lunedì 23 febbraio 2015
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Le parole di papa Francesco lo avevano colpito al cuore e convertito già sei mesi fa, quando si curavano gli ultimi dettagli per la visita pastorale del Pontefice a Cassano all’Jonio. Era giugno inoltrato, saliva la temperatura e cresceva l’entusiasmo per l’imminente e storico arrivo. Il cammino di preparazione diocesano, assieme ai messaggi e alle riflessioni del Papa, convinsero Salvatore Loisi a sposare la sua compagna dopo venticinque anni di convivenza e una vita molto travagliata. Anzi di più. Sempre alla ricerca di qualcosa che non riusciva a trovare. E che lo ha spinto più volte fuori dalla legge, e inevitabilmente in carcere.Salvatore ha 50 anni e ormai è un ex tossicodipendente e trafficante di droga che ha culminato il suo cammino di conversione iniziato qualche anno addietro grazie all’aiuto di don Silvio Renne, parroco d’una chiesa del centro storico cassanese, e della Caritas diocesana che gli ha spalancato la porta d’una occupazione onesta e dignitosa grazie a una borsa di lavoro. Il direttore Raffaele Vidiri lo ha seguito personalmente, così come Mariella, Elena e gli altri operatori impegnati ogni giorno in Caritas. Lo stesso vescovo, Nunzio Galantino, che ha celebrato il matrimonio di Salvatore e Mercedes, la donna che gli è sempre stata al fianco e che gli ha dato un figlio col quale Salvatore ha spesso avuto un rapporto non facile proprio a causa di quei continui guai che il papà si andava a cercare e lo tenevano lontano da lui. Ieri erano assieme, sorridenti e felici, nell’Aula Paolo VI, ad ascoltare Francesco, a partecipare alla Messa l’uno al fianco dell’altro. Tutto il resto è alle spalle. Salvatore è un altro, il figlio lo sa e ne è felice. «L’eroina mi ha devastato la vita. Sono finito anche in carcere – ricorda –-e poi per una serie di vicissitudini, tra cui dieci anni dentro, nel 2007 mi sono trasferito a Cassano». Anche qui inizialmente non è stato facile. Anzi. Ma con la voglia di fare, la scoperta della fede, lui come la moglie, passo passo ce l’hanno fatta. «Lei prega più di me...», spiega Salvatore per il quale in passato sono state importanti le parole di papa Francesco sul matrimonio, assieme al senso di misericordia che trasuda dai suoi gesti, dalle preghiere, dagli appelli. Ieri, invece, a pochi metri dal palco in cui il Pontefice ribadiva l’inconciliabilità tra Gesù e il male, invitando a pentirsi pubblicamente perché è pronto il perdono, Salvatore è stato colpito un’altra volta al cuore. «Quelle parole le ho sentite dirette a me. Sembrava quasi che parlasse della mia storia». D’un uomo che ha sbagliato e ha continuato a sbagliare, ma ha anche e soprattutto cercato la forza di cambiare strada, la fortuna di trovare braccia aperte e porte spalancate. S’è pentito e ha ricominciato. Assieme a Mercedes e al loro figlio che sogna di fare il giornalista e magari comincia a essere orgoglioso di quel papà che a mezzo secolo ha ritrovato come avrebbe sempre voluto. E che qualche mese fa, quando sgobbava assieme a molti altri volontari per curare ogni dettaglio per la visita del Papa in Calabria, aveva un desiderio che sembrava irrealizzabile: «Mio figlio voglio riconquistarlo. Per adesso, comunque, mi basta che stia bene». E ne raccontava con orgoglio il cammino accademico. Ieri mattina, di fronte a Francesco e al suo ennesimo appello al pentimento e alla conversione, Salvatore sapeva benissimo che il suo "piccolo" stava bene, perché erano l’uno al fianco dell’altro. Un padre e un figlio come tanti. Felici.
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