giovedì 8 giugno 2023
Via libera in Cdm al pacchetto di interventi per contrastare i femminicidi e tutelare le vittime di violenza. Dal braccialetto elettronico ai “tempi stretti” per i giudici, ma manca la prevenzione
Il sit.in organizzato a Napoli per ricordare Giulia Tramontano

Il sit.in organizzato a Napoli per ricordare Giulia Tramontano - Ansa

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Al termine di una giornata politica caratterizzata per lo più dalle adesioni entusiastiche (e bipartisan) alla «grande manifestazione degli uomini contro i femminicidi» invocata dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, ecco che ieri sera il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo ddl contro la violenza sulle donne, accelerato dalla terribile vicenda di Giulia Tramontano. Inasprimento delle pene e stretta securitaria nei controlli gli architravi della proposta, che promette interventi anche senza denuncia, l’applicazione automatica del braccialetto elettronico, una distanza minima di 500 metri in caso di divieto di avvicinamento, 30 giorni di tempo (sia per le richieste di misure cautelari dei pm sia per la loro applicazione da parte dei Gip), un pool di magistrati “dedicato” alla materia e processi più veloci. E ancora: un ampliamento dei reati per l’applicazione dell’ammonimento, pene aumentate per chi è recidivo, arresto in flagranza differita per stalking, maltrattamenti in famiglia e violazione del divieto di avvicinamento.

Tutte misure stringenti, per una (buona) legislazione che già col Codice rosso aveva inserito nel nostro sistema giudiziario regole capaci di tutelare maggiormente le vittime di violenza, superando la stagnazione delle denunce. E tuttavia, nessuna di queste avrebbe evitato la morte di Giulia e del suo Thiago. Perché le leggi non bastano, «nessuna legge avrebbe potuto salvarla» ammette la stessa ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella in conferenza stampa, sottolineando come il nuovo intervento del governo contro la violenza sulle donne - che pure ha l'obiettivo di «tutelare maggiormente la loro sicurezza», intervenendo sulle criticità - «non basta se non viene accompagnato anche da una campagna, da un cambiamento culturale, perché è essenzialmente una questione culturale».

Giulia vittima lo era già da tempo, senza accorgersene, senza denunciare. Il suo Alessandro era un ragazzo normale, con un lavoro e una vita normali. E all’origine di un femminicidio raramente, purtroppo, c’è l’assenza del braccialetto elettronico o un mancato ammonimento. «Sempre, invece, c’è la considerazione di una donna come una proprietà e un oggetto di cui disporre e di cui disfarsi, quando diventa scomodo o sfugge al proprio controllo. Che è un fatto culturale, da sradicare con educazione a nuovi modelli nelle relazioni di genere». Lo conferma Lella Palladino, sociologa, da vent’anni operatrice nei centri antiviolenza e già presidente della rete nazionale Dire, ora tra le fondatrici della Cooperativa sociale Eva (che di centri ne gestisce 5 nel difficile territorio della Campania), che di Giulia ne ha incontrate tante. Spaventate, paralizzate, invisibili. «Come invisibile continua ad essere l’attività volontaria di chi prova a difenderle». Ieri mattina è tornata a sottolinearne l’importanza – e a chiedere fondi perché quella rete sia convintamente sostenuta dal Governo – nell’incontro convocato in fretta e furia dal ministero delle Pari opportunità in vista del Cdm.

Le perquisizioni in casa di Giulia Tramontano, a Senago, dove la 29enne è stata uccisa. Sulla parete a sinistra, il quadro che la ritrae insieme al suo assassino, Alessandro Impagnatiello

Le perquisizioni in casa di Giulia Tramontano, a Senago, dove la 29enne è stata uccisa. Sulla parete a sinistra, il quadro che la ritrae insieme al suo assassino, Alessandro Impagnatiello - Ansa

Palladino, insieme ad altre esperte tra giudici, medici e docenti universitari, fa parte del Comitato tecnico-scientifico nato in seno all’Osservatorio contro la violenza e le cui componenti sono state nominate dall’ex ministra Elena Bonetti: «Attendevamo un incontro con la ministra Roccella – spiega –, che ci hanno assicurato avverrà a luglio». L'Osservatorio attende da tre anni l'approvazione del Piano nazionale contro la violenza, «che evidentemente non è la priorità di alcun governo, non solo di quello attuale. La delusione, che ho espresso anche durante l’incontro, è tuttavia d’essere state coinvolte in maniera così marginale, in un incontro da remoto durato appena 45 minuti, in cui ci sono stati presentati i contenuti del ddl in maniera approssimativa, senza che i nostri rilievi siano stati davvero recepiti». Il riferimento, per esempio, è all’inutilità del braccialetto elettronico («di cui c’è pochissima disponibilità e che non funziona dove non c’è campo»), al limite della sua attivazione quando un uomo è a 500 metri di distanza («il tempo per percorrerli e aggredire una donna è senz’altro inferiore a quello dell’eventuale intervento dei carabinieri»), ma soprattutto ai “tempi stretti” per i provvedimenti della magistratura («abbiamo chiesto cosa accadrà qualora non vengano rispettati, ci è stato risposto che ci sarà un monitoraggio sui territori»). Il tutto a “invarianza finanziaria”, cioè senza fondi aggiuntivi capaci di sostanziare le svolte, specie quella sulla formazione di operatori di polizia e magistrati specializzati. «Quello che continua a mancare è un intervento decisivo in tema di prevenzione e di educazione nelle scuole – denuncia Palladino –. Quello che avrebbe, sì, salvato la povera Giulia. Non facendole incontrare mai un uomo convinto che le donne possano essere usate, calpestate e poi annientate».

Il Pd e Schlein: «Bene il ddl, ma ora risorse»

Sul tema “svolta culturale e formazione” insiste anche il Partito Democratico e la sua segretaria, che convocano una conferenza stampa al Nazareno: «Bene le misure» dice Elly Schlein, «ma l'inasprimento delle pene non basta». L'approccio di Schlein e quello del suo partito prevede «politiche globali» che vadano a incidere sull'educazione, sulla formazione del personale delle case dell'accoglienza e dei volontari anti violenza, fino ad arrivare agli strumenti economici che mirini a dare alla donna una reale autonomia dall'uomo. Con l'appello a far ripartire al pià presto la Commissione speciale per la prevenzione della violenza di genere, rendendola bicamerale: «La commissione, nata lo scorso anno, deve proseguire il suo lavoro, abbiamo ripresentato la richiesta in questa legislatura chiedendo che possa essere una commissione bicamerale, così da conferirle più forza» spiega Schlein.

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