mercoledì 6 aprile 2016
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Annuncio del premier: ipotesi allo studio. Ma servono almeno 2 miliardi l’anno ROMA Il bonus da 80 euro potrebbe estendersi anche ai pensionati al minimo. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi riapre il fronte pensioni. Rispondendo alle domande dei cittadini sui social è tornato ieri su un argomento già trattato nel 2014, all’indomani del varo del bonus in busta paga per i lavoratori dipendenti, annunciando che è «allo studio» un provvedimento per allargare la misura «a chi prende la pensione minima ». Anche se, ha avvertito, il governo dovrà valutare se ci sono i margini per farlo. La misura, sulla cui equità comunque emergono dubbi fra gli esperti, dato che andrebbe soprattutto a vantaggio di pensionati che hanno versato pochi contributi e che spesso già hanno integrazioni al minimo, dovrebbe riguardare almeno due milioni di persone. Tanti sono infatti, secondo i dati del Casellario dei pensionati 2014 dell’Inps, coloro che hanno redditi da pensione inferiori ai 500 euro al mese (il trattamento minimo è fissato per il 2015 a 502 euro). Ma la platea di riferimento potrebbe essere molto più vasta se si guarda anche a coloro che hanno più di 500 euro al mese, ma sono comunque entro i 580 euro e che avrebbero diritto ad almeno una parte dell’integrazione. In genere queste operazioni prevedono un decalage del sussidio al salire del reddito per evitare di introdurre elementi di iniquità. Difficile dunque calcolare la spesa necessaria a questo intervento, che sarebbe comunque superiore ai due miliardi annui (se si considera che 80 euro al mese per 13 mensilità significa 1.040 euro annui per oltre due milioni di persone). Critico Giuliano Cazzola, l’ex parlamentare esperto di previdenza: «L’operazione – spiega – sa tanto di misura di carattere elettorale, come quella che fu compiuta con risultati utili nelle urne prima delle elezioni europee. Non è detto però che la storia si ripeta allo stesso modo. Rimane una domanda: ammesso e non concesso che il governo riesca a reperire le risorse necessarie, non varrebbe la pena di destinarle a provvedimenti di carattere strutturale anche in materia di pensioni, piuttosto che intervenire su trattamenti già integrati dalla fiscalità generale con il rischio di farli diventare più elevati di assegni percepiti da persone che hanno lavorato e versato i contributi?». Parlando di interventi strutturali, il governo mantiene aperto, sempre secondo quanto confermato ieri dal premier, il dossier per rendere più flessibilità il pensionamento, 'ammorbidendo' il secco innalzamento dell’età previsto dalla riforma Fornero. Se ne parla da quasi un anno, quando lo stesso Renzi annunciò misure per consentire alla «nonna di occuparsi del nipotino». L’intervento, ha precisato ora Renzi, dovrebbe mantenere «i conti in pareggio» e quindi prevedere penalizzazioni per chi decide di uscire in anticipo. La misura potrebbe prevede- re anche un ricalcolo contributivo delle pensioni come ad esempio è previsto nell’«opzione donna» estesa nella legge di stabilità per l’anno in corso. «Ma non possiamo nemmeno ammazzare chi sta andando in pensione col retributivo – ha precisato – dobbiamo trovare un punto di sintesi e ci stiamo lavorando. Stiamo studiando un meccanismo che, mantenendo i conti in pareggio, consenta la flessibilità in uscita, ma è un tema delicato e lo annunceremo solo quando avremo i numeri a posto». Il premier promette infine una nuova riduzione del canone Rai, sceso quest’anno da 113 a 100 euro con il pagamento in bolletta, meccanismo che dovrebbe ridurre la fortissima evasione ed aumentare quindi il gettito per lo Stato. «L’obiettivo è continuare ad abbassare il canone e sono convinto che si possa fare abbastanza agevolmente »», ha assicurato.
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