Una cattiva notizia (e una buona) sul cambiamento climatico e noi

Il quadro nelle grandi città è destinato a peggiorare senza interventi strutturali. Il dato positivo è che comunque la transizione ambientale procede, dai trasporti alla casa fino alle fonti d'energia
July 2, 2025
Una cattiva notizia (e una buona) sul cambiamento climatico e noi
Ansa | Turisti cercano refrigerio dal grande caldo nella fontana del Trocadero a Parigi, sotto la Tour Eiffel
La sensazione di quanto il clima sia cambiato in chi ha qualche anno in più è netta. I mesi estivi rischiano infatti di trasformarsi in una sequenza di ondate di calore. L’Istat calcola che, nell’ultimo decennio, i giorni di afa e le notti tropicali sono in netta crescita rispetto al decennio 2006-2015 con un’anomalia climatica di +19 giorni e +20 notti.
L’Italia paga oggi un prezzo pesante al riscaldamento globale. L’agricoltura perde valore aggiunto e cerca per quanto possibile di adattarsi ad un clima impazzito, l’aumento di frequenza degli eventi climatici estremi ha reso l’Italia il quinto Paese al mondo per costi da danni climatici costringendoci ad introdurre in alcune regioni l’assicurazione obbligatoria. Le grandi città metropolitane sono costrette a sviluppare piani per le ondate di calore estive. I mesi di luglio e agosto, infatti, sono diventati particolarmente a rischio per gli anziani, chi soffre di alcune patologie, o anche semplicemente vive solo, ha un reddito basso e quindi non può permettersi i condizionatori. Tutti fattori che innalzano il rischio di mortalità per il caldo. Uno studio pubblicato di recente su Nature stima in Europa 2 milioni di morti entro il 2099 con Barcellona, Roma, Napoli e Milano come le quattro città più colpite.
La cattiva notizia è che tutto questo è destinato a peggiorare se non facciamo abbastanza in fretta. La parziale buona notizia è che la transizione cammina nonostante la superficialità di alcuni slogan politici in circolazione. Per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero nel 2050 dobbiamo fare essenzialmente tre cose. Cambiare i trasporti (più ferrovia e metropolitane, mezzi pubblici elettrici, auto elettriche, elettrificazione dei porti). Cambiare il nostro modo di abitare (case nuove ad emissioni zero ed efficientamento energetico degli edifici già esistenti). Cambiare il modo di produrre energia (dalle fossili alle rinnovabili). Su quest’ultimo decisivo punto l’obiettivo intermedio del 2030 è arrivare al 40% dell’energia totale e al 65% dell’energia elettrica e Terna ha comunicato in questi giorni che l’Italia nel mese scorso è arrivata al 56%.
«Ma a che servono tutti questi sforzi se gli altri Paesi non si muovono? E allora la Cina e l’India?». Queste le obiezioni di chi non capisce che dobbiamo muoverci essenzialmente per nostro interesse, perché la transizione ridurrà le bollette di famiglie e imprese e la nostra dipendenza dai prezzi delle fonti fossili che ballano ad ogni crisi politica. Lo scorso anno il 93% della nuova capacità installata di produzione di energia nel mondo era da rinnovabili. La Cina in un solo mese con 90 GW ha installato più fotovoltaico di quanto ha fatto l’Unione Europea in un anno. E gli Stati Uniti? Le parole di Trump sul clima sono folklore ed epifenomeno perché gli Stati federali corrono e fanno sul serio. Il Texas del petrolio è tra i leader nel ricorso alle rinnovabili e in California lo scorso anno tre giorni su cinque sono stati coperti con il 100% di rinnovabili, con l’obiettivo di arrivare a un risultato strutturale per tutti i giorni, che lo Stato si prefigge di raggiungere nel 2045. Nessuno nel mondo ignora oggi che il modo meno costoso di produrre energia è dalle rinnovabili e soprattutto dal fotovoltaico. Le potenzialità ancora inesplorate sono enormi. Il sole invia sulla terra una quantità di energia 15mila volte superiore all’attuale fabbisogno energetico del pianeta.
Di cosa abbiamo bisogno dalla politica? Di pochissimo per accelerare la crescita delle rinnovabili che funziona ormai anche solo per meccanismi di mercato (è il modo meno costoso di produrre energia). Molto bene il lancio di Energy Release 2.0 con il quale un sussidio anticipa lo sconto in bolletta per le aziende che riducono la loro dipendenza energetica investendo nell’installazione di impianti da rinnovabili. Essenziale investire su trasporti ed edifici finanziando le misure sui mercati internazionali. I Btp verdi del Tesoro sono arrivati a 58 miliardi di emissione e la domanda 18 volte superiore all’offerta nell’ultima asta indica che gli investitori non cercano solo rendimenti aggiustati per il rischio ma anche impatto.
La vera posta in gioco di questa trasformazione è una rivoluzione del modo di produrre energia che sarà (già è) molto meno concentrato nelle mani di pochi e molto più diffuso e partecipato dove sempre di più non saremo consumatori passivi ma prosumer (consumatori e produttori allo stesso tempo). È ciò che con le settimane sociali di Taranto abbiamo capito lanciando l’iniziativa delle comunità energetiche rinnovabili e solidali oggi in diffusione e crescita in tutto il Paese.
La transizione ecologica in corso è una vera e propria transizione industriale e sociale che sta cambiando il nostro modo di produrre. Cambiare il modo di fare beni e servizi è una grande occasione che al contempo genera moltissimi nuovi posti di lavoro (green jobs). Dobbiamo però fare presto se vogliamo evitare che la situazione del clima peggiori ancora.

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