venerdì 30 dicembre 2022
Sono 40-45 le coppie che dalla Ciociaria arrivano a Roma, portando l’inconfondibile suono natalizio. «Così la nostra musica si rinnova ed entra nelle case e nelle piazze della gente ancora oggi»
Zampognari per le vie della Ciociaria

Zampognari per le vie della Ciociaria - .

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Quando nelle città si sente l’inconfondibile suono che fa tanto periodo natalizio e che conosce l’apice soprattutto nella settimana che precede l’Epifania, subito si pensa agli zampognari arrivati dalla Ciociaria, con ai piedi i caratteristici calzari che hanno dato il nome a questo territorio. «Ma oramai non sono più di 40-45 le coppie di zampognari che dai primi di dicembre e fino alla befana scendono verso Roma e le città del nord», prende a raccontare Massimo Antonelli, che con altri giovani di questi paesi ha raccolto l’eredità degli avi, dando vita ad una serie di iniziative che ruotano attorno al gruppo culturale “Calamus” e che uniscono modernità e tradizione. «Gli zampognari di Picinisco, Villa Latina e San Biagio Saracinisco hanno avuto sempre la particolarità, rispetto a quelli di altre zone d’Italia, di essere grandi viaggiatori. Già a fine ‘800 li troviamo in Spagna, Francia e perfino sulla piazza Rossa di Mosca. Lo facevano spinti dalla fame: qui non c’era lavoro e allora giravano l’Italia e l’Europa con i loro strumenti, dopo aver appreso i primi rudimenti musicali da qualche compaesano».

Vicende ben documentare dal docufilm “La valle delle zampogne”, realizzato da Maurizio Agamennone, dove la valle in questione è quella di Comino, incastonata tra Lazio, Abruzzo e Molise, uno scrigno naturalistico intatto ma poco battuto dal turismo e con scarse opportunità occupazionali, tanto che i giovani hanno ripreso ad emigrare proprio come facevano i nonni verso il Canada o l’Irlanda.

Spesso con una laurea in tasca ma senza più le zampogne a tracolla. «Anche noi – riprende Antonelli – siamo nati come zampognari tradizionali e itineranti, ma poi ci siamo accorti che i tempi cambiano: oggi il tessuto sociale delle grandi città è diverso e in certi caseggiati, pieni di stranieri, neppure sanno cos’è la zampogna. Però noi abbiamo deciso di non far morire questa tradizione, provando a fare un’operazione culturale anche per sostenere il nostro territorio». Da “Calamus” ecco quindi la gemmazione di “Echi nel vento”, una rassegna itinerante di musica popolare, e di “De-Calamus”, un vero e proprio gruppo orchestrale composto da 9 musicisti e da Barbara Amodio, attrice che con il marito porta avanti anche la scommessa di un teatro a Castro dei Volsci, paese natale di Nino Manfredi. DeCalamus fa un lavoro di riscoperta, tutela e valorizzazione delle tradizioni musicali, legate anche ad altri strumenti come la ciaramella, l’organetto, l’ocarina, la chitarra battente, i flauti pastorali, i tamburi a cornice. Il repertorio, presentato in decine di concerti – dal capodanno in piazza San Pietro con Claudio Baglioni ai teatri d’oltre Oceano - spazia dai canti legati ai balli campestri alle serenate e ai canti d’amore. La zampogna resta comunque l’indiscussa protagonista, compresa quella gigante.

«Si tratta – riprende Antonelli – di una zampogna che arriva a misurare quasi 2 metri, difficile da suonare, tanto che negli anni ‘20 del secolo scorso era praticamente scomparsa. Ma un ingegnere, Marco Tomassi, di Sant’Elia, altro paese qui vicino, grazie ad una tecnologia sopraffina e a torni moderni è riuscito a riprodurla, ma senza “violentare” alcun suono». Un miracolo che il buon Tomassi nella sua zampogneria presente anche online (altro segno dei tempi) ha replicato pure con la sordellina, strumento scomparso addirittura nel ‘600 e che ha riprodotto partendo da una vecchia immagine.

Oltre a Tomassi, nella valle sono rimasti solo altri tre costruttori artigianali di zampogne, a Villa Latina: Marietto Gizzi, Sandro Marini e Fabrizio De Luca, eredi di una tradizione secolare «quando in ogni famiglia dei nostri paesi – chiosa Antonelli – c’era almeno uno zampognaro».


IL DOCUFILM “La valle delle zampogne

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