Baturi: «Il compito che il Papa ci affida è costruire la pace»
Il segretario della Cei e arcivescovo di Cagliari: preoccupati per la corsa agli armamenti. Una casa per il dialogo dei cattolici in politica

«Certo che come Chiese in Italia siamo preoccupate». Il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, riprende le parole di Leone XIV consegnate ai 35 “artigiani di pace” che formano il Consiglio dei giovani del Mediterraneo voluto dalla Cei. Sono quelle in cui il Papa denuncia «la corsa agli armamenti». Anche l’Europa ha varato il suo piano di riarmo. «Siamo preoccupati, soprattutto nella misura in cui non si compiono in maniera adeguata sforzi sul versante del dialogo e della diplomazia, non si riconosce un diritto umanitario che va rispettato e non si incentiva un approccio multilaterale che deve trovare negli organismi internazionali la via giusta di progresso – spiega ad Avvenire l’arcivescovo di Cagliari –. Di fatto, si affida unicamente alle armi una protezione che invece deve contemplare la partecipazione di tutti e includere il rispetto della dignità dell’uomo. Questa è una condizione ineliminabile perché nessuna persona possa essere pedina di un progetto di potere».
Due le udienze che Leone XIV ha già concesso alla Cei in poco più di cento giorni di pontificato: la prima, a giugno, con tutto l’episcopato del Paese; la seconda, venerdì scorso, ai ragazzi che la Conferenza episcopale italiana ha radunato da tutte le sponde del Mediterraneo in un laboratorio di convivenza, spiritualità e impegno civico dopo i due Incontri dei vescovi del bacino promossi dalla Cei a Bari nel 2020 e a Firenze nel 2022. E in entrambe le udienze il Papa ha affidato alla Chiesa italiana un “mandato” di pace. «L’impegno per la pace ha vari livelli – riflette Baturi –: c’è quello della fede, per cui noi non ci stanchiamo di pregare; c’è quello della denuncia che implica far sentire la propria voce di fronte a tutto ciò che è male ed è contrario alla libertà dell’uomo e dei popoli: e come credenti non possiamo tacere; c’è un’opera di aiuto umanitario nei confronti delle comunità piegate dai conflitti, come dimostrano i molti progetti Cei finanziati con l’8xmille anche in Terra Santa o in Ucraina».
Eccellenza, quale il rapporto fra Leone XIV e la Chiesa italiana dopo quattro mesi dalla sua elezione?
Percepiamo con grande gioia un’attenzione al cammino della Chiesa italiana. E il Papa ha spiegato che intende ampliare questa attenzione. Perché, come hanno sempre ribadito anche i suoi predecessori, ci sono ragioni ecclesiali, storiche, geografiche e culturali che dicono di questo particolare legame della nostra Chiesa con il successore di Pietro, Primate d’Italia e Vescovo di Roma.
Papa Leone ha richiamato all’unità anche la Chiesa italiana. C’è bisogno di maggiore unità nella comunità ecclesiale della Penisola?
L’unità non è mai compiuta. Ed è uno di quei processi che richiede una continua riforma e una costante purificazione, dal momento che si intersecano questioni personali e dinamiche comunitarie. L’unità sollecitata dal Papa è un valore cruciale. Ed è una consegna che ci è stata fatta. Perché l’unità delle Chiese in Italia, nella pluralità delle loro storie, possa essere anche di esempio per la società civile che è chiamata a favorire un’armonia di popolo nella salvaguardia dei singoli contesti locali. Inoltre si tratta di essere scuola di pace sui territori, luogo di composizione delle ferite, spazio di riconciliazione. L’unità è una missione: vale per la Chiesa e vale per la società.
Cattolici e politica. C’è chi ipotizza una nuova profonda divisione all’interno del mondo cattolico italiano.
Non mi pare. L’impegno dei cattolici è un tema che vede anche la concorrenza di identità plurali. Bisogna però ricordare che il compito della Chiesa è duplice: da una parte, educare a un’azione che sia coerente con il Vangelo; e dall’altra, costruire, nel rispetto del pluralismo, una casa in cui sono possibili il dialogo e la convergenza massima su progetti per il bene dell’uomo e del Paese.
«Sana cooperazione con le autorità civili», ha detto Leone XIV ai vescovi italiani. Che cosa segna oggi il barometro dei rapporti fra Chiesa italiana e istituzioni?
Dipende dai temi. Da parte nostra, c’è una chiara e ampia disponibilità al dialogo. Nella fermezza, però, di alcuni principi fondamentali, come la tutela della vita dal concepimento alla sua naturale conclusione, della dignità dell’uomo, dell’accoglienza del migrante, della famiglia. E possiamo individuare anche quelli della sussidiarietà e della solidarietà. Va sempre più assimilata la lezione della Costituzione che deve essere letta anche alla luce della revisione dei Patti Lateranensi: il metodo è quello della libertà e della cooperazione, appunto.
Il governo ha annunciato misure a favore della famiglia.
Ogni scelta che rimette al centro la famiglia è decisiva. Ciò significa favorire lo sviluppo della persona, la sua aspettativa di bene e di felicità. Certo, non va dimenticato che la famiglia ha un risvolto anche “politico”: pensiamo a che cosa significhi in termini di solidarietà e welfare comunitario. Quindi investire sulla famiglia non è soltanto giusto e degno dell’uomo, ma ha anche un riverbero sociale. Perciò ogni sforzo in questo senso troverà sempre un incoraggiamento da parte della Chiesa.
Leone XIV ha rilanciato il ruolo della Chiesa italiana nel Mediterraneo nell’udienza con il Consiglio dei giovani. Che cosa attendersi?
È vero. Ci ha chiesto di continuare su questo versante. Naturalmente, serve anche l’apporto di altri: cito ciò che è scaturito dagli eventi di Bari nel 2020, di Firenze nel 2022 e di Marsiglia nel 2023. La Chiesa italiana è chiamata a custodire le peculiarità di un’esperienza che l’ha vista in prima linea, ma dentro un respiro corale che tiene conto delle proposte emerse in questi anni intorno al Mediterraneo. C’è bisogno di pensiero e azione da parte di tutti. Inoltre il Papa, citando Giorgio La Pira, ci ha ricordato che una pacifica convivenza nel Mediterraneo può avere ripercussioni positive in tutto il mondo.
Il Consiglio dei giovani lo testimonia, mostrando «che il dialogo è possibile, che le differenze sono fonte di ricchezza e non motivo di contrapposizione, che l’altro è sempre un fratello e mai un estraneo o, peggio, un nemico», ha sintetizzato Leone XIV.
Il Papa è consapevole della gravissima crisi che oggi il Mediterraneo sta attraversando, con l’orrore della guerra, la privazione della libertà, l’uso cinico delle armi e anche della fame, lo sfruttamento e le ingiustizie, le morti lungo le rotte migratorie. Ma, come ha sottolineato lo stesso Pontefice, i giovani in forza della loro fede possono farsi promotori di fraternità. Il progetto della Cei mostra in questo crinale della storia tutta la sua importanza e dice che l’amicizia, come quella nata fra i ragazzi del Consiglio, è strada verso la pace. Ai giovani spetta di essere fermento di novità nelle loro terre. E adesso lo possono fare anche forti del sostegno del Papa.
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