giovedì 18 maggio 2017
Dalle presunte visioni mariane del 1981 alle ultime parole del Papa: clima di preghiera, vocazioni. Ma anche perplessità sui sei «veggenti». Due milioni i fedeli che arrivano ogni anno
I presunti veggenti nell'aprile 1984

I presunti veggenti nell'aprile 1984

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È nelle mani di papa Francesco il dossier Medjugorje. Si tratta del «lavoro molto molto buono» – come lo stesso Bergoglio lo ha definito – della Commissione internazionale d’inchiesta sulle presunte apparizioni della Vergine che sei ragazzi (oggi adulti) affermano di vedere dal 1981 e che viene chiamata con il titolo di “Regina della pace”.

L’organismo voluto nel 2010 da Benedetto XVI e presieduto dal cardinale Camillo Ruini ha concluso il suo impegno il 14 gennaio 2014 quando ha sottoposto l’esito dell’indagine al Pontefice e alla Congregazione per la dottrina della fede. Francesco ha fatto cenno ai risultati nel volo di ritorno da Fatima rispondendo ai giornalisti.


Il Papa ha evidenziato «alcuni dubbi nella Congregazione» vaticana che hanno indotto a inviare l’intera documentazione sul “caso” ai membri del dicastero, compresi i pareri contrari al testo Ruini. Poi ha riassunto gli orientamenti proposti dalla Commissione d’inchiesta. «Sulle prime apparizioni, quando i “veggenti” erano ragazzi – ha riferito Francesco –, il rapporto più o meno dice che si deve continuare a investigare. Circa le presunte apparizioni attuali, il rapporto ha i suoi dubbi. Io personalmente sono più “cattivo”: io preferisco la Madonna madre, nostra madre, e non la Madonna capo-ufficio telegrafico che tutti i giorni invia un messaggio a tale ora… questa non è la mamma di Gesù. E queste presunte apparizioni non hanno tanto valore».

Già il cardinale prefetto Gerhard Müller aveva spiegato lo scorso marzo che «alcuni esagerano sull’importanza di questi fenomeni, come se fosse quasi un dogma ». Poi aveva chiarito che per una pronuncia ufficiale «ci vuole tempo» e che «in questo momento è più importante regolare la pastorale». Perché nella cittadina dell’Erzegovina arrivano ogni anno due milioni di persone da tutto il mondo che non si possono chiamare “pellegrini” dal momento che i pellegrinaggi diocesani sono ufficialmente vietati benché non manchino visite private, anche di autorevoli personalità ecclesiastiche.

Del resto, ha ricordato sempre papa Francesco di ritorno da Fatima, c’è molta «gente che va lì e si converte, gente che incontra Dio, che cambia vita. E questo fatto spirituale-pastorale non si può negare». Proprio come segno di attenzione al “popolo” che fa tappa sulla collina del Podbrdo va letto il mandato dell’inviato speciale del Papa a Medjugorje, l’arcivescovo polacco 74enne Henryk Hoser. La missione è iniziata a fine febbraio e si concluderà entro l’estate. Hoser non entrerà nel merito delle presunte apparizioni. Il suo incarico è prettamente «pastorale»: riguarda le «esigenze dei fedeli» e non è «contro qualcuno», ha precisato la Sala Stampa vaticana. In base a quanto appurerà il presule polacco, potranno essere «suggerite eventuali iniziative per il futuro ». Più volte è stato ipotizzato di elevare la parrocchia di San Giacomo a Medjugorje – al centro dei viaggi di credenti e non credenti – al rango di santuario con un prelato di nomina pontificia. Non è certo un mistero la tensione che contrappone i francescani presenti nella nota località e la diocesi competente con il suo pastore, che è quella di Mostar-Duvno.

Su Medjugorie la Chiesa non si è ancora espressa in modo definitivo, ma da trentasei anni il “fenomeno” interroga. Per i frutti spirituali che si toccano con mano (dalle Confessioni “di massa” alle conversioni appurate anche dalla Commissione Ruini) oppure per gli oltre 47mila messaggi – alcuni controversi – che la Madonna avrebbe inviato e continua a inviare. Per l’intenso clima di preghiera che lì si respira assieme alle oltre seicento vocazioni alla vita consacrata germogliate o per la vita “insolita” dei presunti veggenti.


Chi sono i sei «veggenti»

Nessuno dei sei ha abbracciato la vita consacrata. Sono, invece, tutti sposati. Quattro di loro vivono nella cittadina dell’Erzegovina o nei dintorni: Mirjana Dragicevic-Soldo che ha due figli; Ivanka Ivankovic-Elez, madre di tre bambini; Jakov Colo che di piccoli ne ha tre; e Vicka Ivankovic-Mijatovic, madre di due bimbi. Si muove fra l’ex Jugoslavia e gli Stati Uniti – dove risiede – Ivan Dragicevic che è sposato con un’ex Miss Massachussetts ed è stato tirato in ballo per l’attività di tour operator verso Medjugorie. Abita in Lombardia Marija Pavlovic-Lunetti che ha quattro bambini e che è finita sotto i riflettori per aver creato nella sua terra d’origine la casa d’accoglienza “Magnificat”.

Stando alle norme dell’ex Sant’Uffizio sul “discernimento di presunte apparizioni” – datate 1978 – è essenziale valutare la «sana devozione» e i «frutti spirituali abbondanti» che si rilevano. Ma anche tenere conto dell’atteggiamento dei presunti veggenti che devono avere «rettitudine della vita morale » e «docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica ». Inoltre si chiede che non vi sia una «ricerca evidente di lucro collegata strettamente al fatto». In prima istanza il “caso Medjugorje” era stato affidato a una Commissione diocesana la quale aveva ritenuto che l’evento fosse ben più ampio della competenza della diocesi e aveva passato la mano alla Conferenza episcopale locale. Risale al 1991 la “dichiarazione di Zara” in cui i presuli della Jugoslavia osservavano che «sulla base delle indagini finora condotte non è possibile affermare si tratti di fenomeni sovrannaturali».

Poi vescovi della Bosnia ed Erzegovina avevano chiesto alla Santa Sede di affrontare la situazione, anche perché in seno all’episcopato si era verificata una spaccatura. È noto che il vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric, come il suo predecessore, mantenga un giudizio negativo su Medjugorje. L’ultimo suo duro intervento è dello scorso febbraio quando sul sito diocesano ha pubblicato un testo in cui parla di «figura ambigua», «segni ingannevoli», «messaggi strani», «profezie false» e sentenzia che «la Madonna non è apparsa». Sette anni fa la scelta di papa Ratzinger di istituire presso la Congregazione per la dottrina della fede una Commissione internazionale formata di diciassette membri fra cui i cardinali Jozef Tomko, Vinko Puljic, Josip Bozanic, Julián Herranz, Angelo Amato e poi esperti in varie discipline (teologia, diritto canonico, psicologia). Papa Francesco non ha annunciato quando giungerà una decisione. Ha però fatto sapere che, una volta concluso l’incarico di Hoser, «si dirà qualche parola».

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