I compagni, i prof, la famiglia: nel mondo di Carlo Acutis
In vista della canonizzazione del giovane milanese domenica, abbiamo raccolto le voci di chi l'ha conosciuto e gli ha voluto bene. Lo stupore degli insegnanti nel vedere la folla ai funerali

Rajesh Mohur sta già preparando la borsa. Dopo anni da collaboratore domestico della famiglia Acutis, è pronto a reincontrare Carlo a Roma la prossima domenica, 7 settembre, nella piazza San Pietro gremita dalla folla dei fedeli e dei pellegrini che parteciperanno alla canonizzazione – presieduta da papa Leone XIV – del ragazzo milanese e di un altro giovane esemplare, Pier Giorgio Frassati. «Sono pieno di gioia – confessa ad Avvenire – e tutta la famiglia è felicissima: saremo in prima fila a San Pietro per goderci questo momento. Moltissimi adolescenti vedranno in lui un modello». Mohur lo ricorda quindicenne perché a quell’età, nel 2006, una leucemia fulminante ne causò la morte. Ma, per il collaboratore domestico, Carlo è ancora sinonimo di vita e gioia: «In questi giorni – continua – mi sto ricordando spesso dei pomeriggi trascorsi a studiare e giocare. A volte gli insegnavo canzoni e frasi in creolo, la lingua del mio Paese di provenienza, Mauritius. Adesso anche là avranno un nuovo santo da pregare».
Il collaboratore domestico è forse la persona che ha condiviso più tempo con Carlo. E ancora oggi abita in quella casa milanese dove lo vedeva studiare e leggere. «Tutti i giorni – racconta – lo accompagnavo a scuola e Carlo si fermava sempre in chiesa per pregare, prima di arrivare in classe. Nel pomeriggio amava anche guardare film e leggeva spesso la Bibbia». La vita di Carlo scorreva in modo solo apparentemente ordinario: lo sa bene Federico Oldani, compagno di classe di Acutis, che nell’arco di tre anni ha trascorso decine di pomeriggi nella sua stanzetta milanese. «A casa giocavamo spesso – rammenta – ma con lui capitava anche di parlare di politica o di fede già a tredici anni». Oldani oggi è un ingegnere aerospaziale e, quando ricorda Carlo, pensa sempre alle sue doti informatiche, per cui ora è definito il “patrono dell’internet”: «Alle medie leggeva testi universitari di informatica. Mi aveva prestato quei libri, ma non ero riuscito a leggere più di tre pagine». Una passione, quella per l’informatica, che Carlo già impiegava a scopi religiosi. «Un pomeriggio mi mostrò il sito in cui elencava i miracoli eucaristici – continua Oldani – ma con noi compagni di classe non faceva proselitismo. Preferiva agire con discrezione».
“Discrezione”, nella Milano in cui trascorse l’adolescenza, pare che fosse la parola d’ordine di Carlo. Tanto che neppure ai professori del liceo, il Leone XIII, spiegava quali fossero i suoi impegni extrascolastici. «Mi capitava di sorprenderlo senza che avesse fatto i compiti – racconta la professoressa di matematica Maria Capello – e lui mi rispondeva che aveva “altro da fare”». La docente non era l’unica a non sapere cosa facesse Carlo nel suo tempo libero: in molti lo compresero solo al momento del suo funerale. «Arrivai alle esequie nella sua parrocchia, Santa Maria Segreta – racconta l’insegnante delle medie Valentina Quadrio – e vidi una folla di persone senza dimora che attendevano l’inizio della Messa. Così mi feci spiegare cosa stesse succedendo e mi dissero che Carlo, da anni, metteva da parte le sue paghette per dare pasti caldi e coperte ai poveri del quartiere».
Il motivo di tanta discrezione lo spiega Antonia Salzano, la madre di Carlo. La sua non era una famiglia come le altre: il padre, Andrea Acutis, è presidente di Vittoria Assicurazioni e il nonno Carlo, omonimo, ne è ancora il proprietario. Nonostante questo – o forse proprio per questo – il ragazzo ha sempre mantenuto un «profilo basso»: «Nessuno sapeva chi fosse la sua famiglia – commenta Antonia Salzano –. Il parroco lo ha scoperto solo al momento della sua morte dalla pila di giornali che gli è arrivata sul tavolo».
L’adolescenza di Carlo, però, non è trascorsa senza sofferenze: «Era consapevole della sua fragilità – spiega la madre –. Mi ha detto molte volte che con i suoi amici faticava a parlare». Ma trovava ristoro nella preghiera: «Un giorno mi chiese: “Ma tu che ne penseresti se mi facessi sacerdote?”». Una vocazione che sarebbe stata stroncata solo dalla morte. «Carlo mi ha insegnato a farmi guidare dall’Eucarestia. Non ho vissuto la sua morte come una fine ma come una separazione».
Con lo stesso spirito, oggi, centinaia di migliaia di fedeli ogni anno raggiungono Assisi per pregare davanti alle spoglie di Acutis. «Carlo aveva l’Eucarestia come riferimento, per questo ora è un orientamento per tutti i pellegrini», commenta il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino Domenico Sorrentino. Fa eco l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini: «Carlo ci dice che siamo tutti chiamati alla santità. Per gli adolescenti è un invito a trovare la gioia di vivere».
© riproduzione riservata
Il collaboratore domestico è forse la persona che ha condiviso più tempo con Carlo. E ancora oggi abita in quella casa milanese dove lo vedeva studiare e leggere. «Tutti i giorni – racconta – lo accompagnavo a scuola e Carlo si fermava sempre in chiesa per pregare, prima di arrivare in classe. Nel pomeriggio amava anche guardare film e leggeva spesso la Bibbia». La vita di Carlo scorreva in modo solo apparentemente ordinario: lo sa bene Federico Oldani, compagno di classe di Acutis, che nell’arco di tre anni ha trascorso decine di pomeriggi nella sua stanzetta milanese. «A casa giocavamo spesso – rammenta – ma con lui capitava anche di parlare di politica o di fede già a tredici anni». Oldani oggi è un ingegnere aerospaziale e, quando ricorda Carlo, pensa sempre alle sue doti informatiche, per cui ora è definito il “patrono dell’internet”: «Alle medie leggeva testi universitari di informatica. Mi aveva prestato quei libri, ma non ero riuscito a leggere più di tre pagine». Una passione, quella per l’informatica, che Carlo già impiegava a scopi religiosi. «Un pomeriggio mi mostrò il sito in cui elencava i miracoli eucaristici – continua Oldani – ma con noi compagni di classe non faceva proselitismo. Preferiva agire con discrezione».
“Discrezione”, nella Milano in cui trascorse l’adolescenza, pare che fosse la parola d’ordine di Carlo. Tanto che neppure ai professori del liceo, il Leone XIII, spiegava quali fossero i suoi impegni extrascolastici. «Mi capitava di sorprenderlo senza che avesse fatto i compiti – racconta la professoressa di matematica Maria Capello – e lui mi rispondeva che aveva “altro da fare”». La docente non era l’unica a non sapere cosa facesse Carlo nel suo tempo libero: in molti lo compresero solo al momento del suo funerale. «Arrivai alle esequie nella sua parrocchia, Santa Maria Segreta – racconta l’insegnante delle medie Valentina Quadrio – e vidi una folla di persone senza dimora che attendevano l’inizio della Messa. Così mi feci spiegare cosa stesse succedendo e mi dissero che Carlo, da anni, metteva da parte le sue paghette per dare pasti caldi e coperte ai poveri del quartiere».
Il motivo di tanta discrezione lo spiega Antonia Salzano, la madre di Carlo. La sua non era una famiglia come le altre: il padre, Andrea Acutis, è presidente di Vittoria Assicurazioni e il nonno Carlo, omonimo, ne è ancora il proprietario. Nonostante questo – o forse proprio per questo – il ragazzo ha sempre mantenuto un «profilo basso»: «Nessuno sapeva chi fosse la sua famiglia – commenta Antonia Salzano –. Il parroco lo ha scoperto solo al momento della sua morte dalla pila di giornali che gli è arrivata sul tavolo».
L’adolescenza di Carlo, però, non è trascorsa senza sofferenze: «Era consapevole della sua fragilità – spiega la madre –. Mi ha detto molte volte che con i suoi amici faticava a parlare». Ma trovava ristoro nella preghiera: «Un giorno mi chiese: “Ma tu che ne penseresti se mi facessi sacerdote?”». Una vocazione che sarebbe stata stroncata solo dalla morte. «Carlo mi ha insegnato a farmi guidare dall’Eucarestia. Non ho vissuto la sua morte come una fine ma come una separazione».
Con lo stesso spirito, oggi, centinaia di migliaia di fedeli ogni anno raggiungono Assisi per pregare davanti alle spoglie di Acutis. «Carlo aveva l’Eucarestia come riferimento, per questo ora è un orientamento per tutti i pellegrini», commenta il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino Domenico Sorrentino. Fa eco l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini: «Carlo ci dice che siamo tutti chiamati alla santità. Per gli adolescenti è un invito a trovare la gioia di vivere».
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