sabato 20 giugno 2020
Il campione coinvolto in un incidente ieri in una delle tappe della staffetta di Obiettivo tricolore con la handbike, vicino Pienza. Ricoverato a Siena e subito operato. Un uomo che non molla
Il neurochirurgo Giuseppe Oliveri, direttore della Neurochirurgia delle Scotte, che ha effettuato l'intervento su Zanardi, parla con i giornalisti

Il neurochirurgo Giuseppe Oliveri, direttore della Neurochirurgia delle Scotte, che ha effettuato l'intervento su Zanardi, parla con i giornalisti - Ansa

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"Non ci sono particolari variazioni cliniche rispetto a stamani: le condizioni" di Alex Zanardi, operato nella notte tra venerdì e sabato dopo l'incidente vicino a Pienza, "continuano a essere stabili da un punto di vista cardiorespiratorio, è sempre ventilato meccanicamente, e restano stabili anche i parametri metabolici che danno un quadro clinico generale buono. C'è da confermare la gravità del quadro neurologico che andrà valutato la prossima settimana quando le condizioni cliniche ce lo permetteranno". Lo ha detto ai giornalisti il professor Sabino Scolletta, direttore del Dipartimento di Emergenza urgenza dell'ospedale di Siena,facendo un punto nel pomeriggio sulle condizioni dell'atleta. Zanardi è quindi "stabile ma grave sul piano neurologico".

Il medico ha poi aggiunto: Alex Zanardi "è un grande atleta e quindi da un punto di vista generale è in condizioni ottimali, quindi ben controllato, quindi per questo motivo probabilmente sta rispondendo molto bene" alle terapie. "Pensiamo positivamente, siamo fiduciosi che questo suo stato pre-trauma possa condizionare positivamente il decorso".

Interrogati dai carabinieri gli organizzatori della corsa. Il camionista ha rilasciato dichiarazioni spontanee.

Alex è come i gatti, ha sette vite, non mollare! È il grido e la preghiera accorata di tutto il mondo dello sport e dell’Italia intera (da Federica Pellegrini al premier Giuseppe Conte, in prima fila negli incoraggiamenti esplosi immediatamente via social) che è in apprensione per le sue condizioni critiche e prega per il 53enne ex pilota di Formula 1 che venerdì pomeriggio ha subito l’ennesimo gravissimo incidente della sua sfortunata carriera di atleta e di simbolo azzurro del “paralimpico”.

Un forte impatto contro un autotreno nei pressi di Pienza, sulla statale senese 146, mentre Zanardi stava partecipando alla tappa, da Sinalunga a Montalcino, della staffetta tricolore di “Obiettivo 3”, progetto di avviamento allo sport per atleti disabili. ​

Dopo 20 minuti dall’incidente l’intervento dell’elisoccorso ha trasportato Zanardi all’ospedale Le Scotte di Siena, dove è stato ricoverato in condizioni gravissime per essere subito sottoposto a un delicato intervento di neurochirurgia. Poi è stato portato in Terapia intensiva.

Fuori dall’ospedale la disperazione dei tanti tifosi, dei compagni di Nazionale di paraciclismo e del suo ct Mario Valentini che si lascia sfuggire un dettaglio importante sull’incidente: «Non ha sbagliato l’autotreno, ha sbagliato Alex, ha invaso in parte la corsia opposta». La Procura di Siena ha aperto un fascicolo acquisendo anche un video amatoriale.

Comunque sia andata, adesso siamo qui ad aspettare che il gatto Alex dia segnali di vita. Un’attesa logorante e triste dopo una giornata di luce: ma per Zanardi deve essere stato un momento accecante quello che lo ha riportato tragicamente a un passo dalla morte. Come que 15 settembre 2001, il giorno dell’incidente nel circuito tedesco di Lausitzring.

Sono già tanti i messaggi sui social di amici e ammiratori, che gli augurano una pronta guarigione. Tra i primi il premier Giuseppe Conte su twitter: "Mai ti sei arreso e con la tua straordinaria forza d'animo hai superato mille difficoltà. Forza Alex #Zanardi, non mollare. Tutta l'Italia lotta con te".

Alessandro Zanardi in gara

Alessandro Zanardi in gara - Foto d'archivio, Ansa

Zanardi, un campione: «Ho più testa che gambe»

Nella sua prima vita, fino al fatidico 15 settembre 2001 (giorno dell'incidente nel circuito tedesco di Lausitzring), per Alex Zanardi c’era spazio per la rabbia e l'orgoglio del pilota di Formula 1 costretto a ricominciare daccapo dopo aver perso le gambe. Nella “second life” zanardiana le parole ricorrenti sono due: fatica e passione. «La fatica restituisce sempre qualche cosa. Il grande sforzo di un attimo non porta a nulla. Se lungo la strada la fatica non ti regala anche piacere, allora vuol dire che stai seguendo più la tua ambizione che la tua vera passione».

Così parlava Zanardi nel docufilm “50 X Rio”. Mezz’ora di filmato adrenalinico in cui il campione che ha l’oro in bocca (e al collo) si vede dal mattino. Da quando senza protesi e senza l'aiuto di nessuno si arrampica sul lavandino del bagno per farsi la barba. Con quella marcia in più che intende trasmettere a tutti quelli che vivono la sua stessa «opportunità», sale in auto, viaggia tranquillamente come un tempo e quando il serbatoio è vuoto esce dal finestrino senza protesi fa il pieno come un benzinaio per poi per rimettersi al volante. Nulla è stato più come prima, ma lui si sente come «il gallo della storiella che mi raccontava da bambino mia nonna... Il gallo che nel cammino verso Roma trascina con sé un sacco di animali che lo accompagnano fino alla fine del suo viaggio».

Racconta la sua storia con l'ironia dei forti. «Io dico sempre che ho più gambe che testa», confida al pubblico, ai tanti "tifosi" accorsi a questo ultimo traguardo, mediatico, dopo quello tagliato alle Paralimpiadi di Rio 2016. Alle tre medaglie (due ori e un argento) di Londra 2012 ha fatto seguire un analogo tris paralimpico: oro nella cronometro e nella staffetta, argento nella prova in linea. Il tutto in sella all'handbike, «quello strano marchingegno che colpì la mia curiosità, assieme al suo padrone: quel chiacchierone lì, seduto in prima fila». Zanardi indica il suo compagno azzurro Vittorio Podestà, oro nella staffetta (con Luca Mazzone) a Rio 2016.

È grazie a Vittorio se nel 2007 è cominciata la sua seconda vita sportiva. «È iniziata all'autrogrill - racconta Podestà -. Ho visto arrivare una Bmw enorme che ha parcheggiato al posto disabili, e ho pensato: ecco il solito riccone che si approfitta. Così gli ho messo la macchina dietro e l'ho chiuso.

Non sapevo che era Alex, poi quando è sceso dall'auto ci siamo presentati e abbiamo cominciato a parlare come se ci conoscessimo da sempre». Uniti dalla stessa opportunità. Nel 2002 un incidente d'auto causò a Podestà la rottura delle vertebre dorsali e la conseguente lesione del midollo spinale.

«Con Vittorio da subito abbiamo capito di avere la stessa passione per il metallo, per la catena o il "godrone"», sorride Zanardi. Lo stesso sorriso che conserva fin da ragazzino, «quando sognavo di fare il pilota di Formula 1 e mio padre di notte mi trovò che dormivo nel go-kart e al risveglio mi disse: "Se arrivi a dormirci sopra, vuol dire che questa è la tua vera passione"».

La profezia di papà Dino (professione idraulico) si è avverata: come Alex ha messo in pratica tutti i suoi insegnamenti, a cominciare da quel primo comandamento che ha tramandato anche a suo figlio Niccolò: «Ambire ad essere una brava persona è già abbastanza». Sul grande schermo scorrono le immagini della fatica per arrivare a Rio: 20 giorni di allenamento massacrante (10 di carico e altrettanti di scarico), 400 ore passate in sella all'handbike percorrendo 7.500 km. Il sudore asciugato dalla gioia e i battiti cardiaci tenuti sotto controllo dal suo giovane trainer Francesco Chiappero di "Movimento è vita": «Alex mi ha insegnato tanto. Prima di incontrarlo avevo tante idee ma la fortuna è stato trovare lui, l'atleta perfetto».

Questo splendido cinquantenne a Rio ha dato ancora 47 secondi di distacco a gente che ha la metà dei suoi anni. Alex pedala con le sue braccia possenti, muscolose e quel busto scolpito inseguendo la Vespa ammiraglia del vulcanico ct Mario Valentini al quale l'uomo abituato alle Sfide televisive lancia la prossima. «Tu Mario hai 75 anni e allora mi sa che per arrivarti mi tocca fare almeno le prossime cinque Paralimpiadi. Per Tokyo 2020 ci siamo già capiti cosa dobbiamo fare...».

Inarrestabile, Zanardi era già pronto fino a ieri e si allenava in vista di Tokyo bis, la ripartenza olimpica postCovid del 2021. Li affronterà con lo spirito del leader riconosciuto di uno sport paralimpico che da quando "vola" in handbike ha cominciato a viaggiare a velocità superiori ai suoi 43 km orari.

«La prima volta Alex girava all'impazzata al punto che stava per fare fuori una vigilessa - ride di gusto Valentini - . La poveretta l'ha scampata per un soffio». Da quel momento in poi però è diventata dura per tutti stargli a ruota. «Se il mio passaggio, involontariamente, ha acceso qualche riflettore in più, non posso che esserne fiero. Spesso si ingigantiscono anche troppo le mie imprese, ma posso assicurarvi che tutti i miei compagni di Nazionale a volte ottengono risultati anche migliori dei miei, e non è giusto che vengano raccontati meno. In fondo non ho fatto niente di straordinario. Come recita il titolo del mio ultimo libro, Io volevo solo pedalare. Poi è arrivato tutto il resto».

Tutto il resto è quel tanto che lui chiama «il dono di una nuova opportunità per cui ringrazio sempre nostro Signore lassù». A rimetterlo in pista è stato l'amore della moglie Daniela, di sua mamma Anna e di Niccolò. A salvarlo è stata la fede che l'ha "risvegliato" (dopo sette giorni di coma) e strappato alla morte (sventando sette arresti cardiaci). «Il mio momento con Dio l'ho avuto, gli ho parlato una volta sola e mi ha ascoltato, poi non l'ho più disturbato. C'è tanta gente che ha bisogno più di me del Suo aiuto per risolvere i problemi, io posso solo ringraziarlo per ciò che è stato e per ciò che sarà». Ora siamo noi a pregare Dio perché salvi, ancora una volta, il nostro Alex.

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