venerdì 27 maggio 2011
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La lunga marcia verso Milano 2012 ha preso il via martedì scorso da Roma. Alla presenza, tra gli altri, del cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, sono stati gettati i binari lungo i quali, fino al maggio del prossimo anno, correrà la macchina dei preparativi. Accanto al volumetto che ospita le catechesi di preparazione – e che ha come titolo lo stesso tema dell’Incontro, "La famiglia: il lavoro e la festa" – è stato presentato anche il sito (www.family2012.com) che ospiterà via via notizie e informazioni sull’evento. Anche "Avvenire" accompagnerà in questi mesi la preparazione dell’appuntamento mondiale sia con uno spazio fisso su questa pagina settimanale, sia con un dossier specifico sul mensile "Noi genitori & figli".  Per entrare nel clima dell’evento abbiamo chiesto a Xavier Lacroix, uno dei massimi esperti mondiali di famiglia, teologo e filosofo, docente all’Università cattolica di Lione, di aiutarci a riflettere sui temi che segneranno l’appuntamento di Milano.Professor Lacroix, come parlare oggi di lavoro e di festa in rapporto alla famiglia?Questi due temi possono essere davvero l’occasione di una riflessione importante su alcune dimensioni essenziali. In effetti, la famiglia è uno dei primi luoghi in cui si fa festa. E sono tutte feste dense di significato: anniversari, matrimoni, battesimi, prime comunioni.Non c’è un risvolto festoso anche nel quotidiano?Certo, il momento dei pasti può essere affettivamente e spiritualmente molto profondo. E il lavoro?Qui la famiglia non è solo uno dei primi luoghi di solidarietà, ma anche la prima realtà per la quale si lavora. Un grande poeta come Charles Péguy ha potuto dire: "tutto quello che si fa, lo si fa per i bambini".Oggi però molte famiglie hanno perso il lavoro oppure, all’opposto, sono costrette a confrontarsi con orari e modalità di lavoro che sottraggono tempo vitale alla cura familiare. Insomma, una conciliazione che non è mai facile.Quando si perde il lavoro, la famiglia rimane il primo luogo di solidarietà. I genitori aiutano i figli, i figli sostengono i genitori. La solidarietà familiare è più forte di quella dell’impresa e anche di quella dello Stato. Evidentemente i legami familiari non rappresentano soltanto un contratto ma una sorgente di valori. Bisogna sottolineare che questo vale però anche nell’altro senso. Quando i legami familiari si affievoliscono o si spezzano scompare anche questa primaria forma di solidarietà.Con quali effetti?Molti studi hanno mostrato come la disgregazione familiare sia la prima causa del malessere sociale. È nota la spirale: divorzio, depressione, solitudine, perdita del lavoro e della casa, vita randagia...Torniamo al rapporto famiglia-lavoro. Oggi molti uomini, ma sempre più spesso anche non poche donne, sono costretti a rimanere per giorni, ma anche per settimane lontani da casa. Quale strategie dovrebbero adottare queste famiglie, virtualmente "separate", per contenere i danni?La difficoltà è reale, non soltanto per i bambini, ma anche per il genitore che rimane solo. La genitorialità richiede indubbiamente tempo. Bisognerebbe riflettere qui sulle scelte reali di una società - impresa ma anche istituzioni pubbliche - che mette sempre e comunque al primo posto le esigenze economiche, prima anche del benessere della famiglia, anche quando si presentano come ardente difensore della stessa.In ogni caso sono sempre le famiglie a sopportare le contraddizioni di questi atteggiamenti.Quando c’è un’assenza prolungata da parte di uno dei genitori, quello che rimane a casa deve impegnarsi al massimo per valorizzare quella che potremmo chiamare presenza simbolica e che si nutre di amore coniugale e di attenzioni raddoppiate.E questo può bastare?Difficile dirlo. Certo che nulla può rimpiazzare la presenza sensibile, quotidiana, reale di uno dei genitori. E questo vale naturalmente anche per separazione e divorzio. Oggi si sono pressoché annullate le differenze tra lavoro maschile e femminile. Per qualche studioso ciò rappresenta un’ulteriore difficoltà per l’identità maschile, già così fragile. Lei è d’accordo?Nominalmente non si sono più differenze, ma in concreto esistono mestieri frequentati in maggior parte da uomini e altri che rimangono ancora oggi quasi del tutto femminili. Il problema però non è il lavoro dei genitori, ma il fatto che questo lavoro, a differenza di 30 o 40 anni fa, si svolge quasi sempre all’esterno. Più che problema d’identità parlerei di contraddizioni legate all’assenza prolungata. In una relazione equilibrata padre e madre sono in grado di rispettare i relativi ruoli. Anche se non bisogna dimenticare che funzione è più importante dei ruoli.È stato osservato che la crisi economica ha convinto molte famiglie a rivedere i propri stili di vita. Da questo punto di vista sembrerebbe quasi un’opportunità educativa...È vero. Un certo numero di famiglie è stato costretto a semplificare il proprio modo di vivere. Anche se alla base di questa trasformazione non ci sono scelte ideali, ma le difficoltà legate alla crisi economica. Eppure il fatto di liberarsi di molti beni superflui, che prima si ritenevano assolutamente necessari, è certamente un fatto positivo. Questa semplificazione del modo di vivere può risultare davvero una risorsa educativa sia all’interno della coppia, sia nei confronti dei figli.
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