mercoledì 20 ottobre 2021
Madia (Pd): «Ragionevole entro la legislatura, nessuna forza politica ha messo veto». Il dem Viscomi: «Si inizi a sperimentare in piccoli comuni». Anghelè (The Good Lobby): «Più soluzioni possibili»
I manifestanti a Piazza Santi Apostoli per il diritto di votare fuori sede

I manifestanti a Piazza Santi Apostoli per il diritto di votare fuori sede - Gianluca Carini

COMMENTA E CONDIVIDI

«Ho ventidue anni e non ho mai votato». Nelle parole di Camilla, cagliaritana a Bologna per l'università, c'è tutta una generazione di fuori sede che chiede di esercitare il diritto-dovere al voto lontano da casa. Per questo hanno deciso di trovarsi a Piazza Santi Apostoli, a Roma: sono una quarantina di varie liste universitarie, collettivi, della galassia radicale. Molti sono venuti apposta da Bologna, Brescia, Milano. In comune hanno il fatto di essere giovani, anche se la loro proposta riguarda tutti.

Giorgia Sorrentino, dottoranda calabrese e parte del collettivo Peppe Valarioti, lo sa bene: «È vero che ci sono le riduzioni di prezzo, ma ci sono studenti che devono fare ore di pullman, magari in periodo di esami, o lavoratori che non possono tornare il week end per votare».

In Parlamento ci sono diverse soluzioni allo studio, da varie forze politiche: tra queste, una proposta di legge sul voto in prefettura (a firma Giuseppe Brescia del M5s), un'altra su quello per corrispondenza con sperimentazione del voto elettronico (avanzata da Marianna Madia del Pd). A maggio però, è arrivato uno stop del ministero dell'Interno che ha rilevato "problemi insormontabili" sulla possibilità per i fuori sede di votare, a distanza, nelle prefetture delle città dove sono domiciliati.

Passa dalla manifestazione per dare il suo sostegno proprio Marianna Madia, che ci dice: «Ci si può attendere una legge sul tema entro la fine della legislatura perché il lavoro di approfondimento è già stato fatto. Nessuna forza ha messo le barricate. Quello del ministero dell'Interno non è uno stop definitivo». Il collega di partito - e capogruppo dem in commissione Lavoro alla Camera - Antonio Viscomi propone di iniziare a «sperimentare in piccoli e medi comuni», ma è meno ottimista sul fatto che si possa trovare una soluzione entro la legislatura, anche se «sarebbe utile, visto il consenso tra le diverse forze in questa fase». Per Giovanni Lattanzi, (commissione di garanzia del Pd), «le prefetture possono essere un mezzo, ma l'obiettivo è il voto online, che dà anche esiti in tempi rapidi, non come quello che abbiamo visto alle amministrative di Roma».

Lorenzo Mineo (Democrazia radicale) punta invece sulla via giudiziale: «Come associazione stiamo studiando un ricorso al comitato dei diritti umani dell'Onu sul tema». Federico Anghelè di Good Lobby guarda al grande astensionismo delle ultime elezioni: «Molti non hanno votato perché vivono in un'altra città. Questa non è la panacea, ma può essere un inizio. Come associazione noi siamo "laici" sulle soluzioni». Un paradosso evidenziato, poi, è la disparità col voto degli italiani all'estero: «Un ragazzo di Palermo che vive a Grenoble può votare da lì per le politiche. Se invece studia a Torino, deve tornare». L'esempio non è casuale: «La questione riguarda più il sud e consentirebbe di dare spazio a un elettorato giovane, dinamico, aperto. L'impressione è che non si voglia portare questo bacino a votare».


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: