Probabilmente la parola chiave è riconciliazione. Il Papa l’ha usata spesso durante la sua visita in Colombia. A sottolineare che un futuro di pace non può che partire dal basso. A indicare che la forza del perdono non significa dimenticare il torto subito ma fare il primo passo per superare i conflitti, anteporre il bene comune a se stessi, la speranza allo sterile e breve appagamento che viene dalla vendetta.
Un cammino non facile, per molti versi eroico, che tanti colombiani, uomini e donne, hanno saputo realizzare. Come la 61enne Pastora Mira Garcia, cui i paramilitari hanno ucciso il primo marito e due figli ma che, malgrado questo, ha trovato la forza di assistere e curare uno degli assassini di Jorge Anibal, il suo amatissimo ragazzo.
«Rendo grazie a Dio – il commosso racconto –, perché con l’aiuto della Madonna, mi ha dato la forza di assisterlo senza fargli del male ». Ma il perdono ha il volto anche di Luz Dary Landazury, pesantemente ferita da una mina assieme alla figlia neonata, e che oggi aiuta altre vittime come lei. Ha il sorriso triste di Juan Carlos Murcia Perdomo “arruolato” dalle Farc all’età di 10 anni. Il suo riscatto passa attraverso il sostegno ad altri giovani cui ha dedicato una fondazione sportiva.
Una sofferenza che in Colombia «parla » attraverso il Crocifisso mutilato di Bojayá. «Non ha più braccia e il suo corpo non c’è più – ha detto il Papa a Villavicencio – ma conserva il suo volto e con esso ci guarda e ci ama».