Povertà alimentare, a rischio oltre 6 milioni di italiani. Anche chi lavora
Azione contro la Fame presenta l'Atlante della povertà in Italia. La mancanza di una alimentazione sana ed equilibrata riguarda soprattutto le famiglie al Sud, quelle numerose o composte da stranieri e quelle a basso reddito

La difficoltà crescente è addirittura riuscire a fare due pasti equilibrati nella stessa giornata, nonostante si abbia un lavoro. L’insicurezza alimentare cresce sempre di più anche nel nostro Paese; nel 2024 infatti sono quasi 3 milioni di famiglie (l'11% del totale), pari a circa 6 milioni di persone (il 9,9% della popolazione), i nuclei che non sono riusciti a permettersi un'alimentazione sana e bilanciata. Un dato in aumento rispetto all'8,4% del 2023. Complessivamente, oltre 4 milioni di famiglie mostrano segnali di deprivazione alimentare e quasi 3 milioni non riescono ad accedere, con continuità, a un pasto adeguato dal punto di vista nutrizionale. I principali dati contenuti nell’Atlante della fame in Italia, l’analisi condotta da Azione contro la fame, presentato oggi alla Camera dei deputati, confermano che le maggiori difficoltà sono presenti nel Sud Italia, riguardano le famiglie numerose, quelle con almeno un componente stranieri e con un basso livello di istruzione.
Nel 2023, a fronte di un'incidenza media nazionale dell'8,8% di famiglie che non possono permettersi un pasto proteico almeno ogni due giorni, nel Sud la quota sale al 14,3% e supera il 10% anche nelle Isole e nel Centro. La vulnerabilità cresce ulteriormente tra le famiglie con tre o più figli minori (16,6%), tra quelle con almeno un componente straniero (14,7%) e tra i nuclei in cui la persona di riferimento ha al massimo la licenza media (11,4%). Particolarmente esposti risultano anche i giovani fino a 34 anni (10,8%). Il filo rosso che lega questi profili è soprattutto economico: bassi redditi, difficoltà ad arrivare a fine mese, arretrati nelle spese e situazioni di bassa intensità lavorativa, spesso legate a contratti instabili e poco remunerativi. È il fenomeno della povertà lavorativa, sempre più diffuso e trasversale. In questo contesto, il tradizionale 'mito del lavoro dipendente' appare ormai superato come fattore di protezione sociale: oggi anche chi è occupato può trovarsi nell'impossibilità di accedere a un'alimentazione sana e nutriente. I dati mostrano un paradosso evidente: il 78% delle famiglie che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni - e il 55,1% di quelle che dichiarano di non avere denaro sufficiente per acquistare il cibo necessario - non fanno ricorso a nessuna forma di sostegno. Un fenomeno legato probabilmente anche a stigma, a scarsa conoscenza dei servizi e alla percezione che i percorsi assistenziali non offrano una reale via d'uscita dalla povertà.
In Italia, il contrasto alla povertà alimentare si basa su una combinazione di strumenti pubblici e su una vasta rete di interventi del Terzo settore. Si stanno diffondendo modelli innovativi come empori solidali, tessere spesa e progetti integrati che uniscono assistenza alimentare, educazione nutrizionale e percorsi di inclusione socio-lavorativa. Tuttavia, prevale ancora un approccio centrato sulla distribuzione di pacchi alimentari e mense, che – pur essendo indispensabili – non affrontano le cause strutturali della povertà alimentare. Azione Contro la Fame, perciò, propone il passaggio da un approccio emergenziale a una strategia strutturale basata sui diritti e sull’autonomia delle persone. Vanno in questa direzione, ad esempio, azioni legate alla promozione di un lavoro che garantisca una vita dignitosa e l’accesso a una dieta sana, sostenendo un generale aumento dei salari in linea con il costo dei beni alimentari e favorendo il reinserimento lavorativo femminile attraverso servizi di conciliazione famiglia-lavoro, incluso l’accesso universale alle mense scolastiche.
«Con l'Atlante della Fame in Italia portiamo al centro del dibattito un fenomeno spesso invisibile, mostrando come oggi la povertà alimentare sia sempre più legata al lavoro povero e precario, che non garantisce un'alimentazione adeguata – sottolinea Giulia Carlini, Advocacy officer di Azione Contro la Fame - È necessario superare la logica emergenziale e supportare un sistema di politiche che accompagnino le persone verso l'autonomia a lungo termine. L'Atlante è il punto di partenza per un dialogo concreto che si traduca in politiche efficaci e durature per garantire il diritto al cibo a tutte e tutti».
La lotta all'insicurezza e alla povertà alimentare, aggiunge Livia Celardo, Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare (DCSW), Istat, rappresenta oggi «una sfida significativa non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nei paesi ad alto reddito. In Europa, nel 2024, il 6,8% della popolazione non ha accesso regolare a cibo sufficiente, sano e nutriente. Inoltre, a seguito dell'aumento dei prezzi dei beni alimentari, negli ultimi anni il costo della dieta sana è cresciuto di circa il 30% in Europa».
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