A Ragusa un dibattito su Dottrina sociale della Chiesa e migrazioni

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, nel centro siciliano si è tenuta una serata con Mimmo Muolo: «Anche Leone XIV ci invita a guardare non ai numeri ma alle vite umane»
July 16, 2025
A Ragusa un dibattito su Dottrina sociale della Chiesa e migrazioni
. | Un momento della serata a Ragusa promossa dalla Fondazione San Giovanni Battista. A sinistra, Mimmo Muolo; a destra, Renato Meli
Il tema “migrazioni” è una questione divisiva, nella società italiana ed europea ma spesso anche all’interno della Chiesa. L’argomento, d’altra parte, oggi è uno dei temi più complessi che esistano, perché coinvolgono dimensioni personali e comunitarie, politiche ed economiche, morali e religiose.
È particolarmente prezioso, quindi, lo sforzo di cercare di inquadrare il fenomeno alla luce dell’Insegnamento sociale della Chiesa compiuto dalla Fondazione San Giovanni Battista di Ragusa, il cui presidente, Renato Meli, ha coinvolto in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il giornalista Mimmo Muolo, già vaticanista di Avvenire.
Un’occasione per “fare ordine” nei pensieri e mettere le questioni nella giusta proporzione. «Non ci sono vite di serie A e di serie B - ha esordito il relatore - la vita di un migrante che rischia di morire in mare o nel deserto non è più importante o meno di quella del feto che rischia di essere abortito».
La prima cosa da fare, perciò, ha precisato il presidente della Fondazione Renato Meli, è quella di evitare le soluzioni semplicistiche o di liquidare il fenomeno con slogan tipo “tutti a casa loro!” o con mentalità da tifoserie contrapposte.
Meli ha fornito dati e situazioni raccolte dalla Fondazione e illustrato le attività di accoglienza messe in atto. In Sicilia sono presenti oltre 190 mila stranieri che rappresentano il 4,1% della popolazione regionale; nella provincia di Ragusa oltre 33 mila stranieri per una percentuale che supera il 10%: sono stranieri, migranti, rifugiati - ha detto Meli - ma sono anche vicini, colleghi, compagni di scuola”.
Vangelo, catechismo e Dottrina sociale per uno sguardo allargato sulle migrazioni: così Mimmo Muolo ha fissato le fonti a cui attingere, da indagare a livello personale, comunitario e politico.
«Il migrante, in quanto forestiero - ha affermato il relatore - è immagine stessa di Gesù e, per citare papa Francesco “toccare la carne del migrante è toccare Gesù”».
Parole che indicano il fondamento del dovere di accoglienza. «E se a livello personale c'è poco da discutere, se a livello comunitario, o associazionistico, il dovere di accoglienza è largamente riconosciuto e attuato, visto che il terzo settore, in tutte le sue componenti, fa miracoli da questo punto di vista, è il livello politico il vero nocciolo del problema». Chi ha responsabilità pubbliche, infatti, può decidere quale clima alimentare.
Il Catechismo aggiunge al criterio evangelico, il dovere, per le nazioni più ricche, di accogliere nella misura del possibile lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita. Ciò significa politica regolativa dei flussi migratori: in un libro di circa 10 anni fa Massimo Franco sosteneva che le migrazioni stanno cambiando il volto dell’Europa ma non sono un fenomeno da catalogare sotto la voce “emergenza” bensì da affrontare con politiche sistematiche. «Un conto - precisa Muolo - è soccorrere delle persone in mare, dovere assoluto e insopprimibile, altro garantirne la permanenza nel Paese di approdo. Non si può accogliere se non c’è possibilità di integrazione, la cui alternativa è la ghettizzazione».
Tutto ciò porta alla necessità di alimentare una seria politica della cooperazione internazionale per promuovere lo sviluppo dei Paesi poveri. Dentro questa logica di reciprocità si inserisce la necessità per chi è accolto in un Paese di rispettarne il patrimonio materiale, civile e spirituale.
Dalla Dottrina sociale, terza fonte, ci viene l’ulteriore spunto riguardo al rapporto tra immigrati e lavoro. È innegabile che i migranti in Italia rispondano a una domanda di impieghi che altrimenti resterebbe insoddisfatta, in settori e territori nei quali la manodopera locale è insufficiente. Come succede ad esempio nei lavori agricoli in provincia di Ragusa, dove, però, esistono numerosi esempi di realtà che, lontani dalle logiche di sfruttamento, hanno saputo coniugare lavoro, dignità e welfare aziendale. Allo sforzo sul territorio, però, non corrisponde una risposta politica sufficiente.
«L'appello, per ultimo anche di papa Leone XIV, è dunque a lavorare per rimuovere le radici delle ingiustizie che costringono milioni di persone a fuggire, senza cedere alla retorica della paura e della chiusura; si tratta di una questione politica. Perciò - aggiunge in conclusione Muolo - la politica non può far finta di niente o andare avanti a colpi di slogan. Servono soluzioni vere e misure concrete. Anche con un pizzico di fantasia, per aprire strade nuove, mai percorse prima. E servono anche con urgenza perché dietro ai numeri, alle tragedie, alle sofferenze ci sono milioni e milioni di esseri umani. È a loro che bisogna pensare, come ci ha ricordato il Papa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA