mercoledì 15 luglio 2015
Inviata la relazione ufficiale del governo italiano alla Commissione europea. Complessivamente sono state effettuate 33.600 ispezioni in tutta Italia, che hanno permesso di dichiarare «indenne» l’intero territorio.
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​Il sipario va alzandosi. E la scena via via è sconfortante. Che nemmeno il 2 per cento (quasi l’1,8) del campione degli ulivi salentini analizzati sia risultato positivo alla Xylella ha dovuto adesso metterlo nero su bianco il governo italiano, nella sua relazione ufficiale consegnata una settimana fa alla Commissione europea. Eppure annota anche «la notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria, unica per la sua specificità» e, addirittura, una «situazione di emergenza che, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari».Passo indietro e proviamo a mettere in fila i fatti. Nella sua “Relazione sullo stato di attuazione delle misure di contrasto alla Xylella fastidiosa in Italia”, datata 6 luglio 2015, il ministero per le Politiche agricole certifica che dall’ottobre 2014 al giugno scorso sono stati effettuati 26.755 analisi campionarie su piante in provincia di Lecce e a Oria (Brindisi), l’87 per cento delle quali su ulivi, il resto su mandorli, oleandri e viti. E tra quelle piante esaminate, 23.867 non mostravano sintomi di contagio da Xylella. Risultati? La positività è stata riscontrata in 612, la negatività in 24.381.A proposito, annota poi il ministero che «complessivamente in tutta Italia sono state portate a termine quasi 33.600 ispezioni» e «si può dichiarare l’intero territorio italiano ufficialmente indenne da Xylella, a eccezione delle aree delimitate delle Province di Lecce e Brindisi».Così adesso si spiega un certo, crescente, malumore a Bruxelles e la richiesta, che stanno mettendo a punto in Commissione, di (dettagliati) chiarimenti sull’intera faccenda. Là qualcuno non pensa certo, almeno a stretto giro, di farlo sapere ufficialmente, ma comincia a sentirsi preso in giro. E non solamente per questi numeri. Perché, ad esempio, fin dal maggio scorso l’esito delle analisi effettuate su cinque dei sette ulivi tagliati a Oria il 13 aprile (perché «infetti») era risultato sorprendente: solamente due avevano tracce di Xylella e solamente sulle fronde. E allora, proprio sulla base di queste analisi, a Bruxelles ci si chiede quale senso avesse spedire a far diventare legna da ardere altri quarantacinque ulivi sempre di Oria. Poi, caso Oria a parte, l’Ue si domanda soprattutto perché si sia parlato d’epidemia, di milioni di ulivi da tagliare e di catastrofe agricola. Perché, insomma, il governo italiano descriva, appunto, una «situazione di emergenza non fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari».La domanda ovviamente resta tutta: cosa sta disseccando parecchi ulivi salentini? Visto pure che sempre il nostro governo e sempre nella sua Relazione mette nero su bianco che è stata «esclusa qualsiasi forma inquinante del terreno e dell’ambiente» a fronte del «quadro sintomatologico fitosanitario alquanto complesso tale da definire un nuovo temine tecnico “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo”».Domani sera, intanto, a Oria ci sarà la fiaccolata "Fuori la mafia della Xylella dallo Stato", organizzata dal comitato #difendiAMOgliulivi, per il quale «la responsabilità della devastazione del patrimonio olivetato compiuta a Oria ricade sulla Commissione Tecnica Regionale», che «agisce sulla base di teorie e ipotesi scientifiche senza tuttavia aver mai prodotto alcuna pubblicazione ufficiale riguardante il ceppo pugliese del batterio Xylella, l’eventuale patogenicità dello stesso ed una diagnosi che consideri tutti i fattori inerenti al “complesso del disseccamento rapido degli olivi”».Mentre infine la Procura leccese ha chiesto altri sei mesi di proroga per le sue indagini, sembra che la partita politico-istituzionale sulla Xylella si stia invece giocando proprio in queste settimane, se non in questi giorni. Tant’è che il commissario europeo per la Salute, Vytenis Andriukaitis, lunedì prossimo verrà qui in Salento a vedere la situazione. Ma lo hanno già “blindato”: ad ora le autorità italiane non hanno permesso alla Ong “Peacelink” (accreditata a Bruxelles) e neanche ai comitati locali d’incontrarlo. Chissà perché.
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