giovedì 19 luglio 2018
Il nunzio chiede di tornare al dialogo mentre aumentano gli attacchi contro la Chiesa cattolica
Appello del nunzio a nome di papa Francesco: tregua e dialogo
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Il nunzio apostolico in Nicaragua, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag, ha rivolto a nome di papa Francesco un forte appello a porre fine alle violenze che stanno sconvolgendo il Paese dal 18 aprile scorso, esattamente tre mesi fa, e che hanno causato oltre 360 morti.

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Le opposizioni chiedono il ripristino della democrazia e le dimissioni di Ortega che è al potere dal 2007 per il terzo mandato consecutivo e governa insieme alla moglie Rosario Murillo, che è vicepresidente.
Ne dà notizia Vatican News.

Profonda preoccupazione del Papa per la crisi in Nicaragua

“In questo tragico momento - afferma il presule in una dichiarazione diffusa dai media cattolici nicaraguensi - desidero esprimere anche a nome del Santo Padre e della Santa Sede la profonda preoccupazione per la grave situazione che si sta vivendo nel Paese. Logicamente non è accettabile pensare che i morti e le vittime della violenza possano risolvere una crisi politica e garantire un futuro di pace e prosperità in Nicaragua”.

Tornare rapidamente al dialogo

“Piangendo per tutti i morti e pregando per le loro famiglie - prosegue il nunzio - con tutte le mie forze umane e spirituali lancio un appello alle coscienze di tutti a raggiungere una tregua e consentire un rapido ritorno al tavolo del dialogo nazionale per cercare insieme una soluzione adeguata e risolvere così la crisi. Ci mettiamo tutti umilmente sotto la protezione della Beata Vergine Maria, chiedendo il suo aiuto perché guidi sempre il nostro amato Nicaragua”.

La presa di Masaya, città simbolo della resistenza

Ieri forze di polizia e paramilitari hanno preso il controllo del centro di Masaya, città a 30 chilometri da Managua, diventata il simbolo della resistenza al governo Ortega. L'operazione militare, scrive il quotidiano El Nuevo Diario, è durata oltre sette ore, in particolare nell'area della comunità indigena di Monimbo, ed ha avuto un bilancio, per un ampio uso di armi da fuoco, di almeno tre morti e numerosi feriti, secondo un’associazione locale per i diritti umani. Il numero dei morti potrebbe essere anche più alto, ma una verifica è per il momento impossibile perché non si può entrare nella città che è praticamente circondata dalle forze governative.

Crescenti aggressioni contro la Chiesa cattolica

In questa situazione, la Chiesa cattolica è sempre più bersaglio di minacce e attacchi. Il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, il 9 luglio scorso è stato aggredito, insieme al nunzio e al vescovo ausiliare di Managua Silvio Báez, da attivisti vicini al governo. Un altro vescovo, mons. Abelardo Mata, alla guida della Diocesi di Estelí, è sfuggito ad un attentato alcuni giorni fa. Nonostante la repressione e le aggressioni, i presuli nicaraguensi, su incoraggiamento del Papa, hanno deciso all’unanimità di continuare il dialogo nazionale: nello stesso tempo denunciano “la mancanza di volontà politica del governo di dialogare sinceramente e di cercare processi reali” che portino verso una democrazia”.

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