato» dalla Cei con le Conferenze episcopali di Slovenia e Croazia. Il riferimento è al testo che martedì sera è stato sottoscritto lungo il confine che ancora attraversa Gorizia e che è stato linea di terrore e dolore. «In questa terra ferita e oggi risorta, abbiamo portato a tutte le ferite del mondo, ben sapendo che è possibile un cambiamento», riferisce Baturi per raccontare sia l’origine della Nota sulla Striscia, sia l’Appello alla pace nel mondo. «Non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla drammatica escalation di violenza, al moltiplicarsi di atti di disumanità, all’annientamento di città e di popoli», hanno scritto i vescovi dei tre Paesi. E la risposta italiana è stata subito la presa di posizione su Gaza. Anche se, conclude il segretario generale della Cei, «quello della Chiesa italiana è un atteggiamento per la pace globale, non motivato da una situazione geopolitica: dove la gente è oppressa, noi siamo al loro fianco».
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