Rompe gli indugi il generale Sergio Costa. Chiedendo nuovi strumenti per combattere efficacemente chi uccide trafficando e sversando rifiuti tossici, ma anche chi li brucia. Strumenti che vanno consegnati alle forze dell’ordine dal legislatore, come la possibilità di estendere il "foglio di via" previsto dal Codice delle leggi antimafia a chi compie reati ambientali e aggiungere qualche ritocco (piccolo, ma assai significativo) al Codice penale inserendo il reato d’incendio di rifiuti speciali e/o pericolosi.Perché il comandante provinciale di Napoli del Corpo forestale dello Stato sa bene che usare le parole
strage infinita per descrivere quanto sta succedendo nella "Terra dei roghi" (le zone a sud di Caserta e a nord di Napoli) ormai non è più un azzardo. E sa altrettanto bene che, se non cambia qualcosa nella "guerra" finora impari, sarà durissima preservare molte vite umane da tumori e patologie varie.
Generale Costa, cosa dovrebbe cambiare nella lotta che qui le istituzioni dovrebbero intraprendere per proteggere davvero la vita della gente, a cominciare dai più piccoli?Innanzi tutto si preveda il reato d’incendio di rifiuti speciali e rifiuti speciali pericolosi: ci consentirebbe di andare ben oltre le indagini che attualmente siamo in grado di fare.
In che modo?Ad esempio potremmo usare lo strumento delle intercettazioni, ambientali e telefoniche. Che in questo caso sarebbero particolarmente utili...
Basterebbe questo, generale Costa?Come Corpo forestale abbiamo due richieste, oltre quella che le ho appena detto. Chiediamo che chi venga scoperto e individuato come trafficante e gestore illecito di rifiuti possa essere allontanato dal territorio, utilizzando la procedura del nuovo Codice delle leggi antimafia del 2011 (che all’articolo 2 prevede come persone che «si ritengano, per elementi di fatto, dediti ad attività delittuose» e «si trovino fuori dei loro luoghi di residenza» possano essere rispedite a casa dal Questore «con provvedimento motivato e foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, per periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate»,
ndr). Anche aggredendo i patrimoni di queste stesse persone.
La vostra terza richiesta?L’istituzione di un fondo unico per le bonifiche, nel quale far confluire tutte le sanzioni amministrative del Codice dell’ambiente. E magari anche quanto proviene dalla responsabilità amministrativa degli enti.
Secondo lei come andrebbero usati questi soldi?In un unico modo: procedendo subito, immediatamente, con le bonifiche ambientali e quelle agricole.
A proposito, qual è la situazione in queste zone dal punto di vista ambientale?Sono terre devastate. Statisticamente, come Corpo forestale, noi facciamo un sequestro (di terreni,
ndr) al giorno. Che sia per roghi tossici, per discariche o per inquinamento, non passa giorno senza un sequestro e non passa giorno senza che il mio personale sia fuori...
Ma non ce la si fa.I cittadini sono con noi, sono al nostro fianco, ma occorre fare uno sforzo supplementare per queste terre.
E senza lo sforzo?Non daremo nessuna speranza alla gente. E non ne daremo anche di natura economica: non dimentichiamo che stiamo parlando delle terre della
Campania felix, che hanno una vocazione agricola di altissimo profilo, con quattro o cinque raccolti l’anno, che permette di vivere a migliaia di famiglie.
Molte analisi raccontano come altrettante falde acquifere siano pesantemente compromesse. Come si fa?Le falde acquifere sono uno dei più grossi problemi che abbiamo rinvenuto su questo territorio. Noi controlliamo i pozzi che attingono acqua dalla falda, pozzi usati soprattutto per l’irrigazione dei campi agricoli.
Quindi altrettanto pericolosi.È evidente. Quell’acqua che può contenere metalli pesanti o solventi, come il caso del toluene nell’ultimo sequestro che abbiamo effettuato a Caivano, può essere assorbita dalle piante a scopo alimentare.
Inquietante. Come si può intervenire?Bisogna andare a fare il monitoraggio di tutti i pozzi: sono censiti, le Province di Caserta e di Napoli li hanno censiti, è necessario l’accurato monitoraggio di ognuno. È un’opera titanica, da soli noi non ce la facciamo, ma può realizzarla un network operativo che metta insieme il Corpo forestale, le Province, i Comuni, le Asl e l’Arpac (l’Agenzia regionale della protezione ambientale della Campania).
È quasi un anno che da queste parti la Forestale ha "inventato" un’investigazione particolare, che ormai viene chiamata "metodo Napoli". Come funziona?Grazie ai nostri aerei, che sorvolano costantemente il territorio, abbiamo una serie di ritorni ortofotogrammetrici. In sostanza, sulle nostre planimetrie emerge dove si fa cosa. Se ci sono movimenti di terra o degli incendi, ad esempio.
Un "controllo" dall’alto, dunque. Che vi serve a cosa?Intanto non sempre le movimentazioni corrispondono a reati, naturalmente. Ma ci permettono di dare una traccia all’investigazione. Perché da quel momento ci attiviamo, cominciamo a fare alcune verifiche sulle falde acquifere, sui pozzi e sulla tipologia di depositi e terre che sono stati movimentati.
E una volta finite le verifiche?Arriviamo al termine di un percorso che ci permetta di capire in modo chiaro cosa sia successo e stia succedendo e ci porti a quel sequestro al giorno di cui le dicevo. Un lavoro immane, tenga conto che vanno esaminate milioni di particelle catastali, ma che sta portando i suoi frutti. E che andrebbe esteso, almeno, all’intera regione.