sabato 30 gennaio 2021
Per la prima volta viene cancellata un'autorizzazione a produrre e vendere armi: stop a 12.700 bombe della Rwm Italia. Le Ong: decisione storica
Luglio 2019, manifestazione davanti a Montecitorio

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L'Italia non venderà più bombe e missili alla coalizione saudita coinvolta nella sanguinosa guerra in Yemen. Nemmeno quelle degli ordini già autorizzati. La decisione definitiva del governo italiano cancella le licenze rilasciate nel 2016 dopo l’inizio del conflitto. Un atto che blocca il prossimo invio di altre 12.700 bombe da aereo. Dopo una prima sospensione di 18 mesi, presa a luglio 2019 e rinnovata di recente, è arrivata dunque la revoca definitiva. E nella stessa giornata anche gli Usa adottano una «sospensione temporanea» della vendita di armi ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, decisa dal neopresidente Joe Biden. La revoca italiana «è un atto di portata storica - esultano le ong - per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi».

A distanza di 24 ore è arrivata la replica della fabbrica di Bombe Rwm Italia Spa, con sede legale a Gedi (Brescia) e stabilimento a Domusnovas (Sud Sardegna) - controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall - che ha annunciato il ricorso contro il governo per la revoca delle licenze di esportazione verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. "Siamo di fronte ad un provvedimento ad aziendam, che di fatto colpisce duramente solo Rwm Italia", ha affermato l'amministratore delegato, Fabio Sgarzi, dopo la notifica ricevuta da UAMA della revoca delle autorizzazioni all'esportazione di bombe d'aereo rilasciate tra il 2016 e il 2018.

In ogni caso, i missili e le bombe d’aereo prodotte in Sardegna non partiranno più per rifornire i bombardieri della coalizione a guida saudita. Assieme alla cancellazione, resta in vigore anche la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi. Secondo Rete Italiana Pace e Disarmo e Opal, l’osservatorio sulle armi leggere di Brescia, il provvedimento riguarda almeno 6 diverse autorizzazioni, già sospese a luglio 2019, tra le quali la licenza del ministero degli Affari esteri 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016, durante il Governo Renzi (che ieri è diventata un caso politico), relativa a quasi 20 mila bombe aeree della serie MK del valore di oltre 411 milioni di euro.

Il rapporto del Gruppo di esperti delle Nazioni Unite, consegnato al Consiglio di Sicurezza nel gennaio del 2017, aveva dichiarato che i bombardamenti della coalizione a guida saudita «possono costituire crimini di guerra». Anche Parlamento Europeo a settembre 2020 aveva approvato ad ampia maggioranza una Risoluzione che, condannando le azioni di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, invitava l’Alto rappresentante ad «avviare un processo finalizzato ad un embargo dell’Ue sulle armi» verso gli stessi Paesi.

L'esportazione a paesi in guerra è vietata dalla legge 185 del 1990 sull'export bellico. Una denuncia - che ipotizza i reati di abuso di ufficio da parte di Uama, autorità responsabile delle autorizzazioni presso la Farnesina, e di omicidio colposo da parte di Rwm Italia - è al vaglio in questi giorni presso il Giudice delle indagini preliminari della Procura di Roma, depositata da tre ong: l'italiana Rete Pace e Disarmo, l'European Center for Constitutional and Human Right (Ecchr) di Berlino e la yemenita Mwatana for Human Rights, che ha raccolto testimonianze e prove (frammenti di bombe e un anello di sospensione con numero di serie della produzione RWM Italia) sul luogo di un bombardamento che nel 2016 massacrò una famiglia di sei persone, i genitori e quattro bambini, di un villaggio yemenita.

Esulta l’ampio cartello di organizzazioni che da anni si batte per il blocco dell’export verso un paese in guerra. «Grande soddisfazione» è il commento corale di Amnesty International Italia, Comitato riconversione Rwm , Fondazione Finanza Etica, Medici Senza Frontiere, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Save the Children, insieme a Ecchr e Mwatana. «Una decisione che pone fine una volta per tutte - dichiarano - alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria nel Paese». Plauso anche da Sardegna Pulita e DonneAmbienteSardegna, che hanno proposto di un progetto per la riconversione della fabbrica Rwm in un centro regionale caseario di eccellenza.

Ma è anche un atto, sostengono le ong, «che permette all’Italia di essere più autorevole sul piano diplomatico nella richiesta di una soluzione politica al conflitto». Le organizzazioni della società civile ringraziano «i membri del Parlamento ed in particolare della commissione Esteri della Camera, che hanno dedicato attenzione a questo tema». Il 22 dicembre 2020 la commissione Esteri approvava infatti la risoluzione, a prima firma di Yana Chiara Ehm (M5s) e Lia Quartapelle Procopio (Pd), che oltre a prolungare la sospensione chiedeva di «adottare gli atti necessari per revocare le licenze in essere». Quanto cioè avvenuto ieri.

Un ringraziamento le ong lo indirizzano anche al governo «per la rapidità e la fermezza con cui ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare». Ora, incalzano, «è fondamentale continuare a lavorare congiuntamente per mantenere alta l’attenzione e allargare la sospensione a tutte le categorie di armamento e verso tutti i membri della coalizione a guida saudita, proposta prospettata dalla stessa Risoluzione parlamentare del dicembre 2020. «Grande soddisfazione» è il commento anche della Comunità Papa Giovanni XXIII per la decisione del governo dichiara il presidente Giovanni Paolo Ramonda.


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